Ragusa e dintorni
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Ragusa, 13 gennaio 2017 – A Ragusa Ibla, nei pressi del portale di San Giorgio, si è tenuta la cerimonia civile, in ricordo di quanto accadde 300 anni fa: ovvero il terremoto del 1693, che pare essere stato l’evento catastrofico di maggiori dimensioni che colpì la Sicilia orientale, da Scicli a Catania, causando la morte di circa 60000 persone e il crollo delle abitazioni e delle chiese.

Un evento che per Ragusa e per tutta l’isola è stato un avvenimento tragico, che ha sconvolto tutto il sud-est della Sicilia e che portò tanti disagi e difficoltà, difficoltà anche per il futuro, per capire come ricostruire un territorio completamente raso al suolo.

Il 1693 è una data storica, rappresenta la fine di una civiltà e l’inizio di una nuova era. Una data che ha segnato la storia della comunità e delle nostre zone, sul piano storico, culturale, artistico e architettonico.

Un momento terribile ma anche di profonda unione, perché proprio da lì la città di Ragusa è riuscita a ripartire, costruendo ciò che era andato distrutto, creando una delle zone più suggestive, ovvero un sito tardo barocco impiantato su una struttura medievale.

Alla cerimonia hanno partecipato il sindaco Piccitto, il vescovo Carmelo Cuttitta, Padre Floridia, la dottoressa Maria Rita Cocciufa (Prefettura), Simone Digrandi, presidente di Youpolis, Giovanni Gurrieri, direttore di Sudtourism, con la partecipazione delle classi delle scuole medie di Ragusa.

La cerimonia si è svolta nei pressi del portale di San Giorgio, il luogo più significativo per commemorare questo evento, in quanto il portale è il simbolo della cultura ragusana pre-terremoto, una testimonianza di ciò che è rimasto.

Un incontro dunque che è un omaggio annuale ad un momento che ha rivoluzionato la storia, a chi nel terremoto ha perso la vita, a chi ha saputo ricostruire la Ragusa che oggi amiamo e viviamo. Perché ai giorni nostri ci si possa interrogare sul senso del ricostruire e del rinascere, sull’esempio dei nostri predecessori.

 

Lucia Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry