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  • Rubrica: Vivendo Ragusa

Ragusa, 12 gennaio 2021 — Il nuovo anno ha portato una novità alla città di Ragusa. Almeno alla sua parte alta, la periferia ovest; per far capire meglio la zona dai Salesiani a salire e fino a San Luigi, in direzione Comiso.

La novità consiste in un folto stormo di gabbiani. Rumorosi, riconoscibili, belli da vedere nelle loro planate tra l’antico e sempre più abbandonato Mulino Curiale e fino al moderno e attivissimo McDonald (certo quel nome, adesso che Trump…). Sono alcune decine, e si fanno notare.

Chissà perché questa presenza che, se non inedita, è certamente inusuale per il capoluogo ibleo.

A questo punto scattano le riflessioni di due distinte scuole di pensiero: la romantica/poetica e la pratica/prosaica.

La prima si giova della presenza dei gabbiani. Sono i teneri di cuore che divinizzano Richard David Bach e il suo Il gabbiano Jonathan Livingston (che ha appena compiuto cinquanta anni). Tutti quelli che hanno più di cinquantacinque anni sanno di cosa si parla. Un clamoroso successo di critica e di pubblico, in tutto il mondo, per un romanzo breve che l’americano Bach scrisse sulla scorta della sua esperienza di pilota di aeroplano. Chi ha oggi meno di cinquantacinque anni si arrangi pure.

Da allora il rappresentante della famiglia dei laridi è stato sempre associato all’idea di uccello solitario, che vaga libero sul mare, ricco della sua libertà e del vento oceanico che lo alza felice fino alle quote che permettono di essere superiore.

Secondo questi amici, e sono tanti (per fortuna), la presenza di questi candidi uccelli marini sul cielo di Ragusa è un bellissimo messaggio, spedito da chissà chi, per dirci che in questo tristissimo periodo dobbiamo guardare con ottimismo al futuro e tutto si aggiusterà. Saremo liberi e felici e potremo librarci nell’azzurro cielo mediterraneo (alla faccia dei milanesi che il cielo lo hanno anche loro, ma è sempre grigio).

Gli amici che appartengono alla seconda corrente di pensiero non si giova della presenza di quei laridi che a loro appaiono piuttosto come luridi. Sono associati, secondo i tanti amici (anche loro sono tanti) a tutt’altro: la presenza dei gabbiani è infatti, da decenni, legata alle discariche e in genere alla presenza di rifiuti. Quei bianchi uccelli di mare alle onde alle correnti agli spruzzi di salmastro non pensano più tanto. Anzi, se ne distaccano volentieri se a loro disposizione è una grande quantità di cibo. Ed essendo onnivori (forse anche cannibali) per i gabbiani è cibo tutto quanto sia commestibile, vivo o putrefatto.

In somma: i gabbiani a Ragusa non sono per nulla simbolo romantico di libero pensiero in libero territorio, ma ingombrante simbolo di sporcizia, abbandono, degrado (certamente ambientale, chissà se anche sociale).

Non voglio appartenere a nessuna delle due scuole di pensiero. Spero furbescamente che finita, spero prestissimo, la fase pandemica, potremo salutare gli eredi di Jonathan Livingston come abbiamo sempre fatto: con le lacrime agli occhi i romantici e con brutte parole i prosaici.

 

Saro Distefano

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry