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“Bisogna adunque, che un prudente, e sufficiente mastro Cuoco, per quanto io dalla lunga esperienza in molto tempo ho compreso volendo havere buon principio, miglior mezzo, & ottimo fine, e sempre honore della sua opera, faccia come un giudizioso Architetto. Il quale dopo il suo giusto disegno, stabilisce un forte fondamento, e sopra quello dona al mondo utili, e maravigliosi edificii; il disegno del Cuoco ha da essere il bello, e sicuro ordine, causato dall'isperienze della quale ha d’havere…”. 

 

Parole sobrie ma sicure e sintetiche nel loro intrinseco significato. Riflessioni dettate da un’esperienza ultradecennale nel campo dell’antica arte culinaria. E’ il colloquio tra il “mastro cuoco” e il suo discepolo. Si tratta di un testo, in forma di dialogo, pubblicato nel cinquecentesco volume di Bartolomeo Scappi.

 

Chi era costui? La tematica è stata recentemente oggetto di riflessioni da parte dell’Accademia Italiana della Cucina (delegazione di Caltagirone), in collaborazione con Museo d’Arte Contemporanea MACC e Istituto IIS “C.A. Dalla Chiesa” di Caltagirone (sede IPSSAR Mineo) nell’ambito della rassegna annuale Arte e Cucina, giunta quest’anno alla XIV edizione. A relazionare sulla figura di Bartolomeo Scappi nonché sui correlati aspetti storico-gastronomici è stato Francesco Lucania, bibliotecario, fotografo, scrittore, torinese di adozione e con Dna spiccatamente siciliano. E’ autore di vari saggi sulla storia del mutuo soccorso, sulla cucina e gastronomia (fra cui, Bartolomeo Scappi e l'arte della cucina; libro “Il Cioccolato. Storia, curiosità, ricette, maestri”, 2013). 

Fino a qualche decennio fa incerte erano le origini dello Scappi. Il ritrovamento di una lapide nella chiesa di Runo di Dumenza sul lago Maggiore, nel luinese, in territorio varesotto, sembra dare credibilità all’ipotesi di una sua origine lombarda. 

“Il fatto che si sia potuto ritenere Scappi, ora di origini venete, ora di origini bolognese, e, infine, correttamente, di origini lombarde – spiega Lucania – testimonia la poliedricità della sua cultura, la capacità di guardare in ogni direzione e di raccogliere usi e tradizioni diverse, riuscendo in qualche modo ad amalgamarli e riplasmarli”. 

 

Perché l’attualità di Bartolomeo Scappi? 

“Vi sono molti motivi, basta scorrere una parte del libro per comprenderlo. Va anche detto che oggi assistiamo ad un’inondazione di editoria gastronomica. Scaffali colmi di ricettari, pubblicazioni specializzate, numerose le riviste eno-gastronomiche. Moltissimi talk show. Indice di un fenomeno della società: meno si cucina, più la parola stampata e l’immagine del cibo acquistano un valore surrogante e vicariale. Pochi sono i libri di storia del settore gastronomico che riportano degli studi e ricerche”. 

 

Quali furono le capacità di tale illustre personaggio ancora oggi ricordato nel campo della gastronomia? 

“Bartolomeo Scappi fu cuoco di intensa capacità ma soprattutto lungimirante antesignano della tecnica di cucina. Allestitore di banchetti sontuosi e autore del famoso trattato di gastronomia del XVI secolo “Opera dell'arte del cucinare. Col quale si può ammaestrare qual si voglia cuoco, scalco, trinciante, o mastro di casa”. L'Opera può essere considerata anche un lavoro letterario imponente. Fu una personalità di notevole rilievo, valutabile alla medesima stregua d’altri più noti interpreti e testimoni della civiltà rinascimentale. Per la sua capacità di elaborare con i cibi delle vere e proprie sculture, che in tal guisa sembravano elementi vivi, veniva chiamato con l'appellativo “Il Michelangelo della cucina rinascimentale”. Scappi, fu capostipite (dopo Maestro Martino da Como) della grande tradizione dei cuochi dei laghi lombardi, rispettata ancora oggi”.

 

Qual è la particolarità della sua Opera che ha avuto un esito a stampa nel 1570? 

“Nel 1570, con almeno 35 anni di esperienza, Bartolomeo Scappi ottenne da papa Pio V il privilegio di pubblicare il suo trattato. Ne affidò la stampa al tipografo veneziano Michele Tramezzino. Il trattato ha delle evidenti finalità didattiche. Carattere questo assolutamente rivoluzionario per quell’epoca. Il mondo della cucina, infatti, era stato sempre caratterizzato dalla chiusura mentale dei vecchi cuochi che preferivano tenere nascosti i loro segreti. Non solo non avevano mai scritto le loro ricette, ma erano molto restii anche solo a parlarne. Il volume, suddiviso in sei libri, contiene: oltre mille ricette elencati, altrettanti gusti evocati, centinaia di suggerimenti pratici. Si tratta di un’opera completa nei suoi molteplici aspetti riguardanti l’arte del cucinare. In buona sostanza, un volume pensato e ragionato nella sua complessa articolazione e da cui è possibile trarre un vissuto attraverso la dura quotidianità dell’esperienza e della memoria di un cuoco. Il monumentale trattato – che nelle sue sezioni si presenta chiaro, articolato e preciso - ebbe una tale rinomanza da essere ristampato otto volte tra il XVI e XVII secolo”. 

 

Nel volume si trovano molte soluzioni tecniche della ristorazione e quindi insegnamenti di cucina, elencazioni di piatti, tecniche esclusive relative alla conservazione degli alimenti, dettagli per allestire banchetti e poi i primi cenni di cucina per persone ammalate e inferme (nozioni basilari di cucina dietetica) ed inoltre dotti elementi d’igiene. 

 

Da questo punto di vista Bartolomeo Scappi può essere considerato un precursore? 

“Scappi, sotto questo aspetto, resta un vero e proprio precursore, intuì, infatti, già allora, che da un buon tenore di vita (dieta mirata) aumenta il benessere e la conseguente qualità dell’esistenza umana e che l’ambiente dove è manipolato e cucinato il cibo deve essere, nei limiti del possibile, pulito e in ordine. Dal punto di vista strettamente tecnico, fu un autentico professionista, sia perché utilizzò i primi prodotti che arrivarono dalle lontane ‘americhe’, sia perché inventò delle soluzioni tecnico-pratiche, che sono ancora praticate tra i moderni operatori della ristorazione. L’infarinatura e l’impanatura, ad esempio, ma anche la sigillatura delle carni bianche e rosse prima della cottura”. 

 

L’Opera di Scappi apporta una innovazione in campo gastronomico? 

“Per quanto riguarda le numerosissime ricette che sono contenute all’interno dell’Opera, assistiamo ad una sostanziale innovazione rispetto alla cucina del medioevo caratterizzata dalla preponderante presenza di selvaggina (specie piumata). Scappi, nel suo manuale suggerisce anche l’uso delle carni da allevamento, quali il pollo, il manzo e il suino. Pensiamo a Scappi come ad un grande innovatore della gastronomia del tempo, infatti, il suo lavoro letterario si meritò ampio consenso e fu tenuto in considerazione per tanto tempo. Dopo la metà del Seicento avvenne un’inesorabile, ma continua involuzione della cucina italiana che fu surclassata da quella francese”.

 

L'Opera di Scappi, oltre ad essere un documento di assoluto interesse nella storia della cucina italiana, offre spunti non solo sugli aspetti biografici ma anche su uno dei momenti più importanti della vita della chiesa: la morte di un pontefice e l’elezione del suo successore. Ci può fornire qualche cenno? 

“Bartolomeo Scappi nacque a Dumenza, a circa 5 chilometri da Luino, tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo. Aveva una sorella di nome Caterina, la quale sposò un certo Nazeo Brioschi. Non sappiamo nulla sulla sua formazione, anche perché nell’Opera non accennerà mai ad un suo maestro. La prima notazione bibliografica del libro ci testimonia la presenza di Scappi a Venezia, al servizio del Cardinale Grimani (periodo che possiamo inquadrare tra il 1528 e il 1535). Dunque, è in quegli anni che va individuata la presenza di Scappi a Venezia. Nel 1536, invece, era sicuramente a Roma, al servizio del cardinale bolognese Lorenzo Campeggi. Il Campeggi fu legato papale in Inghilterra nella difficile missione diplomatica con Enrico VIII che voleva divorziare da Caterina d’Aragona. Il cardinale, ritornato a Roma, fece imbandire per Carlo V un sontuoso banchetto che è minuziosamente descritto nella sua Opera. Nel 1539, dopo il decesso del cardinale Campeggi, Scappi passò al servizio del cardinale Rodolfo Pio di Carpi. Doveva essere ancora al servizio di quest’ultimo quando ebbe l’incarico di somministrare i cibi ai cardinali giunti a Roma, in occasione del conclave, svoltosi tra il 29 novembre del 1549 e il 7 febbraio del 1550, dopo la morte di Paolo III, e dal quale sarebbe stato eletto papa Giulio III. Nell’appendice all’Opera avrebbe illustrato il servizio di mensa proprio in occasione di questa importantissima occasione. Scappi servì alla corte dei cardinali, fino a diventare cuoco “segreto” (ovvero “cuoco personale”), prima di Paolo III, poi di Pio IV (il Pontefice che portò a termine il 4 dicembre del 1563 il Concilio di Trento) eletto papa il 25 dicembre 1559. Continuò poi con Pio V salito al soglio pontifico il 7 gennaio del 1566”.

 

Qualche ricetta particolare da rivelare ai nostri lettori? 

“Possiamo proporre ai lettori quella che ha per titolo ‘Per far minestra di cotogne con brodo di carne’. Prendere le cotogne nella sua stagione, la quale inizia dal fine d'agosto e dura per tutto novembre. Levare la scorza e la parte interna (torsolo), tagliarli a pezzi, metterli in una pentola coprendoli di brodo di carne, mettere un poco di agresto bianco, zucchero, cannella, noce moscata. Far cuocere, a fine cottura, schiacciarle ed amalgamare bene, aggiungere del formaggio e delle uova, mescolare finché diventa omogenea”.

 

Giuseppe Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry