Un infortunio a bordo della nave Arctic Sun e l’evacuazione con un elicottero della JCG (Guardia Costiera Giapponese) nel Novembre 2005
Continua la rubrica “Storie di Navi” che permette ai lettori di ascoltare dalla voce dei protagonisti alcuni racconti che hanno suscitato all’epoca l’attenzione e lo stupore dei media. Sono storie di navi, di guerra o semplicemente storie che sono rimaste impresse nella memoria di qualcuno e che noi raccoglieremo per condividerle con i nostri lettori.
Il capitano Gaetano D’Agostino, dopo averci raccontato la storia dellascomparsa in mare della nave greca da carico alla rinfusa Pasithea, oggi ci regala un altro ricordo, risalente al 6 novembre del 2005. La sua premessa è importante per capire l’intero racconto di cui lui fu soltanto testimone ‘via radio’ poiché si trovava a bordo della Polar Eagle in navigazione nel Mare di Bering diretto in Giappone, mentre l’accaduto si riferisce alla nave gemella Arctic Sun diretta verso l'Alaska
Dalla sua premessa ricordiamo che il capitano Gaetano D’Agostino, in pensione dal 2010, ha navigato per ben 36 anni con una Compagnia che aveva due navi metaniere (addette al trasporto di LNG-Liquefied Natural Gas o GNL -Gas Naturale Liquefatto) che operavano tra Alaska (porto di caricazione) e Giappone (porti di discarica), generalmente quando una si trovava in Alaska l'altra era in Giappone e viceversa. Durante le traversate oceaniche si incrociavano circa a metà viaggio nei pressi dell'isola di Attu (Aleutine), nel mar di Bering o in Oceano Pacifico ad ovest delle isole russe Kurili. Per anni gli Ufficiali Superiori (Comandante, Direttore di Macchia, Primo Ufficiale e Primo Macchinista) si alternavano di volta in volta su una o sull'altra nave. Navi perfettamente identiche che solo gli addetti potevano riconoscerne le minime differenze.
Dopo il 2000, avendo ridotto i periodi a bordo e aumentati i periodi di licenza a casa, avevano stabilito una nave fissa per ognuno di loro. Cioè, a fine vacanza, si ritornava sempre sulla stessa nave da dove si era sbarcati, tanto che ognuno lasciava a bordo molto del proprio bagaglio personale. Quasi giornalmente le due navi erano in contatto tra di loro via radio. I nomi delle due navi sulle quale operava il capitano D’Agostino dal 1993 sino a 2007 erano la Polae Eagle e la Arctic Sun. Nel 2007 essendo state vendute ad una nuova compagnia cambiarono i rispettivi nomi in Polar Spirit e Arctic Spirit.
Il racconto del Comandante D'Agostino
Ero a bordo della Polar Eagle, in navigazione nel mar di Bering diretto in Giappone, ero in stazione radio sul ponte di comando, dove normalmente rispondevo alle varie email e messaggi degli uffici di terra, quando arrivò una chiamata radio da parte della nave gemella Arctic Sun. Era una chiamata privata che normalmente di tanto in tanto gli ufficiali facevano per scambiarsi informazioni e notizie varie. L’Arctic Sun circa due giorni prima aveva lasciato il Giappone ed era diretta verso l’Alaska, in pratica in viaggio inverso al nostro. Il mio ufficiale di guardia risponde alla chiamata e dall'altro lato sente la voce del collega che dopo aver salutato diceva: «Ma non sapete niente di cosa ci è successo?» - «No, cosa è successo?» - «Abbiamo avuto un incidente a bordo ed una persona è stata evacuata con l’elicottero». Il collega mi ha quindi raccontato l’accaduto nei particolari.
La Arctic Tokyo era partita il giorno prima dal porto di Negishi (Giappone) dove aveva scaricato ed era diretta in Alaska per il prossimo carico. Il Comandante, valutando le condizioni meteo previste, aveva tracciato la rotta per mantenersi quando più vicino alle isole giapponesi di Honshu e Hokkaido, poi delle isole russe Kurili, prima di attraversare l'oceano sino a raggiungere le prime isole americane delle Aleutine. Era mattino, orario di colazione, e alcuni Ufficiali si trovavano in sala pranzo per consumare la loro colazione quando dalla cucina di bordo, adiacente alla sala pranzo, sentono arrivare un urlo e una richiesta immediata di aiuto. Si alzarono e corsero a vedere cosa stava succedendo e con loro grande sorpresa trovano il capocuoco (Ch. Steward) italiano a terra con il sangue che usciva fortemente dal braccio sinistro e che in brevissimo aveva impregnato gran parte della cucina.
Devo premettere che tutti a bordo erano in possesso di Certificati di Pronto Soccorso e un paio anche di quelli di Pronto Soccorso Avanzato, ma che avendo anche seguito dei corsi interni di Bloodborne Pathogencioè di come evitare possibili infezioni patogene venendo a contatto con liquidi umani (sangue, urine, saliva, vomito etc...) di persone possibilmente infette, sapevano bene che prima di dare soccorso a qualcuno dovevano proteggersi loro stessi per ridurre il rischio di possibile contagio. Tutto normale e risaputo, dunque, ma in una situazione di estrema emergenza come quella che si era parata loro dinanzi agli occhi non avevano tempo per indossare mascherine, grembiuli, occhiali, guanti ed altro e si son prodigati subito a cercare di stagnare, fermare o ridurre al minimo, lo zampillo di sangue che l'infortunato aveva copioso dal braccio.
Uno degli ufficiali alla vista del sangue sparso dappertutto si è quasi sentito mancare, un altro invece senza curarsi di imbrattarsi tutto lui stesso afferrò un asciugamano bianco pulito e lo attorcigliò stringendolo al braccio dell'infortunato cercando di fermare la perdita di sangue. Nel contempo il comandante avvisato di quando stava succedendo si recò sul ponte di comando mettendosi in contatto con gli uffici di terra e con la guardia costiera giapponese, questi appena compreso la gravità del fatto e avendo visto che la posizione della nave era ancora entro la portata degli elicotteri dell'isola di Hokkaido, fu ordinato di cambiare rotta e dirigersi in una certa direzione verso l'isola in modo da abbreviare la distanza tra terra e nave. Intanto, a bordo, si cercava al meglio di tamponare la ferita al braccio del cuoco, posizionando anche lacci emostatici e fasciando al meglio la parte lesa, senza però riuscire a fermare completamente la fuoruscita di sangue e incoraggiando l'infortunato che sbiancato completamente in viso era in panico e quasi al collasso, da terra si sono alzati in volo un aereo di ricognizione e un elicottero per raggiungere la nave e provvedere all'evacuazione dell'infortunato e al suo trasferimento in ospedale dove poter intervenire adeguatamente.
Il Comandante restava sul ponte di comando e dirigeva la nave secondo le istruzioni inviate da terra per il rendez vous fissato, la squadra di pronto soccorso di bordo teneva sotto controllo l'infortunato e lo preparava sulla barella per essere trasportato all'aperto sul ponte principale all'avvicinarsi dell’elicottero. Dopo qualche tempo l'aereo di ricognizione sorvolava la nave e dava direttive all'elicottero per avvicinarsi verso di essa.
Quando anche l'elicottero arrivò in zona il pilota e il comandante della nave concordarono la prora e la velocità che la nave doveva assumere e mantenere per facilitare il tutto. All’arrivo dell’elicottero, due dell’equipaggio, guardia costiera giapponese e personale medico, scesero a bordo della nave, sulla parte sinistra prodiera, tramite cavetto d'acciaio guidato da un verricello da bordo lo stesso elicottero. Una volta a bordo verificarono lo stato dell'infortunato, che nel frattempo era stato trasportato con la barella rigida di bordo dalla cucina alla zona designata, e lo trasferirono su di una barella a cestello fatta scendere dall’elicottero. Tutto ciò mentre il velivolo permaneva quasi statico a una decina di metri di altezza dalla nave e fuori dal suo piano di coperta per evitare il rischio di possibile coinvolgimento con le strutture di bordo.
La barella a cestino con l’infortunato dentro fu quindi virata indietro su l'elicottero e l'infortunato preso in carica da personale medico a bordo. Poi, uno per volta, i due membri della guardia costiera giapponese scesi a bordo per prendersi cura dell'infortunato risalirono sull’elicottero, sempre sospeso in aria, tramite lo stesso cavetto che li aveva portati a bordo. Una volta risaliti tutti, l’elicottero riprese il viaggio e si diresse verso Hokkaido.
Apprendemmo in seguito che il ferito una volta ricoverato in Ospedale nell’isola di Hokkaido i medici lo hanno sottoposto ad intervento. Hanno ricollegato e suturato l’arteria dell'avambraccio tranciata per ripristinare il normale flusso sanguigno e fermare l’emorragia, oltre che riparare anche un tendine tranciato. Dopo essere stato dimesso dall’ospedale giapponese egli è rientrato in Italia dove ha subito un altro intervento e dopo il dovuto tempo di riabilitazione, è ritornato a navigare».
L’incidente fu discusso durante le riunioni di sicurezza su entrambe le navi sociali stabilendo che la causa sarebbe stata l’errore di non indossare il guanto di maglia d'acciaio mentre veniva affilato un coltello e che quindi venne ricordata a tutti gli addetti l’importanza dell’uso di questo oggetto di protezione da usare ogni volta che si affilano coltelli. Inoltre, si è deciso di provvedere la nave con un affilacoltelli professionale elettrico in modo da evitare il più possibile l'uso manuale dell'acciaino.
Giovannella Galliano