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Brautproben. Recensione a Friedrich August Schulze, “Fidanzate alla prova”, a cura di Aldo Setaioli, Marietti 1820 (Salvo Micciché)

 

[Recensione pubblicata anche su "La Sicilia" del 17.02.2022, p. 15]

 

Redigere un “catalogo delle fidanzate” oggigiorno farebbe sorridere, ma certo non era così a Berlino nel 1819 quando Friedrich August Schulze (noto anche come Friedrich Laun o Felix Wohlgemuth o ancora Heinrich Spieß) scrisse uno spassoso romanzo intitolato appunto Brautproben (“Fidanzate alla prova”), un romanzo in cui il protagonista, Max, dottore in medicina non praticante di circa 40 anni, viene messo alle strette dal padre che giura che lo diserederà se non si sposa entro un anno.

Il catalogo non è certo quello di Figaro nell’opera. È quello messo su dal fedele servitore Niklas che raccoglie informazioni sulle belle signorine e le vedove della città perché serva da traccia al “signor dottore” per trovare l’anima gemella in breve tempo. A dire il vero, non è che Max non ami le donne, anzi; ma egli intende il matrimonio come un affare e prima di trovare l’affare migliore vuole riflettere, forse un po’ a lungo, tanto da indurre il padre al giuramento e alla quasi minaccia sull’eredità.

Il romanzo è stato recentemente tradotto in italiano da Aldo Setaioli, professore emerito dell’Università degli Studi di Perugia, noto per le sue tante pubblicazioni di filologia classica e in particolare su Seneca e altri autori latini, di cui ha tradotto scritti noti e meno noti. Non esisteva sinora una traduzione in italiano, e l’editore Marietti 1820, con lungimiranza, l’ha pubblicata, a cura del prof. Setaioli, nel mese di ottobre 2021.

L’autore di "Brautproben" è, come detto, Friedrich A. Schulze che visse a Dresda dal 1770 al 1849. Egli frequentò la Kreuzschule di Dresda, la stessa frequentata da Richard Wagner, e poi si scrisse all’Università e per mantenersi gli studi scrisse varie opere, tra cui, nel 1800 Der Mann auf Freierfüßen (L’uomo in veste di pretendente). Nel 1802 si traferì a Berlino grazie all’invito del suo editore e là conobbe alcuni fra i maggiori intellettuali tedeschi del tempo, da Fichte ai fratelli Schlegel, August Apel, Tieck ed altri, fino a Goethe, che ammirava sino a desiderare di trasferirsi a Weimar. Nel 1817 sposò una donna semplice, lui di buona famiglia, ed ebbero alcuni figli, tra cui ne sopravvissero due. Intanto collaborò con varie riviste. Purtroppo, nota Aldo Setaioli, oggi la sua opera è quasi del tutto dimenticata, ad eccezione del suo Gespensterbuch (il Libro dei fantasmi), ed è un vero peccato perché a leggere i suoi Memoiren o le sue Gesammelte Schriften si impara molto sulla società del tempo, sulla storia europea e su tanto altro.

Ma torniamo al romanzo tradotto da Aldo Setaioli.

Uno spaccato della vita della borghesia tedesca che da poco si è, tra l’altro, liberata dall’influenza francese, grazie alla Restaurazione dopo la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna. I personaggi dispongono di servitù, si danno del Lei (anche tra padre e figlio), c’è il massimo rispetto per le donne, anche se, tipico del tempo, il matrimonio a volte viene visto con sospetto, con attenzione alle femminee “mille trappole” (se vogliamo citare ancora il Barbiere di Siviglia di Rossini), insomma un'atmosfera che qualcuno definirebbe "piccolo borghese" (ma noi toglieremmo il "piccolo"). Del protagonista si scopre il nome, Max, quasi alla fine del romanzo; il padre (di cui mai viene fatto il nome) è presente a inizio e fine, ma nella parte centrale è il fedele servitore Niklas che in parte lo sostituisce come una specie di padre vicario. Max è assai simile a Schulze (tentata autobiografia?): si sposa a 40 anni (l’Autore a 47, due anni prima di scrivere il romanzo), entrambi scelgono spose assai più giovani di loro, e le similitudini non finiscono qui.

È un romanzo contemporaneo allo sviluppo del Romanticismo, ma, come nota Setaioli, non pare contenerne traccia; per Max il matrimonio è un affare e un modo per onorare la volontà del caro padre: non può rimanere più “scapolone” altrimenti verrebbe diseredato; per cui si lascia convincere dal fido Niklas a scorrere il “catalogo” e scegliere una sposa. Ma questo metodo del “catalogo” è assurdo, e sarà lo stesso Niklas a bruciare il catalogo, per ripicca. I capitoli vengono nominati con un numero di prova, per cui si hanno prima sei prove, poi un Intermezzo e alla fine il capitolo cumulativo “Settima, ottava e nona prova” con un finale a sorpresa (anche riguardo allo stesso “catalogo”). Va letto, non aggiungeremo altri dettagli, va letto perché bello, piacevole, istruttivo di una cultura mittleeuropea che è tedesca ma anche nostra, ottocentesca ma anche attuale.

Un romanzo ameno, a volte spassoso, che impressiona il lettore con sottile ironia, come quando il protagonista nota che il barboncino che ogni giorno gli porta le lettere «non le apre per leggerle», e pure con fini citazioni di brocardi e detti latini, come quell’«Experto crede Ruperto» – che si è spesso voluto riportare al medievale Ruperto di Deutz (1075-1129) – citato dal servitore Niklas che pure aveva frequentato l’università ed era molto istruito (servitore - precettore).

Le donne, si diceva (su quelle vorremmo scrivere fiumi di parole): si va dalla volubile Elise alla “poetessa” Bertha che tortura le farfalle, alle vedove Tina ed Helena, all’enigmatica Therese, alla lunatica Laura con il suo scoiattolo (rompiscatole e segno del destino). Bisogna leggere il romanzo interamente per capire perché, nonostante il rispetto di Max per tutte, solo una sarà la prescelta, e, ovviamente, non sarà detto in questa recensione il perché (no spoiler here).

È un libro interessante, piacevole anche a nostri giorni e bene ha fatto Aldo Setaioli a tradurlo e siamo grati all’editore Marietti 1820 per averlo pubblicato.

 

Salvo Micciché

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry