Cultura
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  • Argomento: Narrativa

Ragusa, 24 giugno 2020 — In estate, si sa, si naviga “zig-zagando” da un sito all’altro e, non di rado, si è colpiti da riflessioni, pensieri nostrani che fanno sorridere. Ma imbattersi in un racconto che non solo è piacevole ma è anche di gradevole approccio, non è cosa di tutti i giorni. Soprattutto se il racconto tratta di argomenti che sembrano essere sfilati dalla manica del soprabito della nonna. Uno di quei racconti che non solo hanno un sapore antico ma anche una carica coinvolgente nella narrazione che si presente scorrevole, articolata, ammaliante nei suoi risvolti. In buona sostanza, non un racconto sprigionato dalla mente del soggetto ideatore come puro divertissement, ma costruito rigo su rigo con quel sorriso sornione che accompagna il lettore fino alla fine della vicenda. E poi, se il tutto è ben condito con un quid che trae linfa vitale dal “cuntu” il gioco è fatto.

La narrazione diventa quasi gioco di parola il cui ritmo si trasforma in immagini che stimolano ricordi antichi. Una dimensione altra in cui il lettore è permanentemente avviluppato. Queste, in estrema sintesi, le impressioni che si toccano quasi con mano leggendo uno di quei racconti brevi sapientemente inseriti nelle pagine web della scrittrice sciclitana Maria Carmela Micciché. Tenendo aperta la finestra del suo studiolo su uno sfondo panoramico che abbraccia aria, terra, mare, cielo, l’autrice trae la giusta ispirazione per mettere nero su bianco delle impeccabili magiche sinfonie letterarie rese vivide dai suoi personaggi.

Fresco di scrittura è il racconto breve dal titolo “Cicciuzzu u luoccu” dove l’utilizzo di forme dialettali introducono in una dimensione temporale, sicuramente, dimenticata dalle nuove generazioni e rappresentano un “ripasso” per i meno giovani. L’impalcatura narrativa, fluida, sobria e, al contempo, ricca di saggezza antica è sapientemente velata da mimica e gestualità siciliana la cui essenza cela mille parole. La parlata dialettale inserita in determinati punti del testo (con l’uso anche di qualche allitterazione che evoca delle sensazioni provate dai personaggi e ribaltate nell’animo del lettore; es.: «scontato lo scotto») si presenta come una sorta di carezza dell’attimo destinato a rimanere eterno nella parola. 

 

Giuseppe Nativo

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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