Spettacolo
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Ragusa, 2 dicembre 2014 – Il film “Cesare deve morire”, recentemente proiettato presso il Cinema Lumière di Ragusa  per la rassegna di cineforum d’autore “Orizzonti di Speranza”, organizzata dall’Ufficio per la cultura della Diocesi di Ragusa, in collaborazione con l’Ufficio di pastorale familiare e l’Ufficio di pastorale giovanile è stato preceduto da una presentazione e seguito da un confronto, con gli interventi di chi ha vissuto in prima persona un’esperienza simile presso la Casa circondariale di Ragusa; un progetto coordinato dalla dottoressa Rosetta Noto, responsabile Area Educativa della Casa Circondariale di Ragusa, ed esperito dal regista e attore Gianni Battaglia e dal  musico-terapeuta Gianni Guastella.  

Come nel docu-film dei fratelli Taviani, che ha trionfato al Festival di Berlino, girato nella sezione di Alta Sicurezza del carcere di Rebibbia,  dove il regista Fabio Cavalli provava il “Giulio Cesare” di Shakespeare, con  attori i detenuti, alcuni dei quali alcuni segnati dal “fine pena mai”, anche nel penitenziario ibleo, la Compagnia dell’ArteinGrata ha dato vita ad un progetto di recupero dei detenuti. Dallo studio impegnativo e coinvolgente dei copioni, alle lunghe riprese durante le ore d’aria, fino al successo della messa in scena, davanti ad un pubblico, nella sala teatrale di Rebibbia, per il progetto del regista Cavalli, al cimento dei reclusi di Contrada Pendente, per il progetto di Gianni Battaglia, coadiuvato brillantemente per le musiche da Gianni Guastella, concluso con il saggio rivolto al folto pubblico ibleo, con riprese effettuate con mezzi di minor fortuna, a documentare comunque una metamorfosi eccezionale volta al riscatto, catalizzata per mezzo dell’arte, del teatro, della musica. Per dirla con Cosimo Rega, detenuto attore: «L’arte, per chi ha commesso gravi crimini, diventa non solo uno strumento di crescita e rinascita ma può essere anche uno strumento di lavoro per il futuro. Una speranza in più».

Riesame delle proprie azioni, outing, e speranza di cambiare vita, magari lavorando nel cinema, nel teatro…

Non è da tutti, d’accordo, ma qualcuno dei reclusi, ci ha emozionato intensamente, quasi a fare partire l’applauso a scena aperta, immedesimandosi al punto da generare empatia.

E che dire dei linguaggi: quello filmico dei Taviani, a sottolineare l’esperienza teatrale vera con l’uso del bianco e nero, distinguendola dalla performance artistica,  connotata dal colore;

quello degli attori, sia a Roma che a Ragusa, imperniato sul dialetto di provenienza dei detenuti, valore aggiunto alla qualità della produzione dell’ars poetica, teatrale, musicale.

Alla fine del saggio, sia a Roma che a Ragusa, si respirava un clima denso di riscatto morale, di entusiasmo per la riuscita e di speranza, per la vita di là a venire.

L’auspicio degli organizzatori del cineforum, secondo i quali la partecipazione di testimoni significativi, che raccontino la loro esperienza sui temi affrontati permetterà il passaggio  dallo schermo alla vita e, attraverso la condivisione, ad un orizzonte di progettualità che ci si augura gravido di speranza…!

 

Pippo Di Noto

 

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry