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Ragusa, 8 aprile 2015 – Due giorni fa, Lunedì dell’Angelo, tra un’impanata di agnello e un bicchierino di vino, ho avuto l’opportunità di conoscere un atleta promettente, di quelli, come del resto ce ne son pochi, che hanno davanti a sé una luminosa carriera in campo sportivo.

Un atleta che, nonostante la giovane età, ha le idee molto chiare sul suo presente e, soprattutto, sul suo futuro.

È Carmelo Iurato (1994), nato a Santa Croce Camerina, un giovane con la passione per il basket, una passione diventata in seguito un lavoro.

La sua storia mi ha incuriosito, in quanto Carmelo, sottoponendosi a frequenti allenamenti (dapprima semplici e, poi, sempre più professionali) pomeridiani, è riuscito ad emergere, farsi conoscere per le sue qualità e diventare una promessa per il basket.

 

Gli abbiamo posto alcune domande per i lettori di Ondaiblea.

 

Oltre alla prestanza fisica (altezza 1.92 m) che ti permette di svolgere questo tipo di sport, cosa ti ha spinto a dedicarti completamente al basket?

“Ho sempre avuto una predilezione per lo sport, in particolare per il basket. Inoltre ho iniziato a quattro anni a giocare, quindi ero ancora un piccolo ometto. Il basket è stato per me una sorta di fedele ‘compagno di banco’ che mi ha accompagnato in tutti questi anni”.

 

Fino ad ora, la tua carriera è stata un crescendo di successi…

“Sì. A dodici anni ho iniziato i campionati, ho ricevuto chiamate da squadre importanti e a diciassette anni sono diventato capitano della squadra del Ragusa in C 1”.

 

L’attività sportiva ti porta anche fuori dall’amata Sicilia?

“Circa quattro anni fa, tramite un procuratore di Bologna, ho firmato un contratto per giocare ad Avellino in A 1”.

 

Come hai fatto a conciliare gli impegni scolastici?

“Trovandomi ad Avellino, non potevo ritornare a Ragusa per prendere il diploma. Così, l’ultimo anno di scuola superiore l’ho completato in quella città, purtroppo lontano dai miei compagni di scuola che mi avevano accompagnato duranti gli anni liceali effettuati nel capoluogo ibleo”.

 

Per avere una carriera brillante come la tua, hai dovuto lasciare i tuoi compagni di classe, i tuoi amici e, soprattutto, la tua famiglia. Qual è il tuo rapporto con tuo padre?

“Mio padre è il mio punto di riferimento. Grazie a lui sono arrivato fin qui. Lui è la prima persona che mi chiama prima di una partita per sostenermi e il primo che mi chiama dopo la partita”.

 

E qual è il tuo rapporto con il pubblico che ti guarda mentre giochi?

“Domanda difficile… Prima di ogni partita, ho sempre un po’ di tensione; perché so che ci sono obbiettivi da raggiungere e persone da non deludere, primo tra tutti mio padre e, a seguire, il mio allenatore. Quando scendo in campo e vedo il pubblico che grida il mio nome o sento il coro ‘Iurato, uno di noi!’, è una grande soddisfazione per me, Tutto ciò ma dà la carica giusta per fare canestro e creare una buona sinergia anche con i miei compagni di squadra”.

 

Attualmente sei ancora ad Avellino?

“Attualmente sono inserito nella squadra di Agropoli (vicino Salerno), in serie B, in attesa di raggiungere il podio, ovvero A 2”.

 

In bocca al lupo allora!

 

Ultima domanda e poi ti lascio alla tua impanata di agnello. Hai girato varie città, sei andato in giro per l’Italia, dunque hai attraversato lo Stretto tane volte. Ti manca la Sicilia?

“La Sicilia è unica, impareggiabile! Però è anche vero che in alcuni settori, come il mio, non si può rimanere nell’ambito della propria città, se si vuole crescere nel proprio settore sportivo, è necessario potenziare le capacità e farsi conoscere”.

È il caso di citare il vecchio adagio siciliano “Cu nesci, arrinesci” [chi esce, riesce, ovvero chi esce, chi si muove, riesce a raggiungere i propri obbiettivi, ndr].

 

Lucia Nativo

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry