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  • Rubrica: Curiosando

Ci danno da mangiare, e solo cibi che fanno bene alla nostra salute. Sono i fruttivendoli.

Tra l’altro sono tra i pochi esercenti che resistono alla travolgente cavalcata della grande distribuzione. Vero, nei supermercati c’è sempre un reparto frutta e verdura; e sovente è anche ottimo per rapporto qualità/prezzo; e in alcuni di questi supermercati c’è un addetto molto gentile e competente.

Ma il fruttivendolo di quartiere è un’altra cosa. Non si offenda nessuno. Quelle cassette esposte sul marciapiede, quelle scritte sulla carta paglia col pennarello che parte grosso a sinistra per finire piccolissimo a destra. Il prezzo in euro con o senza virgola che tanto nessuno lo guarda perché poi – a differenza del codice a barre del supermercato – il prezzo lo si stabilisce alla cassa, con la rituale “pattiata” termine siciliano non traducibile[1].

Viva i fruttivendoli. Che oltre a darci da mangiare arricchiscono la città di colori e ombrelloni, di grida (per quei pochi che ancora si esibiscono con la “vanniata”, anch’essa non traducibile[2]) e di cassette.

Ecco, a proposito delle cassette che contengono pere e mele, banane e finocchi, arance e limoni, prugne e susine, zucchine e meloni. Vi siete mai chiesti – e se vi siete dati una risposta vi prego di condividerla per chi come me non l’ha mai trovata – sul perché i fruttivendoli passano gran parte delle loro giornate a spostare la frutta e la verdura da una cassetta all’altra. In continuazione. Fateci caso: piegati sulle cassette, spostano le pere. Finito, passano alle zucchine. Sempre. In continuazione. Credo proprio che una spiegazione ci sia. Cerchiamola.

 

Saro Distefano

 

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[1] A meno di renderlo con “patteggiamento”.

[2] Sempre a meno di rendere il termine con la locuzione “gridando a cantilena la ‘roba’ si vende”.

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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