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  • Rubrica: Incontro con l`arte (Michele Digrandi)

Michele Digrandi: Genesi n. 3 – Acrilico su tela cm. 18x24 (1988) — Primo piano – Acrilico su tela cm. 30,4x40,3 (1990)

Lo sguardo assoluto che conquista il campo visivo, si ammanta della malìa della terra di Sicilia, elevandola ad emblema di natura tout court, quindi non più anagraficamente connotativa. Si direbbe che l’Eden perduto sia passato in Trinacria, che l’origine dell’opulenza abbia albergato nella terra che l’artista Michele Digrandi recupera come “spazio dell’anima” e favoleggia come approdo della bellezza incontaminata.

In principio era... il colore della vita e la seduzione coniugava natura, vegetazione, fioritura alberi e “mele”, nell’unico veicolo di arabeschi cromatici, di cui un pittore si è reso erede, diramando proclami cromatici d’appartenenza, quelli che ingigantiscono elementi primari, sul tessuto di un orizzonte comprensivo della coralità estetica. 

 

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Doppio piano di osservazione quindi, dove la “mela” come simbolo di opulenza si avvale del diritto della metafora, come idea della “conoscenza”, come emblema del “paradiso perduto”, come frutto pagano a cui Paride demanda il testimone della scelta di bellezza nel dilemma di Venere, Giunone e Minerva.

La pittura di Michele Digrandi, concettualmente legata “all’incipit” della Genesi, contestualizza la sua terra, come scenario e ridona la lussureggiante bellezza dei suoi paesaggi, della sua storia archeologica, ai riverberanti motivi che giocando di simboli, traducono la forma di un albero alla “mappa” della sua Sicilia, il cromatismo vibrante delle sue forme iperrealiste, al dato impressionistico di sfondo.

Una sorta d’intelligente contaminazione colta dei generi, per esprimere la sua evidente qualità pittorica, fatta d’impaginazioni ardite, di tagli prospettici legati alla lezione della “nuova figurazione”, con alchimie cromatiche che spaziano dall’olio al pastello, al “riporto”, ad altre tecniche.

 

Giovanni Amodio

 

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Articoli tratti da:

Meridiano Sud (Bari), del 15 aprile 1994, p. 9

Tarantosera (Taranto) del 24 marzo 1994, Anno III n. 64, p. 4

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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