Ragusa, 24 aprile 2015 – Oggi ricorre il centenario della morte del grande Poeta, simbolo della cultura Armena.
In lui, sentimento d’amore per la propria Terra, profondo senso religioso, dall’attaccamento ai valori familiari, al sogno per un futuro di pace e prosperità per la propria gente.
Pippo Di Noto
Daniel Varujan
Antonia Arslan, Professoressa italiana di origine armena scrive di lui :
"La sua è una lingua amplissima e colta, che assume tutte le ricchezze della grande tradizione armena, integrandola però con moltissime sfumature del linguaggio parlato..."
"Varujan è sempre concreto, e la sua originalità di poeta sta anche nell’uso improvviso - e inaspettato dal lettore - di vocaboli ’forti’ là dove nella poesia occidentale si tende all’eufemismo o all’attenuazione semantica (’utero’, non ’ventre’, ’mammelle’ e non ’seni’ della madre terra..."
Papa Giovanni Paolo II ha parlato dei figli della diaspora armena con queste sue parole: “È squisito per il mio cuore tuffarsi nell’onda luminosa di azzurro, / naufragare – se è necessario – nei fuochi celesti; / conoscere nuove stelle, l’antica patria perduta, / da dove la mia anima caduta piange ancora la nostalgia del cielo”
Una poesia
Papaveri
Cogli, sorella, questi papaveri nel recinto -
sanguinanti come cuori innamorati.
Nelle loro coppe di cristallo
berremo l’onda del sole.
Tanto divampano di fiamme
che il loro incendio brucia i campi sterminati.
Nelle loro coppe di fuoco
berremo le scintille delle stelle.
Cogli, sorella, come la quaglia nascosta
tra i grani che dolcemente vezzeggiano.
Nelle loro coppe scarlatte
berremo il sangue dei solchi.
Chini sui nidi delle allodole
fluttuano come grappoli di raggi rossi.
Nelle loro coppe rubino
berremo la promessa della Primavera.
Cogli, sorella, non i papaveri, ma la fiamma;
avvogli del loro incendio il tuo grembiule verginale.
Nelle loro coppe delicate
berremo i fuochi di giugno.
Fiori sbocciati come le tue tenere labbra,
conversano con il grano vibrante.
Nelle loro coppe purpuree
berremo il mistero delle spighe.
Coglili, sorella, perché di essi c’incoroneremo
per la gioiosa festa di domani, al villaggio.
E in queste coppe, danzando,
berremo il vino dell’amore.