Cultura
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  • Argomento: Mitologia

Siracusa è un’opera d’arte, un gioiello unico, una rarità che i greci hanno voluto tramandarci per godere di quella bellezza che il mondo ci invidia. In questa estate 2023 non manca nessuno.

 

Americani, inglesi, tedeschi, giapponesi. La popolazione del mondo a Siracusa alla ricerca di un vicolo pittoresco, un fregio antico, una gargolla, una pietra dalle antiche origini e il mare, stupendo con i riflessi del sole solcato dalle barche a vela. Un crocevia di culture si incontra a Ortigia, isoletta magica la cui grandezza sovrasta i confini del Mediterraneo e si impone al mondo intero. Tutto viene fotografato per immortalare la  vacanza da sogno in una tra le più belle mete del panorama vacanziero. Perché a Siracusa non manca nulla. La città si afferma con tutta la sua classicità e si propone in tutto il suo splendore decantando innumerevoli posti da visitare che lasciano, per dirla alla siracusana, senza ciatu.

È una signora tutta da ammirare perché ha tanto da scoprire. Ha un fascino tutto suo, un carattere inebriante, un’anima travolgente e chi la guarda non può che ubriacarsene insieme ai suoi miti e alle sue leggende perché lei, come una aristocratica signora che se la tira, conserva e custodisce un patrimonio unico al mondo. Siracusa è anche la città dei miti raccontati da Ovidio e da Apuleio che ce li tramandano con perizia di particolari e che ci fanno capire che, passano i millenni, ma certe storie si ripetono inesorabilmente e a farne le spese sono sempre le donne, dee o ninfe che siano. Molti miti hanno similitudini comuni e anche gli epiloghi non sono da meno perché il “gentil sesso” ha sempre, pare, la peggio.

È quello che è successo a Dafne, la bellissima ninfa, figlia di Gea e del fiume Peneo, la quale era solita passeggiare tra le rive dei fiumi con le altre ancelle sue amiche e proprio durante un pomeriggio afoso, s’imbattè in Apollo, figlio del grande Zeus, che rimase ammaliato dalla sua bellezza.

Apollo, come sempre, si vantava con tutti di quanto fosse bravo bello aitante e capace, così come si confaceva al figlio di un dio e per questa sua felice condizione si sentiva in dovere di prendere in giro tutti. Eros, il dio dell’amore, un bravo ragazzo che non sopportava le soverchierie e l’atteggiamento spocchioso di Apollo, decise di dargli una bella lezione scagliandogli una freccia d’oro capace di farlo innamorare alla follia della prima persona che avesse incontrato. Il caso o meglio la Moira, volle che la prima persona che vide fu proprio Dafne, ma Eros che non era uno sprovveduto, lanciò un dardo di ferro a Dafne con l’intento di farle rifiutare l’amore di Apollo, così cominciò a scappare per sfuggire alle avance imbarazzanti che risultavano sempre più insistenti e che non si fermarono neanche alle suppliche e alle lacrime della giovane vergine.

La poverina stanca e avvilita delle persecuzioni di Apollo, proprio come successe ad Aretusa, chiese aiuto e Gea, sua madre, la quale per sottrarla alla bramosia del maschio fumantino Apollo, la trasformò in un bellissimo imponente albero, il Laurus nobilis. Ad Apollo non restò altro che abbracciare la bellissima pianta e decretò che le sue foglie sempreverdi dovevano ornare le teste dei vincitori e dei poeti in segno di gloria e di solennità, così come maestoso era stato il suo amore per Dafne.

«Il dio conficca la freccia plumbea nel cuore di Dafne, con la freccia dorata ferisce il cuore di Apollo: immediatamente uno ama, l’altra fugge chi l’ama. Apollo arde per la passione e, desideroso di unirsi a lei, nutre un amore sterile. Dafne fugge e non s’arresta alle parole del dio e la fuga ne aumenta la bellezza.» (Ovidio, Metamorfosi)

Gabriella Fortuna

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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