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  • Autore: Michael von Albrecht
  • Editore: Lorenzo de' Medici Press
  • Titolo: La scimmia di Heidelberg

Michael von Albrecht, La scimmia di Heidelberg, Lorenzo de' Medici Press, Firenze, 2024. Traduzione, introduzione e appendice a cura di Aldo Setaioli

 

Michael von Albrecht, professore emerito dell’Università di Heidelberg, nel 1989 ha dato alle stampe una pubblicazione breve ma interessante: il volume Scripta Latina (Frankfurt am Main, pp. 91-124), poi ripubblicata nel 2004 sotto il titolo De simia Heidelbergensi, ma in realtà scritta anche prima del 1989.

Aldo Setaioli, professore emerito dell’Università di Perugia, recentemente ha tradotto l’opera di von Albrecht in italiano.

Di quale “simia”, scimmia, si tratta? Della famosa scimmia, statua in bronzo, all’ingresso della Alte Brüche di Heidelberg. La scimmia, che nel volume compare come protagonista all’inizio e alla fine, è lo specchio dell’Asino di Apuleio nelle Metamorfosi, con riferimento alle avventure di Lucio, protagonista delle stesse Metamorfosi, ma in chiave moderna. La scimmia di Heidelber offre ai visitatori uno specchio, invitando a vedersi come si è realmente, se se ne è capaci.

La scimmia, dunque, in una lettera ad Attico, l’amico caro di Cicerone, afferma di essere il narratore di una storia, però, in fin dei conti incarica della redazione di questa storia il professor Aridus affinché la scriva in chiare lettere. Appare chiaro che Aridus è lo stesso Michael von Albrecht, forse meno noto può essere il fatto che questo “pseudonimo” si rifà alle sabbie di Sandhausen, in Heidelberg, dove, tra l’altro, egli risiede.

In un ottimo ed elegante latino leggiamo una storia che suscita umorismo e fantasia, nonché ampie citazioni ai testi classici. La traduzione di Aldo Setaioli è impeccabile, e noi ne conosciamo già le doti di traduttore, non solo dal suo caro latino, ma anche dal tedesco, dall’inglese ed anche dal coreano, avendo egli insegnato anche all’estero.

La scimmia appare ridicola, ma è invece saggia e prova a descrivere le storture del mondo, è censore delle peggiori qualità del mondo contemporaneo, in particolare nelle sue manifestazioni materialistiche, capitalistiche, e di sottomissione ad una tecnologia “padrona” che non si ferma all’utilità ma vuole dominare gli abitanti del mondo.

Due personaggi particolari sono protagonisti di questo racconto: da un lato una vacca nutrita, pulita, munta da una macchina, sempre sotto l’effetto psichedelico della musica di Bach, soprattutto contenta, e assai, di essere incatenata e sempre rinchiusa in quella stalla, bella, asettica, ma sempre stalla; dall’altro un oppressore, il Magister Societatis Socitetatum, che, non a caso, Setaioli traduce con il termine “Superboss”, personaggio “senex” cui volutamente si sottomette una folla di “schiavi digitali”..

Per Lucio-Scimmia la vacca dovrebbe stare nei prati, in spazi aperti, e a lei si rivolge con la poetica che allude a Ovidio ed Omero. Ma la vacca, «non diversamente dai prigionieri del mito della caverna di Platone», scrive Setaioli, si illude che è bello, troppo bello, essere nutrita là, incatenata ma con la musica di Bach…

La vacca rappresenta una società di esseri senza caratteri, uniformi e anonimi in un mondo in cui il capitalismo rende tutti pedine di un sistema teso solo a far soldi.

Il professore Superboss è il manovratore di questa macchina della moderna schiavitù. Una macchina che toglie dignità e personalità, rendendo tutti ingranaggi senza distinzione alcuna.

Ma ci si può liberare dalla schiavitù? Si potrebbe. Ma serve una password con cui accedere ad un computer. Questa è una frase in latino. Ma Superboss ha fatto bandire frase e latino dall’insegnamento scolastico.

Altri personaggi: Felice, che non è per niente felice, e la sua amata Candida, che, non conoscendo la password, diventa schiava di Superboss. Basterebbe conoscere il latino, dunque, che, citando il titolo dell’ultima poesia induce sempre ad un pensiero indipendente: stans iudicio suo

La scimmia potrà salvare il mondo, con la sua cultura classica e con la conoscenza del latino, essa fa aprire gli occhi alle “vacche contente” di una falsa felicità.

Aridus (von Albrecht) dedica questa raccolta di poesie a Valafrido.

Curiosi anche i titoli dei libri in cui è divisa l’opera (alla latina), a cominciare dal primo «Perché sono diventato una scimmia …o “ostetrica filosofica”» (Cur simius factus sim qui et μαιευτικός) fino a «Il vero sapere, o “la critica”».

Uno spassoso libretto di 102 pagine pubblicato dall’editore Lorenzo de’ Medici Press, la cui lettura fa divertire ma anche pensare, se è ancora lecito pensare in una società sempre più appiattita sulla “condivisione” di inutilità varie…

Salvo Micciché

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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