Ragusa e dintorni
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Ragusa, 12 gennaio 2015 – “A perenne ricordo dei concittadini e delle maestranze che ricostruirono la città lasciando ai posteri testimonianze di assoluta magnificenza”. 

Questa frase è stata riportata nella targa installata nel sagrato della Chiesa di Santa Maria delle Scale, ieri mattina, in occasione della cerimonia di commemorazione del 322° anniversario del sisma dell'11 gennaio 1693, che distrusse oltre 60 città del Val di Noto e provocò oltre 5.000 morti nella città di Ragusa, su una popolazione di quasi 10.000 abitanti. 

Una cerimonia che ha visto la partecipazione delle massime autorità civili e religiose cittadine e la presenza della  Banda di San Giorgio. “Il ricordo di un evento terribile - ha dichiarato nel suo intervento il sindaco Federico Piccitto - che segnò una svolta epocale per la nostra città e per il nostro territorio, non è solo doveroso, ma soprattutto utile. Una memoria che va assolutamente difesa e diffusa tra i più giovani, ed in particolare nelle scuole, perché rappresenta la testimonianza più efficace della grande forza iblea di risorgere contro ogni avversità. 

Da quel momento, così tragico a livello sociale ed economico, infatti, i nostri avi furono capaci di programmare un nuovo futuro urbanistico, architettonico e sociale per la nostra città, con scelte lungimiranti ed innovative. Alle associazioni giovanili attive nella nostra comunità, le quali hanno saputo incarnare un bisogno diffuso profondendo il massimo impegno per la realizzazione di questa giornata, va quindi il ringraziamento e la riconoscenza della città”. La cerimonia è stata aperta dalla ricostruzione storica dei danni provocati dal terribile evento sismico, che registrò, secondo le cronache, scosse d'intensità pari o superiori all'11° grado della Scala Mercalli. 

Subito dopo l'intervento del primo cittadino, il regista ed autore Gianni Battaglia ha offerto una rilettura di alcuni "frammenti" originali delle cronache dell'epoca, con il racconto degli effetti dell'evento sismico sulla popolazione nei giorni successivi al terremoto. Il  prefetto Annunziato Vardè  ha inteso sottolineare “il fervore culturale ed artistico che trasformò, dopo il sisma del 1693, l'intero Val di Noto, ed in particolare la città di Ragusa. Per la ricostruzione infatti furono mobilitati i migliori professionisti dell'epoca, dimostrando così la forza d'animo della comunità iblea, che fu in grado, nonostante i lutti immani subiti a causa del terremoto, di reagire cambiando il volto, e di conseguenza la storia, della città". Il vescovo Paolo Urso, che ha chiuso la cerimonia con un momento di preghiera in cui ha impartito la benedizione alla città ed ai suoi abitanti, ha richiamato “la necessità di un rinnovamento dei valori positivi sui cui si fonda la nostra città, testimoniati dalla capacità di reazione della comunità iblea dopo l'esperienza, sconfortante e tremenda, del terremoto del 1693”. 

I rappresentanti dell'associazione Youpolis, Simone Digrandi, ed Ideology, Giovanni Criscione, che hanno organizzato la giornata con il coinvolgimento di altre realtà associative, hanno illustrato, nei rispettivi interventi, i motivi principali della commemorazione, “che non può rimanere - ha spiegato Criscione - un caso isolato, ma deve essere utilizzato come esempio ed insegnamento per tutti”. Sulla stessa linea anche l'intervento di Digrandi: “Abbiamo intitolato questa giornata "la memoria e l'orgoglio”. Un modello che noi giovani, in quanto membri di questa comunità, dobbiamo fare nostro, non arrestandoci di fronte alle difficoltà, ma amando i nostri luoghi e contribuendo, insieme, alla crescita della nostra città”. 

L'impegno delle associazioni giovanili è stato salutato con soddisfazione dal presidente del consiglio comunale, Giovanni Iacono, il quale ha ribadito come “il rispetto e la conoscenza profonda della storia della nostra città, è motivo di speranza e di ottimismo per il futuro della comunità iblea. Una realtà che, a partire dai propri giovani, mostra un profondo rispetto per la tradizione, la cultura e la storia del proprio territorio e che  può proiettarsi verso il futuro con fiducia, ottimismo ed entusiasmo rinnovato, superando le criticità che la circondano”.

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry