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  • Argomento: Storia, Bizantini

Intervista a Susanna Valpreda, autrice di “Sikelia 2” in libreria nelle prossime settimane 

 

Ragusa, 6 giugno 2020 — A giugno del 2010 si concludeva un ciclo di scavi archeologici, iniziati nel biennio precedente, da un team canadese, avente come oggetto principale lo studio di un interessante insediamento tardoromano e bizantino nella zona archeologica di Caucana, ad est di Punta Secca, piccolo borgo marinaro in territorio di Santa Croce Camerina. In questo meraviglioso lembo sud-orientale della Sicilia il turista (e non solo) è attratto dalle vicende del commissario Montalbano e, ancor più, ammaliato dal profumo del mare, abbagliato dal colore della sabbia che racchiude, in ogni granello, tasselli di vicende umane pervase e percorse dalla storia e dal tempo. Si tratta di una località molto nota agli archeologi e oggetto di analisi da parte di Paolo Orsi agli inizi del secolo scorso. A cavallo fra gli anni ‘60 e ’70, durante i primi lavori di costruzione di case di villeggiatura, emersero antichi reperti che attirarono l’attenzione della Soprintendenza di Siracusa.

La ricerca, curata dalla professoressa Paola Pelagatti, portò all’identificazione di un villaggio dall’impianto disorganico di circa due dozzine di edifici databili, sulle basi di evidenze numismatiche, dalla metà del IV alla metà del VII secolo. Cosa molto interessante e curiosa è la presenza di tracce di una millenaria tradizione pagana che si potrebbe definire come una sorta di “festa col morto” o “banchetto col morto”.

Traendo spunto dalle certosine ricerche dei citati archeologi e dei successivi saggi di scavo condotti, negli anni ’80 e ’90, da Giovanni Distefano nonché dalle ulteriori analisi sviluppate nel corso di tre stagioni di scavo (2008-2010), ad opera di un team canadese guidato da Roger J. A. Wilson (professore di Archeologia dell’Impero Romano e direttore del Centro per lo Studio della Sicilia antica presso la University of British Columbia di Vancouver), la studiosa patavina Susanna Valpreda ha voluto dedicare un intero paragrafo inserito nel suo poderoso saggio (ancora inedito, ma in libreria nelle prossime settimane), Sikelia 2. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantini in Sicilia (prefazione di Santino Alessandro Cugno, postfazione di Salvo Micciché; Lithos, Castelvetrano, 2020). Pregevole ricerca che va ad integrare il primo volume pubblicato nel 2015 (Sikelia. La Sicilia orientale nel periodo bizantino, Bonanno Editore, Acireale-Roma).

Animalista per amore, bibliotecaria per mestiere, saggista per passione, l’autrice si è laureata in Lettere moderne con una tesi sulla Sicilia orientale bizantina (1996). La sua accesa passione per lo studio della presenza bizantina (storia, lingua, cultura, letteratura, architettura, monetazione) nella Sicilia orientale dei secoli VI-XII (da Messina a Ragusa) la collocano tra le poche ricercatrici che hanno intrapreso tale tematica il cui ambito risulterebbe parzialmente toccato dagli studiosi del settore. «C’è da dire – dice l’autrice – che usanze, ricette, dialetto, etimologia di nomi e luoghi, feste tradizionali, riti, liturgia, moltissimo della cultura contemporanea siciliana affonda le sue radici nella Magna Grecia classica e ancor più nel periodo bizantino. Il bizantinismo non tramontò con l’arrivo degli Arabi, ma rimase vivo fino all’epoca normanna e oltre». Ne sembra intrisa Caucana, a poche centinaia di metri da Punta Secca, dove una giusta commistione di mare, cielo e terra introduce in una dimensione nella quale ci si trova avviluppati in una sorta di coesistenza di vita e morte.

Di ciò ne parla, con dovizia di particolari, Susanna Valpreda quando disquisisce del ritrovamento, nel corso dei citati scavi archeologici, di una casa bizantina. Quello che colpisce è proprio una tomba costruita al suo interno insieme con testimonianze di banchetti in onore del defunto. L’edificio (databile dal 580 al 650 circa) era formato da cinque ambienti, fra cui un’area aperta separata dal resto del cortile, con una scala che portava al piano superiore.

 

Qual è stata la scoperta più straordinaria?

Il ritrovamento di un imponente sarcofago costruito sul pavimento di un cortile. Una delle lastre di copertura della tomba presenta un foro circolare, che al momento degli scavi era ancora otturato da una piccola pietra. Era un foro per libagioni. Ciò prova che la tradizione di fare offerte ai morti, radicata nel tempo, fin dal terzo millennio a. C., a cui risalgono tombe rinvenute a Cipro, continuava ancora nella Sicilia bizantina.

 

Cosa conteneva il sarcofago? 

Il sarcofago conteneva due corpi: una giovane donna incinta e una bambina di quattro anni, sicuramente madre e figlia ed evidentemente la madre fu oggetto di venerazione dopo la morte. Quando fu costruito, vennero predisposti anche una panchina e un basso tavolo per le offerte e stoviglie e anfore trovate intorno a esso testimoniano che ci sono state visite periodiche alla defunta e banchetti sulla sua tomba. Fra queste c’erano un’anfora da vino e un’anfora globulare di provenienza siciliana, piatti, lampade, un’anfora e due contenitori da olio africani, una tardo-romana proveniente dalla Cilicia orientale e un’altra con un manico proveniente dalla Turchia sudoccidentale. La presenza di una macina da frantoio riutilizzata indica che non lontano venivano coltivate e trasformate le olive. Sembra che nei primi tempi i cibi per i banchetti funebri fossero cucinati lì.

 

Che tipo di alimenti erano consumati?

Sono state ritrovate tracce di cereali e legumi bruciati, ma l’assenza di ossa animali suggerisce che le carni venissero portate già pronte sul posto. Tra le ossa trovate attorno alla tomba, quelle di suino e ovino erano presenti in numero approssimativamente uguale, mentre quelle di pollo erano la percentuale minore. Probabilmente qui si consumavano anche pesci, lumache, frutta e noci. Inoltre c’era un’ampia varietà di erbe aromatiche.

 

Si tratta di una sepoltura molto particolare?

Al momento della costruzione della tomba nel cortile la casa non era sicuramente più abitata, La particolarità sta proprio nel fatto che si tratta di una tomba monumentale in una casa privata in un’epoca in cui le sepolture avvenivano abitualmente nei cimiteri fuori dai centri abitati oppure dentro e intorno alla chiesa. In questa piccola comunità alcuni cristiani furono sepolti vicino all’abside e altri nel nartece della chiesetta, che sorge a poca distanza dalla casa. Alcuni elementi confermano che la defunta fosse sicuramente cristiana, quali ad esempio la croce incisa su una delle lastre tombali, la presenza di alcune lampade africane col monogramma ΧΡ ‹chi-rho›, croci graffite sulle brocche, l’alfa e l’omega su un’anfora.

 

Resta però da risolvere l’enigma della sepoltura di una donna cristiana nella sua casa e del culto sviluppatosi intorno ad essa?

Qui viene in aiuto l’antropologia forense. Le analisi delle ossa della donna hanno dimostrato che era nata e cresciuta a Caucana e la sua alimentazione era prevalentemente a base di legumi, carne ovina e latte. Inoltre, l’esame del cranio della defunta ha rivelato che nella parte posteriore del cranio c’era una piccola apertura, una condizione medica conosciuta come cefalocele atresico ed è l’unico caso al mondo documentato archeologicamente per quest’epoca. I sintomi di questa patologia suggeriscono che la donna soffrisse di terribili mal di testa e che probabilmente fosse soggetta a periodiche crisi epilettiche, in cui per alcuni minuti sembrava morta, per poi miracolosamente risorgere. Tutto ciò avrebbe destato timore e spavento in quella comunità cristiana che la isolò, probabilmente etichettandola come una sorta di strega, impedendone l’inumazione nel cimitero. Di converso, per i suoi amici intimi e la sua famiglia, episodi così straordinari di apparente morte e rinascita significavano che era una donna santa, da riverire anche dopo la sua morte. Quando morì, era incinta alla trentesima settimana, come mostrano chiaramente i resti di alcune ossa del feto nella sua tomba e le sue condizioni avrebbero potuto essere un fattore determinante per la sua morte.

Se questa sia stata la vera causa dell’eccezionale sepoltura domestica, l’archeologia naturalmente non può rispondere e probabilmente non lo sapremo mai con certezza; ma la teoria fornisce una spiegazione plausibile per questo straordinario aspetto degli scavi di Caucana: una tomba monumentale e la prova di banchetti funerari dentro una casa privata della prima epoca bizantina.

Giuseppe Nativo

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry