- Autore: Domenico Pisana
- Editore: Il Cuscino di Stelle
Modica, 23 settembre 2019 – L’Editore abruzzese “Il cuscino di stelle” ha lanciato in questi giorni l’ultima fatica letteraria di Domenico Pisana, che vedrà la luce i primi di ottobre.
“Pagine critiche di poesia contemporanea. Linguaggi e valori comuni fra diversità culturali”, è il titolo del volume, 180 pagine, in cui Pisana si occupa di poeti stranieri tradotti in Italia e poeti italiani tradotti all’estero: Mohammed Ayyoub - Raed Anis Al Jishi - Giuseppe Aletti - Biljana Biljanovska - Stefan Damian - Floriana Ferro - Óscar Limache - Arjan Kallco - Hilal Karahan - Kiara Quaquero - Sofia Skleida - Elisabetta Bagli - Agron Shele - Claudia Piccinno.
I poeti di questo saggio critico, dei quali, nella parte antologica, è possibile anche apprezzare testi sia in italiano che in arabo, romeno, serbo, francese, spagnolo, greco, turco, albanese, testimoniano – si legge nella quarta di copertina del libro - un dato importante, e cioè che l’unica e assoluta protagonista della poesia è la vita nelle sue varie forme, anche le più misteriose e segrete: la vita nel suo essere e divenire, nel progredire e anche regredire, nel suo gioire e soffrire, nel suo migliorarsi e umanizzarsi, nella sua bellezza e bruttezza, nella sua immanenza, trascendenza e spiritualità.
«Alla base della scelta dei poeti trattati – dice Pisana - c’è l’intento di fare emergere l’idea trasversale che li accomuna, ossia che il poetare è interrogare la vita, provocare domande, seminare dubbi e inquietudini; poetare è aiutare a ricomprendere cosa significa, oggi, essere “persona”; poetare è tendere verso la ricostruzione di un nuovo umanesimo che rimetta al centro i valori dell’amore, della bellezza, della libertà, della pace e della giustizia, della solidarietà e dell’uguaglianza, dell’integrazione e della tolleranza; valori fondamentali di cui i poeti di questo volume si fanno voce universale con una duplice consapevolezza: che la poesia è un inabissamento nell’umanità e identità di se stessi, e che il poeta – direbbe Giorgio Caproni – è come il minatore che dalla superfice, dalla sua autobiografia scava, scava, scava finché non trova un fondo nel proprio io che accomuna tutti gli uomini, scoprendo così gli altri e se stesso».