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  • Argomento: Storia

La storia di Giovanni Ottaviano, amministratore ragusano al tempo di Giolitti, fermamente convinto dei benefici del Progresso

di Federico Guastella

 

Nel volume “Fermenti democratici nelle due Raguse in età giolittiana” (Biblioteca della Società di storia patria. Monografie storiche, Lidostama Idonea, Catania 1995, con prefazione di Giuseppe Giarrizzo), Giovanni Ottaviano presenta le gesta del nonno recante il suo stesso nome. Sulla base di una ricca documentazione riportata nei diversi capitoli del libro (lettere, bozze di articoli, giornali, manifesti, ordini del giorno del Consiglio comunale, tra cui quello del 1912 riguardante la ferrovia Ragusa – Santa Croce Camerina – Mazzarelli), il percorso mostra l’impegno politico-amministrativo di un uomo che, interprete dei bisogni popolari, agiva per migliorare i servizi pubblici.

Siamo nell’età giolittiana, cioè nel periodo che ha inizio col 1901 e termina col 1914, segnando un passaggio nella storia dello Stato italiano: cioè la conclusione del sistema liberale. Ed egli apparteneva alle forze che puntavano su una democrazia meridionale di contro a quelle, guidate da Giolitti, fautrici del blocco protezionistico industriale operaio.

L’interesse che la lettura suscita è particolare non solamente per il recupero della memoria storica nel periodo che specificamente va dal 1903 allo scoppio della Grande guerra, ma per l’inserimento del personaggio entro il contesto della comunità d’appartenenza. Diamo appena qualche cenno biografico. Giovanni Ottaviano junior appartenne ad una delle agiate famiglie di Ragusa inferiore, dove nacque il 17 febbraio 1876: Giuseppe il padre, medico e proprietario terriero, Elena Ottaviano, la madre venuta a mancare in giovanissima età, figlia di un integerrimo magistrato del regime borbonico sposato con Giovanna, una delle sorelle di Serafino Amabile Guastella.

Fu alunno a Modica dell’aristocratico scrittore di Chiaramonte Gulfi e si laureò a Napoli in giurisprudenza nel luglio 1987. Già sensibile alla condizione delle classi popolari, durante il periodo degli studi universitari, dopo aver svolto con dedizione la sua azione nel partito socialista, si accostò all’azione riformatrice di Napoleone Colajanni (nativo di Castrogiovanni –Enna–, il 27 aprile 1847). Medico e massone il Colajanni che, animato da ideali repubblicani, prese a cuore la questione meridionale, opponendosi agli “interessi particolari di una classe faziosa e privilegiata”: cioè a una borghesia soltanto abile a difendere i privilegi e l’ordine costituito. Sono gli anni in cui il socialismo riformista di Turati, di Prampolini, di Bissolati si coniuga con il repubblicanesimo: da qui la battaglia contro la Triplice e la politica coloniale del governo.

Parlando di loro non può mancare un riferimento all’intervento di Crispi che scatenò la repressione, liquidando brutalmente l’esperienza dei Fasci siciliani. Colajanni si era proposto come mediatore tra il ministro e i rivoltosi, facendo opera di persuasione perché i socialisti massimalisti mantenessero la calma. Ma sulla mediazione – si sa - vinse la forza dell’intervento repressivo. Ad accomunarli anche la polemica con il Lombroso: per entrambi non reggeva il meccanicismo biologico e le cause della delinquenza andavano piuttosto ricercate nella povertà sociale. Giovanni Ottaviano sarà inseparabile dal programma di costui, conducendo una dura opposizione alle “cricche” e alle “clientele” che controllavano i municipi.

La sua azione fu indirizzata ai provvedimenti da assumersi sul piano dell’igiene pubblica e dell’istruzione popolare. Sofferente il campo dei servizi sociali verso cui si sarebbero dovute convogliare le energie per i casi del colera del 1910, diffusisi nell’agosto 1911 nel comune di Ragusa Inferiore. Contro il vigente sistema conservatore anche due giornali si fecero portavoce dell’impegno riformistico: “Rinnovamento” di Siracusa e “l’Unione” di Ragusa. E c’era stato pure “Ragusa nuova”, organo dell’Associazione popolare (il n. 3 è datato 15 settembre 1907). Vale anche la pena di ricordare i fatti di Giarratana del 1902: su di essi l’Ottaviano riferiva la sua versione a Francesco Lo Sardo, inviandogli una lettera datata ottobre 1902. La descrizione offre innanzitutto un nitido scenario antropologico del territorio. Incisivi i particolari socioeconomici che hanno il tono dell’inchiesta sociale, mentre sul versante politico-amministrativo l’attenzione è rivolta al problema di sempre: quello degli sgravi tributari.

Questo il triste episodio. A Giarratana, piccolo paese del ragusano, la Lega dei contadini aveva proclamato lo sciopero per il rifiuto padronale di accordare il diritto a spigolare e alla pagliata per l’asino. Tesa la situazione. Il 13 ottobre 1902 col sindaco intervennero i Carabinieri che spararono in aria. Sopraffatti dal numero dei manifestanti, esplosero altri colpi di rivoltella: cadde un bracciante e restò colpito un bambino di 5 anni che curiosava dal balcone di casa. Oltre 60 gli scioperanti rimasti feriti. Così ne parla Giovanni Ottaviano: «Le autorità affermano che il carabiniere Giucastro si rifugiò nella bottega del calzolaio quando già era malconcio e si trovava bocconi e che appoggiato colle spalle alla porta impediva l’accesso alla folla mentre con una mano dallo sportello caricava la rivoltella. Questa versione pare inverosimile poiché se il carabiniere camminava a carponi, come poteva sparare dallo sportello? È più logico che il carabiniere si nascose in quella bottega quando era ancora illeso e che i colpi da lui sparati dallo sportello abbiano incitato la folla a penetrare nella bottega e massacrarlo».

In sostanza, pare di poter dire che l’Ottaviano sia stato uno dei più attivi organizzatori della società “Unione popolare”, le cui finalità erano la libertà del voto, l’istruzione, la tutela della salute pubblica, nonché la partecipazione delle masse alla vita politica. Si viveva in un clima di minacce, di corruzioni e di irregolarità, ma fu determinato nel denunciare i brogli elettorali in occasione delle elezioni politiche suppletive relative al collegio di Ragusa, svoltesi il 6 marzo 1910. Ecco i due modi opposti di governare: “I democratici”, espressione della vecchia classe dirigente, usavano atteggiamenti arroganti, favoritismi e facevano spese superflue con il conseguente spreco di denaro pubblico a danno di sostanziali e utili provvedimenti; i “popolari” che invece insistevano sulla precaria assistenza ospedaliera. Da dire che a Ragusa Inferiore era già stato istituito dalla duchessa di Albafiorita un ospedaletto per quattro posti letto; e soprattutto conflitti di gestione erano sorti a seguito di un lascito della principessa Maria Paternò Arezzo di Castellacci, morta nel terremoto di Messina, a favore dell’istituzione di un ospedale di trenta posti letto.

Ben più grave la situazione a Ragusa superiore in cui esisteva per gli infermi un vecchio e precario edificio. È la condizione degli enti assistenziali a fare toccare con mano la fragilità della struttura societaria, per fortuna sostenuta dal filantropismo: «Per l’assistenza alle orfanelle e ai bambini della prima infanzia, esistevano a Ragusa Inferiore due istituzioni, una il Conservatorio di S. Teresa dove erano ricoverate le prime, l’altra l’asilo Marini istituito in seguito ad un lascito di Giambattista Marini. Per migliorare l’assistenza alle orfanelle, tra le quali si verificavano, purtroppo, numerosi casi di tubercolosi e di tracoma, i popolari e per essi il dott. Ignazio Ottaviano, proponevano l’utilizzazione di un lascito disposto dalla sig.ra Letizia Sulsenti, vedova del dott. Raffaele Solarino, destinato per altro a tal fine dalla stessa testatrice. Per rendere più efficiente la gestione dell’asilo Marini i popolari proponevano la vendita della nuda proprietà di un fondo di cui lo stesso asilo era titolare, all’usufruttuaria che chiedeva di acquistarlo. Anche queste proposte incontrarono però l’opposizione degli avversari i quali, come al solito, ricorrevano ad argomenti ispirati a demagogia e denigrazione».

Per inciso va detto che Giambattista Marini (1807-1874), amministratore dei beni del barone Arezzo di Donnafugata, si era distinto come valente poeta vernacolare con la raccolta “Lirichi Siciliani” (1855) e intellettuale raffinato che tradusse in versi siciliani quelli di Lord Byron. Con l’avvento dei popolari, Giovanni Ottaviano, nominato sindaco di Ragusa Inferiore nel febbraio 1912, affrontò principalmente due questioni: quella igienica e l’altra relativa al miglioramento dello stile di vita attraverso l’istruzione popolare e la realizzazione di lavori pubblici.

Tra l’altro, incisiva l’assistenza civile a favore dei parenti poveri dei militari. Tutto poi dovette arenarsi per la dichiarazione di guerra del 1915. In definitiva, le pagine di questo libro vanno conosciute per farsi un’idea del rovente clima dovuto ai salari troppo bassi, reso ancora più incandescente dalla propaganda massimalista. Tumulti e disordini diedero luogo a Ragusa il 2 maggio 1920 ad una sommossa di contadini che misero a soqquadro alcuni negozi e il circolo dei civili; pur prendendo le distanze dall’intransigenza della sinistra, deplorò sì l’accaduto, ma sostenne il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, nonché il compimento della loro emancipazione.

Dalla documentazione scaturisce un costante programma di sviluppo, una svolta vigorosa nella politica meridionale dei municipi, il risanamento delle amministrazioni locali entro una visione unitaria delle due Ragusa: divise amministrativamente, ma topograficamente una sola città.

 

Federico Guastella

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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