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  • Rubrica: Ti cuntu 'n-cuntu...

All’affaccio con il lungomare, nel cuore di Ortigia, abitava ‘Nzina, vedova ri cumpari  Gnaziu Crivellu...

U puvureddu, nu jornu, senza sapiri picchì e pi comu, l’avevano trovato mortu sticchitu nel suo letto, lasciando la giovane moglie povera e pazza.

‘Nzina, ancora cu tutti u sentimentu, na bella fimmina era. Ciànchi larghi e petto a palombina, quannu passava tutti si giravano a talialla, ma lei tirava po falagnu so e non badava alle malelingue lunghe che inevitabilmente giravano sulla sua persona.

Sarà perché quando il suo sguardo cadeva su qualcuno a lei non piacente, a questo poverino gli capitavano guai calati ro cielo. È un guaio a uno, e un guaio a un altro, si aggiudicó la fama di majara e nun fu fama ca si potti luvari. Ma a idda ci cunvineva. Il suo era diventato un mestiere con tutti i carismi, con apertura a una data ora e con la domenica come chiusura settimanale e il viavai era continuo. A contattarla venivano pure dalla borgata e la sua notorietà ormai era divenuta proverbiale.

Da lei accorrevano mogli che pensavano di essere tradite, madri che speravano un buon partito per le figlie, sortilegi malvagi per presunte amanti, fatture e malocchi per vicine impiccione e per pretendenti scomodi. Il suo repertorio era vasto e sconfinato.

Per ogni problema, aveva una jettatura bella e pronta e ce n’erano per tutti e per tutti c’era una formula fissa che ‘Nzina recitava a menadito con profusione di particolari, una cantilena che, a sentirla oggi, sicuramente avrebbe scappato più di un sorriso. Fatto sta che a fare quel mestiere proprio le conveniva. Ad ogni “consulenza”, diciamo così, riceveva soldoni sonanti e chi non poteva pagare, ricambiava con uova fresche, gallinelle ruspanti e capponi oppure con formaggi e salsicce.

Pi tutti era a majara ro lungomari e sempre sola era, perché nessuno voleva unirsi a lei. La scansavano come se avesse la peste e più lei rimaneva sola, più si inacidiva e sputava sentenze a destra e a manca. E più si incattiviva, più la additavano come a majara.

Era il tempo in cui si credeva alle superstizioni e si dava credito ai pregiudizi e alle dicerie, quando non si spiegava il motivo di certe situazioni, quando le persone volevano a tutti i costi cercare un capro espiatorio. Tempi bui.

Oggi fortunatamente è finita la caccia alle streghe, gli uomini si sono “illuminati”, hanno acquisito un raziocinio consapevole, si spera. Nessuno più crede alle fattucchiere e ai ciarlatani di turno e della majara del lungomare, nun si seppe più niente.

Si dice che fu vista, per l’ultima volta, in una notte di luna piena che vagava tra le viuzze di Ortigia…

 

Gabriella Fortuna

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry