Religione
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Ragusa, 22 settembre 2015 – In una Cattedrale piena di fedeli, ieri sera, il Vescovo di Ragusa, monsignor Paolo Urso ha presentato il nuovo Piano Pastorale per l'anno 2015-2016 che ha come tema "EUCARISTIA, MATRIMONIO E FAMIGLIA". 

Il testo:

 

Anno pastorale 2015-2016

 

Ragusa, 21 settembre 2015

 

Amici carissimi,

 

si è concluso il secondo quadriennio sul tema dell’ «educhiamoci»: alla libertà, alla verità, alla corresponsabilità e alla speranza.

 

E adesso quali saranno i passi futuri?

 

Con il consiglio pastorale diocesano ci siamo interrogati sugli obiettivi e sulle modalità del nostro nuovo percorso pastorale. Abbiamo letto la situazione: le gravi sfide alla famiglia, l’insistenza di Papa Francesco sul tema della famiglia, la convocazione di due Sinodi dei Vescovi sulla famiglia (2014 e 2015), gli Orientamenti pastorali della Conferenza episcopale italiana sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia (2012) e per l’annuncio e la catechesi in Italia (2014), la celebrazione, nel 2016, del 26º Congresso eucaristico nazionale a Genova... Si è quindi deciso di formulare così il tema del prossimo anno: «Eucaristia, matrimonio e famiglia».

 

Nei giorni 8, 9 e 20 aprile 2015, con le modalità degli ultimi due anni, rivelatesi valide, si è svolta l’assemblea diocesana. L’8 aprile abbiamo ascoltato la relazione di don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, che ancora una volta ringraziamo, e il 9 aprile le parrocchie si sono confrontate sui seguenti tre punti:

 

ascolto: ciascuno provi a descrivere, nel territorio e nella comunità parrocchiale, nei movimenti e associazioni, nei luoghi della vita sociale e del lavoro in cui opera, la presenza efficace della buona notizia del matrimonio e della famiglia. Si tratta di raccontare storie concrete di tenerezza sponsale e familiare che rendono presente l’amore di Gesù che si è fatto carne nell’Eucaristia.

 

sguardo su Cristo: come, guardando a Gesù, cambiare il cuore delle nostre comunità ecclesiali, per una conversione di tutta la prassi pastorale in prospettiva familiare, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano?

 

confronto: provate a discernere, in una aperta condivisione fraterna, come un consiglio pastorale (o il gruppo dei collaboratori del parroco) può tradurre nella comunità parrocchiale l’icona del buon samaritano (cfr. Lc 10,25 – 37), in modo che ogni famiglia, come piccola chiesa domestica, divenga la locanda dell’umanità ferita.

 

Il 20 aprile la prof. Antonella Giardina, che cordialmente ringraziamo, ha presentato la sintesi delle relazioni pervenute sino a quel momento; sintesi successivamente completata e rielaborata a motivo della consegna di altre relazioni.

 

Quali, dunque, i passi futuri?

 

Nell’anno pastorale 2015-2016 daremo uno sguardo alle sfide che matrimonio e famiglia oggi devono affrontare. Come Chiesa non possiamo e non vogliamo rimanere indifferenti. Sentiamo l’urgenza di prenderci cura del matrimonio e della famiglia e lo faremo nel modo che ci è proprio. Mentre indicheremo nell’Eucaristia la sorgente e la scuola dell’amore, del dialogo e del servizio, ci impegneremo con maggiore intelligenza, umiltà e passione per:

preparare i giovani al matrimonio e alla famiglia;

accompagnare le giovani coppie;

sostenere le famiglie nell’impegno dell’educazione dei figli;

 

L’otto dicembre prossimo inizierà il Giubileo straordinario della misericordia, che si concluderà il venti novembre 2016. La dimensione della misericordia «condirà» il nostro percorso pastorale e ci accompagnerà nel cammino. Terremo presenti le parole di Papa Francesco a commento dell’insegnamento di Gesù presente nel vangelo di Luca, capitolo 6, versetti 37-38: «[Gesù] Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello... Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità».

 

Noterete, in questo documento, la presenza di molti riferimenti ai documenti dei Papi o della Conferenza episcopale italiana e soprattutto la trascrizione letterale di testi. Tutto ciò è voluto. Le indicazioni offerte non sono il pensiero di un teologo, di un moralista, di un liturgista o di un pastoralista. È la Chiesa che ci chiede coraggio e creatività per rispondere alle attese del matrimonio e della famiglia, oggi pesantemente aggrediti.

 

 

LE SFIDE 

 

Quali sfide?

 

Nel saluto iniziale all’assemblea diocesana, prima che don Paolo Gentili ci offrisse la sua pacata, profonda e puntuale riflessione, ho rivolto ai presenti un duplice invito: avere la piena consapevolezza di ciò che sta succedendo in tema di matrimonio e famiglia; affrontare le sfide al matrimonio e alla famiglia con lucidità, serenità, serietà e fedeltà al vangelo. 

 

Citavo l’inizio di «Noi», l’ultimo romanzo dello scrittore inglese David Nicholls: «Secondo me il nostro matrimonio è arrivato al capolinea, Douglas. Penso che ti lascerò». Connie e Douglas stanno insieme da più di vent’anni ed hanno un figlio di diciassette anni. Lui è un dottore in biochimica e lei un’artista. 

 

Questa è una storia che si ripete sempre più spesso e non dopo più di vent’anni. Il matrimonio e la famiglia devono affrontare sfide molto pesanti e, in parte, anche inedite. Non sono in gioco aspetti particolari, anche se importanti. Oggi è in gioco ciò che costituisce la struttura fondamentale del matrimonio e si profilano nuovi e non sempre validi modelli familiari.

 

«La famiglia, ha scritto Papa Francesco, attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forza di gratificazione affettiva che può costruirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia». Purtroppo questa visione influisce anche sulla mentalità dei cristiani, «causando una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto».

 

Il contesto nel quale ci troviamo «se sul piano economico parla il linguaggio di una crisi grave perdurante, su quello culturale mette a dura prova motivazioni e scelte di fondo. Avvertiamo nel nostro cuore il peso dell’incertezza e del disagio che attanagliano soprattutto i giovani, ritardando la realizzazione di progetti di vita; siamo testimoni della frammentazione che indebolisce i legami tra le persone, umilia la vita nascente ed emargina gli anziani, con il risultato di impoverire il tessuto dell’intera società». Così il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, diceva al Papa in occasione della veglia di preghiera la vigilia della terza assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 4 ottobre 2014, in piazza San Pietro.

 

E alcuni giorni dopo, il 25 ottobre 2014, rispondendo alle domande dei membri del Movimento apostolico di Schoenstatt, Papa Francesco esprimeva la convinzione che «la famiglia cristiana, la famiglia, il matrimonio, non sia mai stato attaccato come in questo momento... la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita».

 

Al prof. Giorgio Campanini fu chiesto di tenere una relazione, l’8 ottobre 2011, al XV convegno ecclesiale dell’arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni sul tema: “Oltre la crisi della famiglia una rinnovata sfida educativa”. Il convegno aveva come tema: “Educare... solidali con la famiglia”. In quella relazione il prof. Campanini parlò di quattro sfide:

la sfida della privatizzazione del matrimonio, ridotto a una realtà meramente privata;

la sfida della durata;

la sfida della responsabilità nella trasmissione della vita;

la sfida della nuova femminilità.

 

Per avere un quadro abbastanza ampio delle sfide che vengono poste oggi al matrimonio e alla famiglia, può essere utile leggere la prima parte dello «Strumento di lavoro» (23.6.2015) della 14ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha come titolo «L’ascolto delle sfide sulla famiglia» e si articola in quattro capitoli: 

la famiglia e il contesto antropologico culturale; 

la famiglia e il contesto socio-economico; 

famiglia e inclusione; 

famiglia, affettività e vita.

 

Ritengo che la sfida più radicale, più pericolosa e più violenta sia oggi la pluralità dei modelli familiari, con rilevante incremento delle coppie «liquide». Non dobbiamo dimenticare che «l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia!».

 

Ci sostiene, però, una convinzione chiaramente espressa da Giovanni Paolo II ed ancora attuale: «Di fronte ad una società che rischia di essere sempre più spersonalizzata e massificata, e quindi disumana e disumanizzante, con le risultanze negative di tante forme di “evasione” [...], la famiglia possiede e sprigiona ancora oggi energie formidabili capaci di strappare l’uomo dall’anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo attivamente con la sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società». A lui ha fatto eco Papa Francesco: «la famiglia continua ad essere scuola senza pari di umanità, contributo indispensabile a una società giusta e solidale». Nonostante i molti problemi che oggi le famiglie vivono, e nonostante alcune tendenze che preoccupano, nel nostro Paese si è ben lontani da un radicale depotenziamento delle funzioni che la famiglia svolge e continuerà a svolgere.

 

La crisi della famiglia, è ovvio, non nasce oggi, è antica «come il mondo»! Nel 1950 Bruce Marshall, con sottile ironia, indicava nella reciproca indifferenza tra un uomo e una donna il segno che erano sposati: «L'abate stava a sedere sul treno col cestino sulle ginocchia. Accanto aveva una giovane con gli occhi lessi, freddi e sporgenti … Di faccia aveva un uomo e una donna di mezza età, che erano così indifferenti l'uno all'altra da far pensare che fossero sposati”». 

 

Ma è anche ugualmente ovvio che la tipologia delle sfide varia in base ai luoghi e ai tempi. Questa varietà esige da noi uno sguardo attento per cogliere le sfide che la famiglia deve affrontare oggi nel nostro territorio. 

 

Il nostro modo di affrontarle

 

Il secondo invito che rivolgevo ai partecipanti all’assemblea diocesana dello scorso aprile riguardava il modo di affrontare le sfide al matrimonio e alla famiglia: con lucidità, serenità, serietà e fedeltà al vangelo. 

 

Nel saluto rivolto al Papa, durante la veglia di preghiera del 4 ottobre 2014 in piazza San Pietro in preparazione al Sinodo dei Vescovi, il card. Angelo Bagnasco fu molto chiaro: «Come Chiesa sentiamo di non voler combattere alcuna battaglia di retroguardia, né semplicemente di difesa; intendiamo, piuttosto, spenderci fra la gente... non vogliamo né possiamo rassegnarci... Rinnoviamo, piuttosto, la responsabilità del nostro servizio, che ci chiama a promuovere e far brillare la grandezza e la verità della vocazione umana e del Vangelo del matrimonio e della famiglia. Ci guida e ci sprona un amore appassionato per l’uomo, approfondito alla luce dell’esperienza cristiana che, se non ci impedisce di riconoscerne le fragilità, ce ne fa ancora più gustare la dignità e la bellezza».

 

Questi i punti indicati dal card. Bagnasco, questa la modalità che vogliamo seguire:

né battaglia di retroguardia, né semplicemente di difesa, né rassegnazione;

«spendersi» fra la gente;

promuovere e far brillare la grandezza e la verità del matrimonio e della famiglia.

 

La vera ragione che ci spinge ad operare è l’amore appassionato per l’uomo, anche se fragile, ma sempre dotato di dignità e di bellezza.

 

Durante la stessa veglia, Papa Francesco suggerì di chiedere allo Spirito Santo tre doni per i Padri sinodali.:

 

anzitutto l’ascolto: «Per ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla Sua Chiesa, dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’ “odore” degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce (cfr Gaudium et spes, 1). A quel punto sapremo proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia... Dallo Spirito Santo per i padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama»;

 

il «confronto sincero, aperto e fraterno, che ci porti a farci carico con responsabilità pastorale degli interrogativi che questo cambiamento d’epoca porta con sé. Lasciamo che si riversino nel nostro cuore, senza mai perdere la pace, ma con la serena fiducia che a suo tempo non mancherà il Signore di ricondurre a unità. La storia della Chiesa - lo sappiamo - non ci racconta forse di tante situazioni analoghe, che i nostri padri hanno saputo superare con ostinata pazienza e creatività?»;

 

lo sguardo. «È il terzo dono che imploriamo con la nostra preghiera. Perché, se davvero intendiamo verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto. Se assumeremo il suo modo di pensare, di vivere e di relazionarsi, non faticheremo a tradurre il [nostro] lavoro... in indicazioni e percorsi per la pastorale della persona e della famiglia. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate. È quanto lascia intuire l’indicazione evangelica: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2,5). Sono parole che contengono il testamento spirituale di Maria, "amica sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita" (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286). Facciamole nostre!».

 

Questi stessi doni vogliamo chiedere allo Spirito Santo anche per noi, per affrontare le attuali sfide al matrimonio e alla famiglia con lucidità, serenità, serietà e fedeltà al vangelo. 

 

L’indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, «come tempo favorevole per la Chiesa», ci offre una essenziale linea di azione: «tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre» e «rendere più forte ed efficace la testimonianza dei credenti».

 

 

La Chiesa si prende cura della famiglia

 

Quando si dice: il caso! Stavo cercando in internet un documento, quando mi sono imbattuto nella presentazione di «Radici e Ali». Don Mirko Bellora inizia la presentazione con una «splendida metafora sulla famiglia, una parabola nella parabola». Ve la trascrivo: 

 

«Da Gerusalemme scendeva verso Gerico la famiglia. Scendeva per le vie tortuose e impervie della storia quando, a una svolta della strada, incontrò i Tempi Moderni. Non erano di natura loro briganti, non peggio di altri tempi, ma si accanirono subito contro la famiglia... le rubarono prima di tutto la fede, che bene o male aveva conservato fino a quel momento come un fuoco acceso sotto la cenere dei secoli. Poi la spogliarono dell'unità e della fedeltà, della gioia dei figli e di ogni fecondità generosa. Le tolsero infine la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l'ospitalità sacra per i viandanti e i dispersi. La lasciarono così semiviva sull'orlo della strada e se ne andarono a banchettare, ridendo della sorte sventurata della famiglia. 

Passò per quella strada un sociologo, vide la famiglia sull'orlo della strada, la studiò a lungo e disse: “Ormai è morta”. Le venne accanto uno psicologo e sentenziò: “L'istituzione familiare era oppressiva. Meglio che sia finita!”. La trovò infine un prete che si mise a sgridarla: “Perché non hai resistito ai ladroni? Dovevi combattere di più. Eri forse d'accordo con chi ti calpestava?”.

Passò poco dopo il Signore, ne ebbe compassione e si chinò su di lei a curarne le ferite, versandovi sopra l'olio della sua tenerezza e il vino del suo amore. Poi, caricatala sulle spalle, la portò alla chiesa e gliela affidò dicendo: “Ho già pagato per lei tutto quello che c'era da pagare. L'ho comprata col mio sangue e voglio farne la mia prima piccola sposa. Non lasciarla più sola sulla strada, in balìa dei Tempi. Ristorala con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno chiederò conto di lei”. Quando si riebbe la famiglia ricordò il volto del Signore chino su di lei. Assaporò la gioia di quell'amore».

La Chiesa desidera profondamente e sinceramente camminare a fianco dell’uomo lungo le strade della sua esistenza, condividerne gioie e speranze, tristezze e angosce. Tra queste strade «la famiglia è la prima e la più importante» e la Chiesa «considera il servizio alla famiglia uno dei suoi compiti essenziali... sia l'uomo che la famiglia costituiscono “la via della Chiesa”». La Chiesa non può abbandonare la famiglia, non può lasciarla sola, deve prendersi cura di lei, sostenerla, curarne le ferite, nutrirla perché «il legame tra Chiesa e famiglia è sacro ed inviolabile. La Chiesa, come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore».

 

Che cosa dobbiamo concretamente fare? 

 

Rendere le nostre comunità «luoghi di ascolto, di dialogo, di conforto e di sostegno per gli sposi, nel loro cammino coniugale e nella loro missione educativa». Le famiglie devono trovare nei pastori «il sostegno di autentici padri e guide spirituali, che le proteggono dalle minacce delle ideologie negative e le aiutano a diventare forti in Dio e nel suo amore».

 

Indicare nell’Eucaristia la sorgente e la scuola dell’amore, del dialogo e del servizio;

 

«Migliorare la preparazione dei giovani al matrimonio, in modo che possano scoprire sempre di più la bellezza di questa unione che, ben fondata sull’amore e sulla responsabilità, è in grado di superare le prove, le difficoltà, gli egoismi con il perdono reciproco, riparando ciò che rischia di rovinarsi e non cadendo nella trappola della mentalità dello scarto». 

 

«Aiutare le famiglie a vivere e apprezzare sia i momenti di gioia sia quelli di dolore e di debolezza». 

 

Accompagnare le giovani coppie.

 

Collaborare con le famiglie per l’educazione cristiana dei figli.

 

Assistere coloro che vivono situazioni di separazione e di divorzio «affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio, dall’amore fraterno di altri cristiani e dalla sollecitudine della Chiesa per la loro salvezza; su come aiutarli a non abbandonare la fede e a far crescere i loro figli nella pienezza dell’esperienza cristiana».

 

 

EUCARISTIA, MATRIMONIO E FAMIGLIA

 

Un testo fondamentale

 

Un testo fondamentale, con il quale confrontarsi per apprendere e valutare i comportamenti coniugali e familiari, è la lettera agli Efesini, capitolo 5, versetti 21-33, e capitolo 6, versetti 1-4. 

 

 

Due premesse: 

 

il testo viene abitualmente chiamato «codice familiare» o «tavola dei doveri familiari» e include anche i versetti 5-9 del capitolo 6, che tratta del rapporto «padroni-schiavi». Ma di quest’ultimo rapporto non dico nulla.

 

alcune espressioni possono urtare la nostra sensibilità perché sembrano avallare posizioni di inferiorità della moglie nei confronti del marito. In effetti il brano si muove seguendo la cultura del tempo. Ma l’Apostolo - è importante notarlo - inserisce principi, orientamenti e imperativi che la sconvolgono radicalmente, presentando una rete relazionale inimmaginabile. 

 

«Più che offrire un manuale di etica matrimoniale, il nostro testo è una proposta di “vangelo”, una buona notizia sull’amore fedele e liberante del Cristo che si può leggere in continuità nella parabola dell’amore sponsale». Già dall’inizio si avverte la forza dirompente di una nuova «legge» che riguarda tutti e che trova la sua radice nella storia della salvezza, nel rapporto di Dio con gli uomini, nell’evento centrale che è la morte e risurrezione di Cristo: «Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri». L’espressione richiama quella della lettera ai Galati: «mediante l’amore siate... a servizio gli uni degli altri» (5,13). Nessun invito al servilismo e alla paura, ma all’amore che si fa servizio. 

 

Conseguentemente le mogli si dedichino con generosità ai mariti e questi, a loro volta, amino le mogli, così come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato la sua vita per lei. Tutto questo non avviene in una logica di assoggettamento e di inferiorità di genere, ma in una logica di reciproco amore e in un contesto di fede. «L’amore di Gesù dunque si qualifica come autodonazione e oblatività incondizionata e illimitata. Egli non ha dato molto e neppure tutto ciò che possedeva; bensì ha donato se stesso: non quello che aveva, ma quello che era. La categoria dell’essere, non quella dell’avere, offre la chiave di lettura della profondità e radicalità del dono di Gesù». 

 

Che vuol dire che il marito è capo della moglie come Cristo è capo della Chiesa? «Il marito è “capo” della moglie solo e precisamente nella forma in cui Cristo è capo e salvatore della Chiesa. Il marito non è il “Cristo”, come neppure la moglie è la “chiesa”. Sia il marito che la moglie sono legati a Cristo e sono in rapporto con Cristo, che con il suo amore ha fatto nascere la Chiesa. Ma il marito non ha fatto nascere la moglie, né è il suo salvatore. Ma l’amore che egli deve nutrire per la moglie nasce e si modella sull’amore di Cristo, che è capo e salvatore della Chiesa. 

 

Cristo ha amato la Chiesa «per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a sé stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata». L’amore di Cristo per la Chiesa ha come finalità quella di renderla santa, purificandola con l’acqua e la parola (cioè con il battesimo) e poi di presentarla a se stesso (Cristo è contemporaneamente lo sposo e il paraninfo), santa e immacolata, giovane e bella! Cristo si prende cura della Chiesa, che è il suo corpo, e la nutre (riferimento all’Eucaristia?). Così il marito deve amare la moglie che è il suo corpo! L’uomo e la donna, infatti, sono chiamati a diventare «una sola carne». Il grande progetto di Dio (questo vuol dire «mistero grande») rivelato da Gesù è l’alleanza di Dio con l’umanità, di Cristo con la Chiesa.

 

Due imperativi chiudono il capitolo: «così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito».

 

L’Apostolo, poi, affronta il rapporto genitori-figli. Invita i figli ad un rapporto di obbedienza e di «onore», per due motivi: perché è «giusto» e perché lo vuole Dio. Vengono così assicurati felicità e lunga vita! Anche questo rapporto deve costruirsi in un’ottica di fede: «nel Signore». Ai «padri» chiede di educare correttamente i figli, senza abusi nell’esercizio della patria potestà. Chiede cioè di farli crescere «nella disciplina e negli insegnamenti del Signore».

 

Interessante la lettura di Giovanni Paolo II sul comandamento «Onora tuo padre e tua madre» (Esodo 20,12). Dopo aver rilevato che «onora» è strettamente collegato ad «ama», osserva che è significativo il fatto che il quarto comandamento è inserito nel contesto dell’amore dell’uomo per Dio: “Onora tuo padre e tua madre”, «perché essi sono per te, in un certo senso, i rappresentanti del Signore, coloro che ti hanno dato la vita, che ti hanno introdotto nell'esistenza umana: in una stirpe, in una nazione, in una cultura. Dopo Dio, sono essi i tuoi primi benefattori. Se Dio solo è buono, anzi è il Bene stesso, i genitori partecipano in modo singolare di questa sua bontà suprema. E dunque: onora i tuoi genitori! Vi è qui una certa analogia con il culto dovuto a Dio». Ma questo comandamento impone ai genitori un dovere in un certo senso «simmetrico», perché anch’essi devono «onorare» i propri figli, sia piccoli che grandi. «Il comandamento “onora tuo padre e tua madre” dice indirettamente ai genitori: Onorate i vostri figli e le vostre figlie. Essi lo meritano perché esistono, perché sono quello che sono: ciò vale sin dal primo momento del concepimento. Così questo comandamento, esprimendo l'intimo legame della famiglia, mette in luce il fondamento della sua compattezza interiore»; «il “principio di rendere onore”, il riconoscimento cioè ed il rispetto dell'uomo come uomo, è la condizione fondamentale di ogni autentico processo educativo.

 

Eucaristia, matrimonio e famiglia. Quale rapporto?

 

C’è un rapporto tra Eucaristia, matrimonio e famiglia? O sono realtà che non hanno nulla in comune e si pongono l’una accanto all’altra in modo posticcio?

 

Il Concilio ha stabilito che «in via ordinaria, il matrimonio si celebri durante la Messa». Perché? Per due motivi:

 

perché tutti i sacramenti (e quindi anche il matrimonio) «sono strettamente connessi alla sacra Eucaristia e ad essa ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa»; «tutta la vita cristiana porta il segno dell’amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il battesimo, che introduce nel popolo di Dio, è un mistero nuziale: è, per così dire, il lavacro di nozze che precede il banchetto di nozze, l’Eucaristia»;

 

perché la Messa rende presente la nuova ed eterna alleanza «nella quale Cristo si è unito per sempre alla Chiesa, sua diletta sposa per la quale ha dato se stesso». Ed è su questa alleanza Cristo-Chiesa che si fonda l’alleanza di amore dell’uomo e della donna nel matrimonio. Ed è questa alleanza che il matrimonio cristiano è chiamato ad esprimere.

 

Nella Familiaris consortio (La famiglia), Giovanni Paolo II illustra il rapporto tra Eucaristia e matrimonio:

il compito di santificazione della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel battesimo e la sua massima espressione nell'Eucaristia, alla quale è intimamente legato il matrimonio cristiano;

 

riscoprire e approfondire la relazione tra Eucaristia e matrimonio è del tutto necessario, se si vogliono comprendere e vivere con maggior intensità le grazie e le responsabilità del matrimonio e della famiglia cristiana. Benedetto XVI ribadirà che «approfondire questo legame [tra l’Eucaristia e l’amore tra l’uomo e la donna, uniti in matrimonio] è una necessità propria del nostro tempo»;

 

l'Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce. Nel sacrificio della nuova ed eterna Alleanza i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale;

 

l'Eucaristia è sorgente di carità. E nel dono eucaristico della carità la famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima della sua “comunione” e della sua “missione” .

 

È alla luce di questo rapporto che si colgono anche i valori della fedeltà e dell’indissolubilità del matrimonio. L’amore di Cristo per la Chiesa è fedele ed è «per sempre», come fedele e «per sempre» devono amarsi l’uomo e la donna nel matrimonio.

 

L’Eucaristia educa la famiglia

 

Vi offro soltanto alcuni spunti per andare alla scuola della celebrazione eucaristica e lasciarsi plasmare dalla forza dell’Eucaristia.

 

L’Eucaristia e il centro della vita

 

Inizio con la risposta di Papa Benedetto ad un ragazzo che gli aveva chiesto: «A cosa serve andare alla Santa Messa e ricevere la Comunione per la vita di tutti i giorni?». Papa Benedetto rispose: «Serve per trovare il centro della vita».

 

La costituzione dell’assemblea

 

Il primo elemento della celebrazione è la costituzione dell’assemblea. Andiamo a Messa perché Dio ci convoca. Siamo persone diverse, con vissuti diversi, chiamati dal Signore a fare comunione.

 

Ma non è così anche per gli sposi e per le famiglie? Non è Dio che ha fatto incontrare un uomo e una donna e li ha chiamati ad accogliersi reciprocamente per un progetto comune di vita? È significativa la formula della manifestazione del consenso: Io... accolgo te... Si accoglie un dono! E i due sono un dono reciproco Ed anche i figli che il Signore vorrà concedere sono un dono da accogliere con gratitudine.

 

La processione d’ingresso 

 

La celebrazione eucaristica inizia con la processione e il canto d’ingresso. «La funzione propria» del canto è «dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti». È un richiamo alla vita come cammino, compiuto insieme in un clima di gioia.

 

La richiesta di perdono

 

Dopo il saluto iniziale, la Messa prosegue con la richiesta di perdono. La comunità cristiana riunita acclama il Signore e implora la sua misericordia.

 

Deve essere così anche tra la coppia e in famiglia. È in famiglia che si impara e ci si educa a perdonarsi, a dare e a ricevere il perdono: all’interno e all’esterno della famiglia.

 

Ho riletto in questi giorni l’intervista a Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi, ucciso a Milano il 17 maggio 1972. Paola Bergamini, l’intervistatrice, ricorda che nei giorni della tragedia lei volle come necrologio per suo marito le parole di Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” e poi le chiede: «Cosa significa perdonare?». La vedova di Calabresi precisa che fu la mamma a indicarle quella frase, dicendole: «Bisogna spezzare questa catena d’odio, di violenza con una frase d’amore. E cosa è meglio delle parole di Gesù sulla croce?». La signora Gemma, a sua volta, ha educato i figli al perdono e alla speranza: «Se io ho un momento di arrabbiatura o di cedimento per qualche commento che viene scritto a proposito di tutta la vicenda, loro quasi mi rimproverano. Loro vogliono da me quello che ho sempre dato e detto: la fede, la forza, la speranza». L’intervista si conclude con un riferimento della signora Gemma alla propria madre: «Vede, nonostante tutto penso che Dio mi ha voluto molto bene. Se ripenso alla mia vita: la mia famiglia, l’incontro con don Giussani che lei mi ha fatto ricordare, mio marito, i miei figli... Io sono stata una donna fortunata. Una volta l’ho detto a mia madre. E lei mi ha risposto: “Quello che il Signore ha dato a te lo dà a tutti. Ma quando Lui volge lo sguardo bisogna essere pronti a rispondere, a lasciarsi abbracciare”».

 

Ricordate le tre parole che, secondo Papa Francesco, sono la base del buon funzionamento della famiglia? «"Permesso", "scusa", "grazie": se in una famiglia si dicono queste tre parole, la famiglia va avanti».

 

La liturgia della Parola

 

La Messa è costituita da due parti «così strettamente congiunte tra loro da formare un unico atto di culto» e sono la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica.

 

Nella liturgia della Parola Dio parla e la comunità ascolta, la comunità parla e Dio ascolta. Riflettete su questi due testi: 

 

«nelle letture, che vengono poi spiegate nell’omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua Parola, tra i fedeli. Il popolo fa propria questa Parola divina con il silenzio e i canti, e vi aderisce con la professione di fede. Così nutrito, prega nell’orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero»; 

 

«La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata l’omelia».

 

Le considerazioni su questi testi potrebbero essere tante. Mi limito a rilevare l’elemento del dialogo tra Dio e la comunità. Dialogo da realizzarsi anche all’interno della famiglia e tra le famiglie.

 

Nella lettera per il programma pastorale «Comunicare», il card. Carlo Maria Martini fece una valutazione del dialogo familiare: «La fatica del comunicare nel rapporto di coppia e nel rapporto genitori-figli (dopo che essi hanno raggiunto una certa età) è così proverbiale che stimiamo felici eccezioni quelle coppie o quei genitori che dicono di non aver problemi a questo riguardo. Anzi li riteniamo su questo punto poco credibili, desiderosi di mostrare una facciata diversa da quella che invece è la fatica quotidiana che tutti sperimentiamo... Non parliamo poi dei casi in cui tale rapporto viene infranto e la comunicazione appare totalmente bloccata: sono i casi che finiscono nel divorzio o comunque nel crollo dei rapporti di coppia (nel mondo occidentale siamo da un terzo alla metà delle unioni matrimoniali fallite... la conflittualità o almeno il blocco comunicativo, il mutismo tra genitori e figli dopo i quindici-diciassette anni raggiunge livelli alti e preoccupanti)». 

 

È così anche oggi? La fatica è cresciuta? Perché?

 

L’Eucaristia diventa scuola di educazione al dialogo: ci permette di conoscere come Dio comunica con l’uomo, di vedere in Gesù il modello del perfetto comunicatore; ci insegna l’importanza del silenzio e dell’ascolto; ci mostra il valore della parola come dono, che affonda le sue radici nell’amore.

 

È importante ascoltare le parole dette e non dette, per avvertire paure, bisogni, esigenze, gioie e dolori... Ascoltare per accogliersi! 

 

La liturgia eucaristica

 

La liturgia eucaristica inizia con la preparazione dell’altare e la presentazione dei doni. Doni veri, non simboli!

 

La presentazione del pane e del vino mette in risalto tre cose:

 

sia il pane che il vino noi li abbiamo ricevuti dalla bontà del Signore, Dio dell’universo;

il pane e il vino sono anche i frutti della terra e del nostro lavoro;

li presentiamo a Dio perché diventino rispettivamente «cibo di vita eterna» e «bevanda di salvezza».

 

Anche l’amore umano è dono e impegno, e viene presentato al Signore per essere da lui custodito e arricchito. Una delle preghiere sulle offerte, infatti, suona così: «O Dio, Padre di bontà, accogli il pane e il vino, che la tua famiglia ti offre con intima gioia, e custodisci nel tuo amore ... [N. e N.] che hai unito con il sacramento nuziale».

 

La consacrazione

 

Dio accoglie e gradisce il pane e il vino che la comunità gli ha presentato e, con la potenza dello Spirito, li trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, nel Corpo offerto in sacrificio e nel Sangue versato per tutti. 

 

Nella famiglia si è chiamati a donarsi, ad accogliersi e a rendere presente l’amore sconfinato di Dio.

 

La frazione del pane e la comunione

 

Dopo lo scambio della pace, il sacerdote spezza il pane eucaristico: è la «frazione del pane». Con questa espressione, sin dal tempo apostolico, si è indicata la Messa. Durante l’ultima cena, «Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò...». Al carattere funzionale di spezzare il pane per distribuirlo, si aggiunge un importante significato simbolico: «significa che i molti fedeli, nella Comunione dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10,17)». Il pane viene spezzato per essere mangiato e per creare profonda comunione tra coloro che ne mangiano. 

 

La scelta di Gesù è esemplare anche per la famiglia cristiana, chiamata a farsi «pane spezzato» per alimentare la propria e l’altrui vita. «Gli sposi sono... il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni sacramento è memoriale, attualizzazione e profezia». 

 

La comunione con Gesù è sempre anche comunione con le sorelle e i fratelli. «La comunione eucaristica alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo».

 

Il congedo

 

Anche il congedo finale ha un significato particolare per la famiglia. Così viene presentato dall’Ordinamento generale del Messale: «perché ognuno ritorni alle sue opere di bene lodando e benedicendo Dio». Mentre il rito del matrimonio è ancora più diretto ed esplicito: «Nella Chiesa e nel mondo siate testimoni del dono della vita e dell’amore che avete celebrato. Andate in pace».

 

 

PREPARAZIONE AL MATRIMONIO E ALLA FAMIGLIA

 

La preparazione al matrimonio e alla famiglia

 

Potrebbe sembrare strano. Ma il tema della preparazione al matrimonio e alla famiglia trova nel Codice di diritto canonico del 1983 una formulazione ampia, puntuale ed ancora attuale.

 

«I pastori d’anime sono tenuti all’obbligo di provvedere che la propria comunità ecclesiastica presti ai fedeli quell’assistenza mediante la quale lo stato matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione. Tale assistenza va prestata innanzitutto:

 

con la predicazione, con una adeguata catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, e anche con l’uso degli strumenti di comunicazione sociale, mediante i quali i fedeli vengano istruiti sul significato del matrimonio cristiano e sul compito dei coniugi e genitori cristiani;

con la preparazione personale alla celebrazione del matrimonio, per cui gli sposi si dispongano alla santità e ai doveri del loro nuovo stato;

con una fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio, in cui appaia manifesto che i coniugi significano e partecipano al mistero di unione e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa;

offrendo aiuto agli sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale, giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa».

 

Insistente è stata, in questi anni, l’attenzione della Chiesa alla preparazione al matrimonio e alla famiglia. Consapevolezza della sua rilevante importanza, ne ha evidenziato anche carenze e limiti, con un linguaggio per nulla «diplomatico». 

 

Il 24 giugno 1989, l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia pubblica un sussidio di prospettive e orientamenti su La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia. Senza disconoscerne i frutti positivi, il documento rileva le criticità della pastorale prematrimoniale e avverte: «La pastorale prematrimoniale si trova... di fronte a una necessità storica che non può essere sottovalutata. Essa è chiamata a un confronto chiaro e puntuale con la realtà e a una scelta: o rinnovarsi profondamente o rendersi sempre più ininfluente e marginale».

 

Il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia (1993) ripete questa convinzione e aggiunge: «Di qui, in particolare la necessità di una cura pastorale del fidanzamento che aiuti a riscoprirne e a viverne il senso umano e cristiano di una preparazione immediata o particolare al matrimonio più attenta, puntuale e articolata».

 

Con la data del 13 maggio 1996, esce il documento del Pontificio Consiglio per la famiglia con il titolo Preparazione al sacramento del matrimonio.

 

La Conferenza episcopale italiana riflette sull’argomento e, con la data del 22 ottobre 2012, la Commissione episcopale per la famiglia e la vita scrive e diffonde gli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia.

 

In questi anni il nostro ufficio diocesano per la pastorale familiare è stato molto attivo nel sollecitare e curare che in tutte le parrocchie ci sia una attenzione particolare alla formazione dei fidanzati. Tuttavia riteniamo importante e doveroso verificare l’adeguatezza delle attuali proposte ecclesiali alle esigenze di oggi.

 

Nel gennaio di quest’anno, al termine della catechesi all’udienza generale sul ruolo delle mamme nella Chiesa e nella società, nel saluto in lingua italiana, Papa Francesco, ha chiamato gli sposi novelli «i coraggiosi perché oggi ci vuole coraggio per sposarsi! Sono bravi». Rispondendo alla domanda della famiglia Russo, nell’incontro con i giovani e le famiglie sul lungomare Caracciolo a Napoli, il 21 marzo di quest’anno, Papa Francesco ha detto: «La famiglia è in crisi: questo è vero, non è una novità. I giovani non vogliono sposarsi, preferiscono convivere, tranquilli e senza compromessi; poi, se viene un figlio si sposeranno per forza. Oggi non va di moda sposarsi! Poi, tante volte nei matrimoni in chiesa io domando: “Tu che vieni a sposarti, lo fai perché davvero vuoi ricevere dal tuo fidanzato e dalla tua fidanzata il Sacramento, o tu vieni perché socialmente si deve fare così?”. È successo poco tempo fa che, dopo una lunga convivenza, una coppia che io conosco si decise a sposarsi. “E quando?”. “Ancora non sappiamo, perché stiamo cercando la chiesa che sia in armonia con il vestito, e poi stiamo cercando il ristorante che sia vicino alla chiesa, e poi dobbiamo fare le bomboniere, e poi …”. “Ma dimmi: con che fede ti sposi?”». 

 

Richiamo la vostra attenzione su alcuni punti che ritengo importanti, sapendo di trascurarne altri non meno importanti. Per una riflessione più completa vi rimando al documento della Commissione episcopale per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale italiana sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia.

 

La preparazione esclusivamente immediata rischia di essere gravemente insufficiente

 

«Per quanto fatta con grande cura, una preparazione esclusivamente immediata rischia di essere gravemente insufficiente nell’offrire solide basi alla vita sponsale e familiare e orientare i fidanzati a vivere lo stesso amore con cui “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”(cfr Ef 5,25)».

 

Ma anche la preparazione immediata deve avere un suo tempo. Con lo stile che lo caratterizza, Papa Francesco ha così evidenziato i limiti di una certa preparazione al matrimonio: «Ad esempio, il problema della preparazione al matrimonio in chiesa. Come si preparano le coppie che vengono per sposarsi? A volte si fanno tre conferenze… È sufficiente questo per verificare la fede? Non è facile. La preparazione al matrimonio non è questione di un corso, come potrebbe essere un corso di lingue: diventate sposi in otto lezioni. La preparazione al matrimonio è un’altra cosa».

 

Si comprende allora perché «i fidanzati sono invitati a presentarsi al parroco... possibilmente circa un anno prima della data prevista per le nozze».

 

La formazione dei fidanzati richiede un impegno urgente e la massima cura pastorale

 

«La realtà stessa del matrimonio è così ricca che richiede dapprima un processo di sensibilizzazione affinché i fidanzati sentano la necessità di prepararvisi».

 

Rifacendosi ad una raccomandazione del Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia «di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi e nella previa verifica delle loro convinzioni circa gli impegni irrinunciabili per la validità del sacramento del matrimonio», Papa Benedetto così ha detto: «Un serio discernimento a questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare. Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale».

 

L’urgenza del nostro impegno è richiesta dalla «condizione... di continuo mutamento, e contrassegnata da nuove forme di crisi, come la radicale messa in discussione dell’istituto stesso del matrimonio».

 

L’itinerario di preparazione al matrimonio deve avere il carattere di un autentico percorso di fede

 

Già nel documento dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia del 1989, si parlava di «un itinerario di fede per introdurre i giovani nel mistero cristiano del matrimonio. Un itinerario che muove dalla realtà umana dei fidanzati per illuminarla del senso cristiano della vita, dell’amore e del matrimonio»; del passaggio «da cicli di conferenze tenute da esperti di differenti discipline sui problemi della coppia e della vita coniugale e familiare... a iniziative più organiche e unitarie, attente cioè all’unità interiore delle persone e ai differenti livelli di crescita spirituale, umana e cristiana».

 

È interessante il riferimento che Papa Francesco fa all’importanza della letteratura nel cammino formativo dei fidanzati. E lo fa proprio rivolgendosi a noi italiani: «E voi italiani, nella vostra letteratura avete un capolavoro sul fidanzamento [I Promessi Sposi]. È necessario che i ragazzi lo conoscano, che lo leggano; è un capolavoro dove si racconta la storia dei fidanzati che hanno subìto tanto dolore, hanno fatto una strada piena di tante difficoltà fino ad arrivare alla fine, al matrimonio. Non lasciate da parte questo capolavoro sul fidanzamento che la letteratura italiana ha proprio offerto a voi. Andate avanti, leggetelo e vedrete la bellezza, la sofferenza, ma anche la fedeltà dei fidanzati».

 

Occorre riflettere sul senso e sul valore anche pastorale della letteratura. P. Ferdinando Castelli diceva: la letteratura «non è un gioco, un divertimento o un'evasione; è un'interrogazione sull'uomo: sul suo destino, sul suo confrontarsi con la vita e con la morte, sul bene e sul male, sulla libertà e sulla coscienza, su Dio e sulla storia».

 

I fidanzati sono protagonisti della loro formazione

 

«I fidanzati sono oggetto della cura pastorale della Chiesa e al tempo stesso sono e desiderano essere considerati soggetti attivi del loro cammino di preparazione al matrimonio». «Si tratta in sostanza di costruire un clima nel quale i fidanzati si sentano protagonisti del loro cammino di formazione, in un contesto di relazioni interpersonali significative. Perché ciò si verifichi, sono necessarie alcune condizioni. Il primo passo è quello di accogliere i fidanzati con familiarità e amore, accettandoli come sono, amandoli senza giudicarli e accompagnandoli per un tratto di strada nello stile di Emmaus (cfr Lc 24,13-35): ascoltandoli, condividendo il loro cammino, partecipando alle loro emozioni e difficoltà, e aiutandoli a scoprire, con l’aiuto della parola di Dio, la profondità e la bellezza del mistero che stanno vivendo. L’ambiente in cui si svolgono gli incontri deve essere accogliente, familiare e mettere a proprio agio i fidanzati. Il numero delle coppie in ogni gruppo sia compatibile, oltre che con le risorse di animatori disponibili, con la possibilità di conoscere bene ogni persona e di ascoltare e di far intervenire tutti».

 

A proposito dell’aiutare i giovani a scoprire la bellezza del mistero che vivono, ricordo che Papa Benedetto, nel discorso di congedo dalla Repubblica Ceca il 28 settembre 2009 all’aeroporto di Praga, fece un riferimento a Kafka, che mi piace qui trascrivere: «Secondo un detto attribuito a Franz Kafka, "Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia mai" (Gustav Janouch, Conversazioni con Kafka). Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto».

 

Il soggetto che accompagna i fidanzati è la comunità cristiana

 

È legittimo e auspicabile il coinvolgimento di altri (consultorio, movimenti...), ma non è possibile l’ «appalto»!

 

«La comunità parrocchiale, sotto la guida del proprio parroco, ha il compito di formulare itinerari e iniziative per la preparazione al matrimonio, così da aiutare i fidanzati a porsi progressivamente nel mistero di Cristo, a servizio della Chiesa e del mondo.... Soggetto degli itinerari di fede verso il matrimonio è la comunità cristiana, che attua così la sua opera di evangelizzazione. Pertanto i percorsi di fede verso il sacramento del matrimonio non possono essere delegati ad altri (cfr n. 26), in quanto costituiscono un impegno primario della Chiesa che, con la presenza e partecipazione dei suoi vari membri, esprime la varietà dei carismi, annuncia il Vangelo e si propone ai fidanzati nel concreto vissuto della loro esistenza. Proprio in questa occasione, talvolta essi fanno di nuovo, spesso dopo anni, l’esperienza della Chiesa che li cerca e li accoglie con premura... Anche quando ci si avvale del contributo di esperti e di professionisti per affrontare alcune tematiche, è opportuno che il gruppo sia accompagnato nel cammino da una équipe fissa di animatori, costituita – come già detto – da un sacerdote, da coppie di sposi e da persone consacrate, in proporzione ragionevole rispetto al numero di coppie di fidanzati partecipanti. Questa sinergia tra diverse figure è importante: i fidanzati hanno così la possibilità di sperimentare dal vivo la complementarità e cordiale collaborazione tra i ministeri e i carismi con cui si edifica la Chiesa».

 

La progettazione e l’attuazione degli itinerari formativi 

 

La progettazione e l’attuazione degli itinerari formativi richiedono la sinergia tra i vari uffici diocesani.

 

«Rivestono poi grande valore i rapporti e le sinergie tra i vari uffici pastorali nella progettazione e attuazione dei percorsi. È auspicabile che la pastorale giovanile e la pastorale familiare si ritrovino a riflettere e a maturare insieme questi itinerari, coinvolgendo gli altri uffici pastorali».

 

La liturgia nuziale ha una sua bellezza che va maggiormente valorizzata

 

«Tenendo conto delle varie situazioni di fede che si possono presentare, va valorizzata e spiegata ai fidanzati la bellezza della liturgia nuziale, aiutandoli a comprendere il significato di ogni gesto rituale e della preghiera della Chiesa, ad avvalersi della possibilità prevista dal Rito stesso di personalizzare alcune parti: potranno scegliere le letture bibliche, tra quelle proposte dal lezionario; preparare i canti e le preghiere; individuare persone adatte a cui affidare ministeri e compiti specifici. Si può anche invitare i fidanzati a rendersi animatori e promotori di una celebrazione viva e partecipata, ricordando la loro identità e il loro ruolo come ministri del sacramento. È opportuno poi aiutarli a far propri i criteri con cui può essere preparata e animata la celebrazione, tenendo presenti anche le indicazioni più concrete che a tal fine sono state predisposte nelle varie diocesi».

 

All’Ufficio liturgico diocesano chiedo di porre una particolare attenzione alla formazione degli operatori liturgici sul tema della celebrazione nuziale.

 

È certamente utile leggere il sussidio pastorale, curato da alcuni uffici della Conferenza episcopale italiana (liturgico, catechistico, pastorale della famiglia, pastorale giovanile), Celebrare il "mistero grande" dell'amore. Indicazioni per la valorizzazione pastorale del nuovo Rito del matrimonio

 

Il parroco non è un burocrate

 

Il parroco non è un burocrate! Il suo ruolo non è di poca importanza, né semplicemente di natura amministrativa. Egli è e rimane un pastore.

 

Il parroco a cui bisogna rivolgersi è, di norma, a libera scelta dei fidanzati. il parroco della parrocchia dove l’uno o l’altro ha il domicilio canonico o il quasi domicilio o la dimora protratta per un mese.

 

In uno o più colloqui, attuati in un clima di reciproca fiducia e sincerità, egli deve aiutare i fidanzati a chiarire le ragioni della loro scelta e proporre gli itinerari più adatti alla loro diversa situazione umana e spirituale perché la decisione di sposarsi sia il più possibile libera, consapevole e cristianamente motivata.

 

La «responsabilità» del parroco anche in ordine alla celebrazione del matrimonio, è evidenziata, negli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, da un inciso che potrebbe anche passare inosservato. Nel caso che non sia lui ad «assistere» alle nozze, il sacerdote o il diacono che assisteranno sono invitati a promuovere uno o più incontri con i prossimi sposi per prepararli alla celebrazione liturgica delle nozze «in accordo con lui».

 

Sarà suo compito segnalare la nuova famiglia «al parroco del luogo dove essa prenderà dimora, per favorirne l’inserimento nella nuova comunità parrocchiale».

 

 

ACCOMPAGNAMENTO DELLE GIOVANI COPPIE

 

I primi anni di matrimonio

 

Nel 1993, il Direttorio di pastorale familiare così descriveva le risorse e le difficoltà dei primi anni di matrimonio: «I primi anni di matrimonio, oltre ad essere determinanti per l'intero cammino coniugale e familiare, sono tempo di avvio e insieme di assestamento per quanto riguarda sia l'esperienza dell'amore coniugale sia l'incontro con la nuova vita del figlio. Spesso sono anche attraversati da problemi e difficoltà circa il lavoro e l'abitazione. Sono ricchi di risorse perché sono gli anni dell'entusiasmo dei primi passi di una vita a due, della gioia di vedersi fatti l'uno per  l'altro, della serenità di un'intimità ricercata e vissuta con equilibrio, della gioia nel realizzare progetti e sogni accarezzati a lungo, dell'aprirsi di nuove prospettive anche in ordine alla crescita nella fede, della gioia e della responsabilità connesse con la procreazione di una nuova vita, della percezione del dono costituito dal figlio e della dimensione religiosa iscritta nella sua generazione. Ma sono anche gli anni segnati da alcune difficoltà corrispondenti, che riguardano, ad esempio, il lungo processo di integrazione e comunione nella coppia, la scoperta dei reciproci lati negativi o problematici, la difficoltà o l'incapacità di sopportarsi reciprocamente, la tentazione di una chiusura intimistica nella propria casa, la ridefinizione dei rapporti con le famiglie di origine e nell'ambiente in cui ci si trova a vivere, le modalità con cui realizzare un aiuto reciproco nella vita religiosa e spirituale, le paure di fronte alla nascita di un figlio, la disistima o addirittura il rifiuto programmatico di una nuova vita».

 

Ritengo che il quadro offerto dal Direttorio di pastorale familiare, anche se riferito alla situazione italiana di ventidue anni fa, sia ancora abbastanza attuale, con l’aggravamento però degli aspetti problematici e il ridimensionamento verso il basso delle risorse. 

 

Talvolta si ha la sensazione che si insista molto con i fidanzati sulla partecipazione ai «corsi prematrimoniali» e dopo la celebrazione non ci si interessi più di loro! «La Chiesa – e in essa anzitutto i sacerdoti, ma anche gli sposi più maturi – non possono lasciare sola la giovane coppia in questo tempo carico di promesse e di rischi». 

 

Molto valido il suggerimento della visione e della proposta formativa unitaria che abbracci il periodo precedente le nozze, quello immediatamente successivo e quello dell’iniziazione cristiana dei figli: «Occorre sempre più costituire un collegamento fra la preparazione al matrimonio, i primi passi della vita di coppia e l’iniziazione cristiana attraverso significativi progetti di accompagnamento. La comunità cristiana può allora proporsi come una rete di famiglie in grado di custodire un patrimonio ricco di esperienza che affonda le radici nella tradizione viva del magistero della Chiesa. In questo modo possono essere offerte iniziative e percorsi che favoriscano questo scambio di stimoli ed esperienze fra famiglie, per sostenere la crescita della coppia nelle fasi più critiche dei suoi passaggi evolutivi. “La famiglia va amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità… Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare famiglia di famiglie” (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 38)».

 

Alcune annotazioni

 

La nostra comunità, ai vaii livelli (parrocchiale, zonale e diocesano), deve assumere un atteggiamento di accoglienza, unito alla determinazione di non limitarsi ad «accogliere» chi viene ma di «cercare» chi non viene, e deve organizzarsi per offrire il sostegno di cui le giovani coppie hanno bisogno. Solo qualche accenno, che traggo dal Sussidio per la valorizzazione pastorale del nuovo Rito del matrimonio:

 

«Oggi molti fidanzati arrivano al matrimonio in una condizione di mancata fragilità e talvolta di immaturità umana. Ciò obbliga la comunità cristiana a mettersi a fianco della giovane coppia di sposi, anche per garantire un costante aiuto nella crescita e nella maturazione umana dopo il matrimonio. È necessario poi offrire supporti per il consolidamento della relazione, man mano che essa sperimenta fragilità e difficoltà impreviste, che possono affievolire l’entusiasmo. In particolare l’esperienza del conflitto, che la coppia quasi sempre deve affrontare, deve diventare un’occasione non di distruzione ma di crescita per rivitalizzare la relazione»;

 

«Gli sposi vanno aiutati a credere nel credere nel valore della vita umana e a guardare con coraggio e fiducia alla loro chiamata ad essere “cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana”»;

 

Molti genitori oggi sono sfiduciati. Ritengono infatti che la loro opera educativa abbia una scarsa incidenza e vivono nella paura che i figli siano in balia di altre forze educative, esplicite ed oscure. Essi vanno rassicurati: anche se in modo meno visibile, la famiglia resta ancora l’esperienza che lascia il segno più forte nei figli. Inoltre è necessario aiutare i giovani genitori ad assumere “la responsabilità originaria della famiglia nella trasmissione della fede” secondo l’impegno assunto nel momento del matrimonio e rinnovato nell’atto di presentare il figlio per il Battesimo. I genitori, prima di chiunque altro, possono essere per i figli testimoni e portatori della buona notizia, creando in casa le condizioni ideali nelle quali puà maturare in essi il dono della fede»;

 

in questi ultimi anni si è verificata una sorta di riflusso nel privato da parte delle famiglie... Occorre immettere in tutte le iniziative di formazione delle famiglie... un’educazione alla dimensione sociale e politica della famiglia».

 

Quanto mai opportuno l’invito (il testo dice: “Sarà quindi necessario”) degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia di investire, nei prossimi anni, maggiori risorse per sostenere itinerari di «scoperta della bellezza dell’amore sponsale e familiare... attraverso operatori pastorali competenti e appassionati, esperti di umanità e testimoni di una fede feconda».

 

Un’attenzione ancora più marcata dovremmo porre all’accompagnamento spirituale delle giovani coppie (e naturalmente non solo a loro) attraverso le due note modalità: il cammino di gruppo, il cammino individuale e/o di coppia. Parlando a rappresentanti di movimenti laicali, dopo avere affermato che per la maggior parte dei laici la via alla santità passa soprattutto attraverso la famiglia, Giovanni Paolo II sottolineava la necessità della formazione cristiana che «consiste nel cercare una somiglianza sempre maggiore a Cristo» e che «è un processo permanente, di discernimento della volontà di Dio nella nostra vita, e di apertura del nostro cuore per rispondere alla vocazione affidataci». Ha poi aggiunto che «per scoprire la volontà di Dio dobbiamo:

ascoltare la sua Parola e la Chiesa;

 affidarci alla preghiera e ad una solida direzione spirituale;

riconoscere i talenti datici da Dio e applicarli nella nostra situazione concreta (cfr. Christifideles laici, 58).

 

Tre annotazioni finali:

 

«Occorre essere discreti e coraggiosi nel proporre anche alle coppie-famiglie giovani forme di partecipazione alla vita della Chiesa e della società, nella consapevolezza che anche così si offre loro un importante servizio per la crescita e l'arricchimento della loro vita coniugale e familiare»; 

 

«Si accettino le loro esigenze di tranquillità e di riservatezza, sapendole chiarire e purificare da ogni tentazione di chiusura»;

 

«Anche nella proposta di impegni pastorali, si sia attenti a favorire e a sostenere interventi gestiti dalla coppia come tale».

 

È opportuno chiedersi qual è la situazione oggi delle giovani coppie nella nostra diocesi e quale accompagnamento viene loro offerto dalla nostra comunità. 

 

 

 

 

 

PARROCCHIA, FAMIGLIA ED EDUCAZIONE CRISTIANA DEI FIGLI

 

I genitori sono i primi e i principali educatori dei loro figli.

 

È necessario avere una visione chiara e corretta di coloro che hanno la responsabilità dell’educazione cristiana dei figli, anche per impostare bene la nostra azione pastorale nell’ambito educativo. E la responsabilità primaria dei genitori è un punto essenziale

 

La missione ecclesiale della famiglia, sia nella Chiesa che nel mondo, è molto ampia. Il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia dedica tutto il capitolo VI all’argomento. Ma il compito di evangelizzazione al suo interno, in particolare l’educazione cristiana dei figli, la famiglia lo vive «in modo privilegiato e originale». Il principio fondamentale è che «i genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli, hanno l’obbligo gravissimo di educare la prole; vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa». Da notare: obbligo gravissimo; i primi e i principali educatori! «Educatori perché genitori». Essi hanno ricevuto «nel sacramento del matrimonio la grazia e la responsabilità dell’educazione cristiana dei loro figli».

 

La funzione educativa dei genitori è tanto importante che, «se manca, a stento può essere supplita».

 

Il riferimento alla famiglia nell’educazione cristiana dei figli è prioritario, perché essa è la «prima ed insostituibile comunità educante, autentica scuola del Vangelo», e «deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia». La famiglia è un ambito prioritario della vita della Chiesa, «specialmente per il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione cristiana dei figli».

 

Giustamente il Direttorio di pastorale familiare invita i genitori ad essere presenti «con generosa e discreta disponibilità nei diversi luoghi educativi ecclesiali e vi attuino autentiche forme di corresponsabilità, evitando di delegare totalmente ad altri (sacerdoti, religiosi e laici) il loro diritto-dovere anche di educatori nella fede».

 

Il processo educativo tende all’autoeducazione, a “educarsi da sé”, ma il rapporto con le proprie radici continua.  

 

È opportuno che diventi oggetto di riflessione nelle singole comunità il documento della Conferenza episcopale italiana Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia. Scopo particolare di questo testo, infatti, è «stimolare una riflessione sulla centralità dell’annuncio, sugli itinerari per chi chiede il Battesimo, sul significato e la fisionomia dei percorsi di iniziazione cristiana dei piccoli e sull’importanza della catechesi in ogni fase della vita».

 

La modalità della catechesi familiare

 

Quando il Concilio parla dei genitori come «i primi annunciatori della fede» aggiunge anche la modalità: «con la parola e l’esempio». «La stessa vita di famiglia diventa itinerario di fede e in qualche modo iniziazione cristiana e scuola della sequela di Cristo». La missione educativa dei genitori è un vero ministero e questo ministero viene compiuto in modo privilegiato «nel camminare con loro [i figli] nell'itinerario della iniziazione cristiana».

 

E bisogna cominciare subito! Ho letto un aneddoto che vi riporto. Una volta una donna chiese al saggio del villaggio quando sarebbe giunto il momento opportuno per educare religiosamente sua figlia. Il saggio le domandò: “Quanti giorni ha?”. La donna rispose: “Ha cinque anni”. “Corri a casa subito allora”, le rispose il saggio, “devi recuperare cinque anni di tempo”. 

 

«Le verità che contano, i grandi princìpi, alla fine restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino». Il card. Ravasi cita questa frase di Enzo Biagi (in Strettamente personale) e poi si chiede: «Questa stessa cosa la possono riconoscere anche i ragazzi di oggi? I loro genitori sanno e vogliono insegnare loro quei “due o tre grandi princìpi” che si incidono nella coscienza? È una domanda che lascio serpeggiare tra i miei lettori col suo carico di sospensione e di dubbio».

 

La catechesi dei genitori è «scuola di vita», nella quale i figli fin dalla più tenera età imparano:

 

«a percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il prossimo secondo la fede che hanno ricevuto nel battesimo»;

 

a pregare Dio chiamandolo Padre;

 

a leggere la Parola; 

 

a vivere secondo il Vangelo sia le scelte più semplici di ogni giornata, sia quelle legate ad alcuni particolari avvenimenti;

 

ad accogliere con fede i momenti di gioia e i momenti di sofferenza;

 

a donare e a ricevere il perdono;

 

a dire grazie;

 

a condividere l’importanza e ritrovare la semplicità di alcuni segni visibili (il crocifisso, il quadro religioso, la Bibbia...) e di alcuni gesti concreti (segno di croce, preghiera prima e dopo i pasti...). 

 

Non dobbiamo dimenticare le parole di Benedetto XVI all’ambasciatore della repubblica slovacca: «la famiglia è il nucleo in cui la persona inizialmente impara l’amore umano e coltiva le virtù della responsabilità, della generosità e della cura fraterna. Le famiglie solide si costruiscono sulle fondamenta di matrimoni solidi. Le società solide si costruiscono sulle fondamenta di famiglie solide».

 

Bellissimo ciò che S. Agostino scrive a proposito di coloro che nella famiglia sono come dei vescovi: «Fate le nostre veci nella vostra casa. Il vescovo è chiamato così, perché sovrintende, perché si prende cura dei fedeli vigilando su di essi. Ciascuno dunque nella propria casa, se è a capo della propria famiglia, deve riguardare come suo l'ufficio del vescovo: deve cioè vigilare sulla fede dei suoi, perché nessuno di loro cada nell'eresia, né la moglie né il figlio né la figlia, nemmeno il servo poiché è stato comprato a sì caro prezzo»; «così ogni padre di famiglia si senta impegnato, a questo titolo, ad amare i suoi con affetto veramente paterno. Per amore di Cristo e della vita eterna, educhi tutti quei di casa sua, li consigli, li esorti, li corregga, con benevolenza e con autorità. Egli eserciterà così nella sua casa una funzione sacerdotale e in qualche modo episcopale, servendo Cristo per essere con lui in eterno».

 

In famiglia avviene uno scambio, evidenziato da Paolo VI, sul quale forse bisognerebbe riflettere di più: «Nell'intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto».  Genitori e figli reciprocamente evangelizzanti ed evangelizzati!

 

La parrocchia e la famiglia

 

La comunità cristiana, consapevole del ruolo della famiglia nell’educazione cristiana dei figli, deve offrire ai genitori tutta la collaborazione possibile: «La comunità cristiana deve alla famiglia una collaborazione leale ed esplicita, considerandola la prima alleata di ogni proposta catechistica offerta ai piccoli ed alle nuove generazioni. In tal senso va valorizzato ogni autentico sforzo educativo in senso cristiano compiuto da parte dei genitori».

 

Bisogna fare attenzione a due logiche non corrette: la logica della «delega alla parrocchia» e la logica della «appropriazione indebita» da parte della parrocchia.

 

Non è corretto continuare nella logica della «delega». È molto diffusa, infatti, la convinzione che, per quanto riguarda l’educazione cristiana dei figli, i genitori firmano una «delega» alla parrocchia; si impegnano eventualmente ad «accompagnarli fisicamente al catechismo», ma non più di questo. La prima cosa da fare è «rompere la delega alla parrocchia con cui esse [le famiglie] da tempo vivono il percorso dell’IC [iniziazione cristiana]». 

 

E non è nemmeno corretto che la parrocchia si appropri indebitamente dell’educazione cristiana dei ragazzi, escludendo la famiglia o chiedendo solo una presenza «formale» o solo di «facciata». Deve farci riflettere una espressione di Giovanni Paolo II: nella logica del principio di sussidiarietà, «ogni altro partecipante al processo educativo non può che operare a nome dei genitori, con il loro consenso e, in una certa misura, persino su loro incarico». Con molta chiarezza Papa Benedetto ha scritto che «nell'opera pastorale si deve associare sempre la famiglia cristiana all'itinerario di iniziazione. Ricevere il Battesimo, la Cresima ed accostarsi per la prima volta all'Eucaristia sono momenti decisivi non solo per la persona che li riceve ma anche per l'intera famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti.

 

Chiarissima l’impostazione della questione fatta da Giovanni Paolo II: «La famiglia è chiamata a svolgere il suo compito educativo nella Chiesa, partecipando così alla vita e alla missione ecclesiale. La Chiesa desidera educare soprattutto attraverso la famiglia, a ciò abilitata dal sacramento del matrimonio, con la “grazia di stato” che ne consegue e lo specifico “carisma” che è proprio dell'intera comunità familiare».

 

Bisogna riconoscere che il coinvolgimento delle famiglie è una «strada obbligata», «una via di grande valore», ma non è una «scorciatoia» e non è facile. Occorre fare tre riflessioni: 

 

«In molti casi... non illudersi che si tratti semplicemente di riavviare la trasmissione di qualcosa che c’è ed è consolidato, ma di riattivare percorsi di fede che possono essere da tempo interrotti o lasciati in stato di moratoria»;

 

Non possiamo ignorare che «negli ultimi decenni, si è prodotta una rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana nel popolo cattolico. È innegabile... che aumentano i genitori che non battezzano i figli e non insegnano loro a pregare»;

 

Bisogna tener conto anche «della situazione di sofferenza di molte situazioni matrimoniali, nonché della fragilità umana e culturale di non poche famiglie che, pur mantenendo un qualche legame con la Chiesa, non riescono più ad adempiere al compito di trasmissione della fede». 

 

Una prima provocazione ci viene dalle seguenti domande: «La parrocchia, dopo il battesimo, deve aspettare che il bambino compia i sette-otto anni per interessarsi di lui? Prima non può (e non deve) fare nulla? Né per lui né per i genitori?

 

Chiedo agli uffici catechistico, liturgico e per la pastorale familiare, che hanno già avviato una indagine sulla catechesi precedente e successiva alla celebrazione del battesimo, di proseguire nel loro impegno anche per offrire alla comunità diocesana riflessioni e proposte utili. 

 

L’occasione per avviare o riprendere i contatti con le famiglie è data dalla loro domanda del battesimo del bambino. Ma diventa una «buona occasione» solo se la comunità cristiana si dimostra accogliente e attenta. Accoglienza e attenzione che bisogna avere anche (anzi, ancor di più) quando la situazione matrimoniale è problematica. «Ancor di più, quando il contesto riguarda genitori separati o divorziati, coppie in situazione canonica irregolare, quando uno o entrambi i genitori sono lontani dalla pratica ecclesiale, sarà cura della comunità cristiana accogliere la domanda del sacramento accostando con delicatezza queste situazioni, proponendo un cammino di preparazione anche attraverso il dialogo con famiglie cristiane che possano accompagnare la riscoperta della fede». Indicazioni autorevoli su questo argomento sono state date dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e dalla Conferenza episcopale italiana.

 

Un certo modo di accogliere le famiglie e di progettare «per loro e con loro» diventa una scuola di relazione anche per la parrocchia: «La pastorale battesimale e delle prime età costituisce, dunque, un terreno fecondo per avviare buone pratiche di primo annuncio per e con genitori, famiglie, nonni e insegnanti delle scuole per l’infanzia. La comunità cristiana impara in tal modo a costruire relazioni fondate sulla continuità, la gratuità, la semplicità, la stima per ciò che le famiglie realizzano nella dedizione per i loro figli».

 

Ma questo esige che bisogna progettare dei percorsi nei quali i ragazzi siano «al centro», e le famiglie si sentano e siano realmente protagoniste.

 

Se bisogna superare la logica della delega che le famiglie fanno alla parrocchia, bisogna anche evitare che la comunità cristiana dia la delega ai catechisti! «In concreto, si tratta non solo di fissare veri e propri itinerari di catechesi per i genitori, ma anche e soprattutto di responsabilizzarli a partire dalla loro domanda dei Sacramenti. Molte esperienze in questi anni hanno mostrato l’efficacia che deriva dal coinvolgere genitori e figli nella condivisione di alcuni appuntamenti di preghiera, di riflessione e di approfondimento, suffragati da una sussidiazione semplice e mirata, vissuti in ambito domestico, in gruppi, nella comunità. Fruttuosi sono pure quei metodi che convocano genitori e figli in appuntamenti periodici, dove si approfondisce il medesimo tema con attività diversificate, rimandando poi al confronto in famiglia. Si tratta di non lasciare sole le famiglie, ma di accompagnarle, aiutando i genitori a trasmettere ai loro piccoli uno sguardo credente con cui leggere i momenti della vita».

 

La parrocchia deve aiutare i genitori a comprendere che bisogna condurre i ragazzi non a «ricevere», ma a «vivere» i sacramenti. .

 

I catechisti, e tutti coloro che svolgono un ruolo educativo, siano delicati e attenti quando si trovano di fronte ad alcune fragilità della famiglia, che si ripercuotono sui piccoli: «i catechisti - in costante dialogo con i genitori - devono essere molto delicati e attenti di fronte alle situazioni che i bambini vivono in casa, valorizzando il bene possibile e offrendo sempre un orizzonte di pace, misericordia e perdono, senza il quale anche il migliore annuncio evangelico avrebbe poco senso e scarsa efficacia».

 

Una tentazione da vincere è stata indicata dal vescovo Lambiasi a conclusione di un seminario di studio su Catechisti e genitori: insieme per educare alla fede: «La tentazione è quella di approfittare del fatto che in Italia è alta la richiesta di catechismo e sacramenti da parte dei genitori per i loro figli. La tentazione è quella di approfittare dei bambini per “ricattare” i genitori: “Se non viene tuo padre, tu la Comunione te la scordi”... Non si tratta di imporre obblighi e di sventagliare cartelli di divieto, ma di offrire possibilità. Il tono non deve essere quello della minaccia. “Guari a voi se non venite!”, ma “Beati voi, invitati alla cena del Signore!”». 

 

 

ALCUNE PROPOSTE DIOCESANE

 

Adorazione eucaristica in ogni comunità

 

Mentre rinnovo a tutte le comunità, non solo parrocchiali, l’invito a realizzare, almeno una volta al mese, una prolungata adorazione eucaristica, vi riporto alcune recentissime affermazioni di Papa Francesco: «Noi, nel mondo dell’efficienza, abbiamo perso il senso dell’adorazione, anche nella preghiera. Certo preghiamo, lodiamo il Signore, chiediamo, ringraziamo… Però l’adorazione è stare davanti all’Unico Dio, quello che è l’Unico che non ha prezzo, che non si negozia, che non si cambia… E tutto quello che è fuori di Lui è un’ ”imitazione di cartone”, un idolo… È una carenza della Chiesa in questo momento, per mancanza di pedagogia... Questo “perdere tempo”, senza chiedere, senza ringraziare, anche senza lodare, solamente adorare, con l’anima prostrata».

 

Notate: l’adorazione è oggi una carenza della Chiesa. Tale carenza è dovuta a mancanza di educazione, di formazione, di accompagnamento.

 

Proponete esperienze di adorazione eucaristica, ben preparate, di breve durata, «riservate» ai fanciulli e alle loro famiglie.

 

Centri di ascolto della Parola e della vita dei fratelli

 

Anche per questa seconda proposta faccio riferimento a un testo di Papa Francesco, che offre un quadro della parrocchia, alla quale vogliamo ispirarci: «La parrocchia... sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” [Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 30.12.1988, n. 26]. Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione... È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione».

 

Insisto perché aumentino, nelle nostre parrocchie, i centri di ascolto della Parola, che quest’anno avranno come testo di riferimento il libro di Tobia. È un testo affascinante, è un «romanzo teologico», che riguarda i singoli, le coppie e le famiglie. Dio cammino con l’uomo, ne conosce le difficoltà e le sofferenze e lo invita ad uscire e a rischiare, perché Dio è capace di estrarre il bene anche dal male. Nel cammino della vita, le famiglie sono chiamate a testimoniare la presenza e l’amore di Dio con le loro storie d’amore. Il libro di Tobia, durante l’anno santo, ci aiuterà anche a riflettere sulle opere di misericordia corporale e spirituale, così come desidera Papa Francesco: «È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli».

 

Chiedo alle famiglie di sperimentare la ricchezza della lettura della Bibbia in casa.

 

Occorre, poi, rispondere con maggiore generosità e con un migliore assetto organizzativo alle richieste «di ascolto e di pane» della gente. Non si tratta di avere grandi mezzi, grandi possibilità, grandi capacità, ma di avere e di formare «cuori grandi», di dotarsi della semplicità dell’ascolto e della creatività dell’amore. Vi consegno alcune espressioni di Papa Francesco ai vescovi brasiliani: «Le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli oceani. E tuttavia Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi poveri, perché sempre è Lui che agisce. Cari Fratelli, il risultato del lavoro pastorale non si appoggia sulla ricchezza delle risorse, ma sulla creatività dell’amore. Servono certamente la tenacia, la fatica, il lavoro, la programmazione, l’organizzazione, ma prima di tutto bisogna sapere che la forza della Chiesa non abita in se stessa, bensì si nasconde nelle acque profonde di Dio, nelle quali essa è chiamata a gettare le reti».

 

Ventiquattro ore per il Signore

 

Papa Francesco ci chiede di incrementare l’iniziativa “24 ore per il Signore”, già attuata anche nella nostra diocesi nella quaresima 2014 e 2015.

 

L’iniziativa si terrà nel venerdì e sabato che precedono la quarta domenica di quaresima 2016. «Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sarà per ogni penitente fonte di vera pace interiore».

 

Verifica della situazione attuale e proposta di un progetto diocesano

 

L’ufficio diocesano di pastorale familiare si faccia promotore del coinvolgimento degli altri uffici pastorali per verificare la situazione diocesana ed avviare l’elaborazione di un progetto che abbracci, unitariamente, la formazione al matrimonio e alla famiglia, l’accompagnamento delle giovani coppie e l’educazione cristiana dei bambini e dei fanciulli.

 

Incontri diocesani per i membri dei consigli pastorali e per gli affari economici

 

Saranno organizzati tre incontri per i membri dei consigli pastorali e per gli affari economici per sostenerli nel loro impegno di attenzione alla famiglia.

 

Programmazione pastorale parrocchiale

 

Ho letto con piacere nel numero speciale di «Servizio della Parola», settembre 2015, il contributo di Roberto Laurita su «Ragioni e senso di un piano pastorale parrocchiale». Queste le espressioni conclusive: «Camminare, non rimanere fermi a consacrare l’esistente e a difendere quel che c’è già. Ma insieme, non come battitori liberi ma con un popolo che, pur nelle sue lentezze, è il depositario della fede e dei doni dello Spirito».

 

Vi chiedo di trasmettere alla segreteria del consiglio pastorale (via Roma 109, Ragusa), entro il mese di gennaio 2016, la programmazione che ogni parrocchia dovrà elaborare con il contributo determinante del consiglio pastorale.

 

 

CONCLUSIONE

 

Di che cosa abbiamo bisogno?

 

Concludo con due testi, uno di Benedetto XVI e l’altro di Papa Francesco. Non parlano esplicitamente di famiglia, ma ne esplorano «l’anima».

 

Alla domanda «di che cosa abbiamo soprattutto bisogno oggi?», il card. Joseph Ratzinger, pochi giorni prima di essere eletto Papa così rispondeva: «Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini». 

 

Nell’omelia a conclusione dell’assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 19 ottobre 2014, Papa Francesco commentò la risposta di Gesù ai farisei: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21): «L’accento di Gesù ricade certamente sulla seconda parte della frase: “E (rendete) a Dio quello che è di Dio”. Questo significa riconoscere e professare - di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo, e non c’è alcun altro. Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio. Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa "nuovi" continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è "la novità di Dio" nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa "novità"! “Dare a Dio quello che è di Dio”, significa aprirsi alla Sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo Regno di misericordia, di amore e di pace. Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo. Qui sta la nostra speranza perché la speranza in Dio non è quindi una fuga dalla realtà, non è un alibi: è restituire operosamente a Dio quello che Gli appartiene. È per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove».

 

Abbiamo bisogno di famiglie così. Di famiglie, di cristiani, di comunità che si lasciano illuminare dalla luce di Dio, dall’amore di Cristo per la Chiesa e non hanno paura di vivere la novità del vangelo.

 

Con affetto.

 

Ξ Paolo, vescovo

 

 

INDICE

 

Introduzione

 

Le sfide

Quali sfide

Il nostro modo di affrontarle

La Chiesa si prende cura della famiglia

 

Eucaristia, matrimonio e famiglia

Un testo fondamentale

Eucaristia, matrimonio e famiglia. Quale rapporto?

L’Eucaristia educa la famiglia

 

Preparazione al matrimonio e alla famiglia

La preparazione al matrimonio e alla famiglia

La preparazione esclusivamente immediata rischia di essere gravemente insufficiente

La formazione dei fidanzati richiede un impegno urgente e la massima cura pastorale

L’itinerario di preparazione al matrimonio deve avere il carattere di un autentico percorso di fede

I fidanzati sono protagonisti della loro formazione

Il soggetto che accompagna i fidanzati è la comunità cristiana

La progettazione e l’attuazione degli itinerari formativi

La liturgia nuziale ha una sua bellezza che va maggiormente valorizzata

Il parroco non è un burocrate

 

Accompagnamento delle giovani coppie

I primi anni di matrimonio

Alcune annotazioni

 

Parrocchia, famiglia ed educazione cristiana dei figli

I genitori sono i primi e principali educatori dei loro figli

La modalità della catechesi familiare

La parrocchia e la famiglia

 

Alcune proposte diocesane

Adorazione eucaristica in ogni comunità

Centri di ascolto della Parola e della vita dei fratelli

Ventiquattro ore per il Signore

Verifica della situazione attuale e proposta di un progetto diocesano

Incontri diocesani per i membri del consigli pastorali e per gli affari economici

Programmazione pastorale parrocchiale

 

Conclusione

Di che cosa abbiamo bisogno?

 

 

 PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus (Il volto della misericordia), 11.4.2015, n. 14.

 DAVID NICHOLLS, Noi, Neri Pozza, Vicenza 2014, pag. 13.

 PAPA FRANCESCO, Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo), 24.11.2013, n. 66.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai Vescovi polacchi, 7.2.2014.

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, n. 86.

 GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio (La famiglia), 22.11.1981, n. 43.

 PAPA FRANCESCO, Discorso durante la veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4.10.2014.

 ALESSANDRO CASTEGNARO, Risorse e limiti della famiglia in ordine all’educazione cristiana di fanciulli e ragazzi, Seminario di studio su “Catechisti e genitori: insieme per educare alla fede”, Roma 1-2 ottobre 2004, in Notiziario dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e dell’Ufficio catechistico nazionale, 2005/2, pag. 42.

 BRUCE MARSHALL, A ogni uomo un soldo, Longanesi, Milano 1972, pag. 112.

 PAPA FRANCESCO, Discorso durante la veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4.10.2014.

 PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus (Il volto della misericordia), 11.4.2015, n. 3.

  HYPERLINK "http://www.donmirkobellora.it/libri/radici/radici.html" http://www.donmirkobellora.it/libri/radici/radici.html.

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, n. 2.

 PAPA FRANCESCO, Catechesi all’udienza generale, 25.3.2015.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai Vescovi polacchi, 7.2.2014.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai Vescovi polacchi, 7.2.2014.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai Vescovi polacchi, 7.2.2014.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai Vescovi polacchi, 7.2.2014.

 LE LETTERE DI PAOLO, Traduzione e commento di Rinaldo Fabris, Borla, Roma 1980, pag. 294.

 GIUSEPPE BARBAGLIO, L’amore di Cristo in Efesini 5,25-27, in Parola, Spirito e Vita, 10 (1984), pag. 176.

 LE LETTERE DI PAOLO, Traduzione e commento di Rinaldo Fabris, Borla, Roma 1980, pag. 288.

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, numeri 15 e 16.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium (Il sacrosanto Concilio), n. 78.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri, Presbyterorum ordinis (L’ordine dei presbiteri), n. 5. In nota viene citata questa espressione di S. Tommaso: «L’Eucaristia è quasi il coronamento della vita spirituale, e il fine di tutti i sacramenti».

 CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, n. 1617; cfr. LETTERA DI SAN PAOLO AGLI EFESINI, capitolo 5, versetti 26-27.

 CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, n. 1621.

 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis (Sacramento della carità), 22.2.2007, n. 27.

 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio (La famiglia), 22.11.1981, n. 57.

 BENEDETTO XVI, Incontro di catechesi e di preghiera con i bambini della prima Comunione, 15.10.2005.

 ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO, n. 47.

 PAOLA BERGAMINI, Così Dio ha abbracciato la mia vita. La grande intervista – Gemma Calabresi, in Tracce, 2010/3, pagine 26-30.

 PAPA FRANCESCO, Omelia, 13.10.2013.

 ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO, n. 28.

 ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO, numeri 55 e 56.

 CARLO MARIA MARTINI, Effatà “Apriti”. Lettera per il programma pastorale «Comunicare», 11.8.1990, n. 8, Centro Ambrosiano di documentazione e studi religiosi, Milano 1990, pagine 23-24.

 VANGELO SECONDO MATTEO, capitolo 26, versettto 26.

 ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO, n. 83.

 GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio (La famiglia), 22.11.1981, n. 13. 

 BENEDETTO XVI, Omelia, Roma, Basilica di San Giovanni in Laterano, 23.6.2011.

 ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO, n. 90, lettera c.

 CODICE DI DIRITTO CANONICO, can. 1063.

 Appendice n. 11.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 40.

 PAPA FRANCESCO, Saluto in lingua italiana dopo la catechesi all’udienza generale, 7.1.2015.

 PAPA FRANCESCO, Visita pastorale a Napoli. Incontro con i giovani e le famiglie, 21.3.2015.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 3.

 PAPA FRANCESCO, Visita pastorale a Napoli. Incontro con i giovani e le famiglie, 21.3.2015.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 20.

 PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Preparazione al sacramento del matrimonio, 13.5.1996, n. 10.

 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis (Sacramento della carità), 22.2.2007, n. 29.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA FAMIGLIA E LA VITA, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, introduzione.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA.Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia, 24.6.1989, presentazione e n. 1.

 PAPA FRANCESCO, Catechesi all’udienza generale, 27.5.2015.

 FERDINANDO CASTELLI, Per una letteratura d’ispirazione cristiana, in www.vatican.va

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA.UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA, La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia, 24.6.1989, I. 3.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA FAMIGLIA E LA VITA, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 23.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA FAMIGLIA E LA VITA, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, numeri 19 e 23.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, conclusione.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 21.

 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 20.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 21.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 22.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 101.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Ufficio liturgico nazionale. Ufficio catechistico nazionale. Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia. Servizio nazionale per la pastorale giovanile, Celebrare il “Mistero grande” dell’amore. Indicazioni per la valorizzazione pastorale del nuovo Rito del matrimonio, 14.2.2006, n. 84.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 37.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Ufficio liturgico nazionale. Ufficio catechistico nazionale. Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia. Servizio nazionale per la pastorale giovanile, Celebrare il “Mistero grande” dell’amore. Indicazioni per la valorizzazione pastprale del nuovo Rito del matrimonio, 14.2.2006, numeri 96, 97, 99, 101.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la famiglia e la vita, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 22.10.2012, n. 36. 

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 103.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 103.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 103.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 143.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Dichiarazione sull’educazione cristiana, Gravissimum educationis (L’importanza grandissima dell’educazione), n. 3.

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, n. 16.

 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio generale per la catechesi, 15.8.1997, n. 227.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Dichiarazione sull’educazione cristiana, Gravissimum educationis (L’importanza grandissima dell’educazione), n. 3.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 5.

 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi (L’impegno di annunziare il Vangelo), 8.12.1975, n. 71.

 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis (Sacramento della carità), 22.2.2007, n. 27.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 144.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 5.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sull’apostolato dei laici, Apostolicam actuositatem (L’attività apostolica), n. 11.

 GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio (La famiglia), 22.11.1981, n. 39.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 20.6.1975, n. 104.

 GIANFRANCO RAVASI, Due o tre grandi principi, in Avvenire del 13.1.2011.

 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Dichiarazione sull’educazione cristiana, Gravissimum educationis (L’importanza grandissima dell’educazione), n. 3.

 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25.7.1993, n. 144.

 BENEDETTO XVI, Discorso al nuovo ambasciatore della Repubblica Slovacca, 13.9.2007.

 S. AGOSTINO, Discorso 94, in www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_121_testo.htm.

 S. AGOSTINO, Commento al vangelo di san Giovanni. Omelia 51,13, in www.augustinus.it/italiano/commento-vsg/ondex2.htm.

 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi (L’impegno di annunziare il Vangelo), 8.12.1975, n. 71.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 28.

 ALESSANDRO CASTEGNARO, Risorse e limiti della famiglia in ordine all’educazione cristiana di fanciulli e ragazzi, Seminario di studio su “Catechisti e genitori: insieme per educare alla fede”, Roma 1-2 ottobre 2004, in Notiziario dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e dell’Ufficio catechistico nazionale, 2005/2, pag. 42.

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, n. 16.

 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis (Sacramento della carità), n. 19. 

 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2.2.1994, n. 16.

 ALESSANDRO CASTEGNARO, Risorse e limiti della famiglia in ordine all’educazione cristiana di fanciulli e ragazzi, Seminario di studio su “Catechisti e genitori: insieme per educare alla fede”, Roma 1-2 ottobre 2004, in Notiziario dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e dell’Ufficio catechistico nazionale, 2005/2, pag. 42.

 PAPA FRANCESCO, Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo), n. 70.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 69.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 59.

 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione circa il battesimo dei bambini Pastoralis actio (La pastorale), 20 ottobre 1980; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Commissione episcopale per la dottrina della fede, la catechesi e la cultura. Commissione episcopale per la famiglia, Pastorale dei divorziati risposati e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili, 26.4..1979.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 59.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 60.

 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 29.6.2014, n. 60.

 FRANCESCO LAMBIASI, Conclusioni. Seminario di studio su “Catechisti e genitori: insieme per educare alla fede”, Roma 1-2 ottobre 2004, in Notiziario dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e dell’Ufficio catechistico nazionale, 2005/2, pag. 63.

 PAPA FRANCESCO, Discorso ai partecipanti al Capitolo generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria (Clarettiani), 11.9.2015.

 PAPA FRANCESCO, Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo), 24.11.2013, n. 28.

 PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus (Il volto della misericordia), 11.4.2015, n. 15.

 PAPA FRANCESCO, Discorso all’episcopato brasiliano, 27.7.2013.

 PAPA FRANCESCI, Misericordiae vultus (Il volto della misericordia), 11.4.2015, n. 17.

 ROBERTO LAURITA, Ragioni e senso di un piano pastorale parrocchiale, in Servizio della Parola, settembre 2015, n. 470, pag. 68. Nello stesso numero, lo stesso Laurita ha scritto anche Progettare la pastorale: una moda o una necessità? E l’apertura all’azione di Dio?, pagine 13-18. Può essere utile leggerli. 

 JOSEPH RATZINGER, L'Europa nella crisi delle culture. Riflessioni su culture che oggi si contrappongono. Conferenza tenuta al monastero di Santa Scolastica a Subiaco, in occasione della consegna  a lui del premio San Benedetto "per la promozione della vita e della famiglia in Europa", 1.4.2005.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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