Amenta: «Comuni e territori stanno morendo, se la politica regionale continua a non ascoltarci i Sindaci pronti a diventare soggetti politici»
Canicattini Bagni, 16 marzo 2015 – Tornano in piazza i Sindaci siciliani, martedì 17 Marzo alle ore 11 con una conferenza stampa pubblica indetta da AnciSicilia nel cuore di Palermo, in Piazza Politeama, uscendo dai luoghi chiusi
per dare modo a tutti, in primo luogo ai cittadini, di sapere e di conoscere la drammaticità della situazione economica e sociale che in questo periodo stanno vivendo i Comuni e con essi tutta la Sicilia ed i siciliani.
E lo fanno dopo mesi e mesi di confronto e di “suppliche” ad una politica regionale e nazionale sorda che sta scaricando sui Comuni e sui cittadini le pesantezze di una crisi, così come le sue incertezze, o come nel caso del Governo regionale, la totale mancanza di un progetto politico-amministrativo che guardi al futuro, per risollevare e fare crescere la Sicilia, in un momento in cui la disoccupazione giovanile supera drammaticamente il livello del 65%, quella generale che viaggia oltre il 35% e le imprese che chiudono tutti i giorni.
Un peso non più sostenibile da parte del Sistema degli Enti Locali che ha già prodotto un eccessivo aumento delle aliquote dei tributi locali e del complessivo livello di pressione fiscale (Imu, Tari e Tasi), che rende ancora più problematica la tenuta minima del rapporto tra Amministrazioni e cittadini, innescando forti tensioni sociali.
Un peso reso ancora più pesante, come denunciato in questi due anni di confronti con i Governi nazionali e regionali, dal Vice Presidente di AnciSicilia, Paolo Amenta, Sindaco di Canicattini Bagni, dalle condizioni strutturali del Mezzogiorno, caratterizzate dalla scarsa capacità fiscale dei territori ed, in particolare, dalla mancata attuazione nella Regione Siciliana del Federalismo Fiscale.
Da mesi, ricorda il Vice Presidente Paolo Amenta, che martedì sarà a fianco di Leoluca Orlando in Piazza Politeama, nelle casse dei Comuni non c’è più un centesimo, non c’è liquidità, e a farne spese sono i servizi, i fornitori, gli stipendi, in particolare dei precari, di cui gli Enti hanno ricevuto dalla Regione appena il 40%. Senza dimenticare che negli ultimi quattro anni i trasferimenti correnti destinati ai Comuni sono passati da 900 milioni di euro a soli 200 milioni. Un taglio impressionante che ha prodotto una riduzione drastica dei servizi e della qualità degli stessi nei Comuni, che sempre più devono fare ricorso ad anticipazioni di tesoreria, indebitandosi, e sottraendo così ulteriore risorse dagli già scarnificati Bilanci, trasformandosi di fatto in una macchina produttrice di interessi passivi a favore delle banche.
«Su 530 milioni relativi alle spese correnti e investimenti che si dovevano trasferire ai Comuni per il 2014 – aggiunge il Sindaco Amenta -, ad oggi ne sono arrivati solo 310, e il resto non si sa quando entrerà nelle casse comunali. Non solo, parliamo sempre del 2014, rispetto alla quota dei 270 milioni, che è il contributo annuale per i precari, i Comuni aspettano ancora dalla Regione Siciliana 180 milioni che, naturalmente, visto che gli stipendi li abbiamo pagati, hanno dovuto anticipare, appunto con le scoperture e pagando interessi».
Un elenco doloroso, sembrano i grani di un rosario, quello che scorre il Vicepresidente di AnciSicilia, aggiungendo il mancato trasferimento, a livello nazionale, dei 350 milioni di euro per l’IMU dei terreni agricoli (la Sicilia è interessata per 30 milioni di euro), i minori introiti, a causa della crisi, nelle casse degli Enti Locali della fiscalità locale, appena il 60%. E ancora, la riduzione ad un terzo, da 150 milioni a 50 milioni nel triennio, dei fondi per la Legge 328 che garantisce i servizi socio-sanitari, che vuol dire anziani, disabili, minori a rischio, famiglie bisognose, che i Comuni continuano a garantire, dov’è possibile, soprattutto in questa fase di grande disagio sociale, attingendo a scoperture di Tesoreria. Per non parlare della compartecipazione imposta dalla Regione ai Comuni per i servizi socio sanitari riguardanti la riabilitazione dei disabili, che pesa complessivamente per 50 milioni di euro.
Tagli al Fondo di Solidarietà nazionale, che riguarda appunta i Comuni, definanziamento dei fondi PAC, quelli della coesione, un tempo destinati alle Regioni meridionali e quindi al sistema degli Enti Locali, e le limitazioni di un Patto di Stabilità che stringe sempre di più il cappio al collo dei Sindaci e dei loro cittadini, privandoli di fare investimenti e quindi alimentare l’economia locale.
C’è poi la questione ancora aperta di chi paga l’accoglienza dei minori non accompagnati stranieri che arrivano sulle coste della Sicilia, scaricata anche questa dallo Stato e dalla Regione sui Comuni.
«Un quadro desolante – sottolinea il Vice Presidente di AnciSicilia, Paolo Amenta, che avanza altresì le proposte per un cambiamento – una vere e propria “calamità istituzionale”, che in questi mesi abbiamo provato a portare in tutti i tavoli istituzionali, da quello nazionale a quello regionale, rimanendo inascoltati da parte di una politica “contaminata” da tutt’altri interessi, come la salvaguardia dei propri orticelli e poteri di gruppo, ai grandi interessi, quelli intrecciati con i poteri forti, anche con la criminalità come le cronache ci raccontano. Come Sindaci, non possiamo vedere morire i nostri territori, di cui siamo i rappresentanti istituzionali, per questo abbiamo chiamato a tutti alle responsabilità, in quello che io chiamo un grande “progetto di comunità”. E quando parlo di territorio e di “comunità”, non mi riferisco solo al luogo geografico o ad una parte astratta, ma a tutto la classe dirigente, al sistema produttivo, culturale, e sociale, che lo compongono, ovvero un interesse diffuso e collettivo, che è la vita stessa poi per quella realtà, quindi cittadini, università, i centri di ricerca, le realtà associative, Gal, imprese.
Da questa esigenza e dalla consapevolezza che la politica, come sta accadendo con il governo regionale del presidente Crocetta ormai allo sbando, non risponde al grido d’allarme così come alle stesse proposte che arrivano dal “basso” dai territori, i Sindaci abbiamo deciso di tornare in piazza per un ultimo richiamo alla politica, che deve decidere se stare e chiudersi con se stessa o dare risposte ai cittadini, ai giovani, alle imprese, al sociale. Una sfida vera e propria!
Da più parti – continua Amenta - questa iniziativa viene indicata come la nascita di un nuovo movimento politico, quello dei Sindaci, che abbandonano la loro funzione “amministrativa” per assumere una funzione “politica”, dimenticando che noi siamo già politica, essendoci presentati ai cittadini per chiedere il loro voto su un programma e su proposte per migliorare le condizioni e la qualità della vita delle nostre città e, ripeto, complessivamente, dei nostri territori che, in questi anni, noi Sindaci, abbiamo imparato a mettere in Rete per accrescerne il valore complessivo, con progetti di “area vasta”, consapevoli delle ricchezze di questa Isola e delle risorse in campo, compresi quei Fondi Comunitari che la politica sorda e distratta non è riuscita e non riesce a spendere , o se l’ha fatto, senza alcuna ricaduta nello sviluppo e nell’occupazione. Oppure pensare di fare ripartire la Sicilia dalla Dieta Mediterranea e dalle Biodiversità facendo pagare l’Imu sui terreni agricoli.
Bisogna allora creare le precondizioni ragionate allo sviluppo, ad iniziare dal come indirizzare la spesa, da subito, domani, verso le cinque grandi macro-condizioni che sono: a) l’approvazione della legge dell’acqua pubblica, con l’organizzazione del sistema idrico integrato, e relativi investimenti su rete idriche, fognature e depuratori, in considerazione del fatto che il 50% del territorio siciliano non è depurato, legandosi alla mancata manutenzione e certificazione dell’agricoltura biologica, alla biodiversità, e a tutto quello che riguarda la Dieta Mediterranea come modello di vita; b) l’altro punto importante riguarda l’esigenza di avere un Piano di gestione dei rifiuti che prescinda dalle discariche e soprattutto dagli inceneritori. Ma che piuttosto parli esplicitamente di differenziata e che si lega alla realizzazione in Sicilia del Piano dell’Impiantistica Pubblica regionale, vedi le piattaforme per il compostaggio e per la differenziata; c) non possiamo non velocizzare la Riforma istituzione dei Liberi Consorzi e delle Città metropolitane, rimasta ad un punto fermo dopo due anni, lasciando che nessuno si occupi degli edifici scolastici, del trasporto disabili, della rete viaria o della gestione ottimale di rifiuti e acqua; d) non si può prescindere da un’urgente lotta alla povertà e all’inclusione sociale di migliaia di famiglie siciliane sono ormai sull’orlo del baratro; e) lotta alla mafia non con l’antimafia di facciata ma aiutando e sostenendo la produzione di ricchezza e la creazione di posti di lavoro.
Tutto passa – sottolinea ancora il Vice Presidente Paolo Amenta – da un nuovo modo di spendere i fondi comunitari, provando ad aprire, finalmente, la stagione della fiducia verso i territori, e della responsabilità della classe amministrativa. Proviamo così a condividere una visione dell’oggi della Sicilia, ma soprattutto del futuro, chiedendoci subito cosa vogliamo fare di Isola da qui a qualche anno, e condividere, nello stesso tempo, la strategia di come arrivare a questo obiettivo. E allora si incominci a dare maggiore responsabilità, come dicono le direttive comunitarie, alle organizzazioni territoriali, vedi CLLD, che sostituiscono i Gal, facendo diventare le comunità leader del proprio sviluppo, e indirizzare il 50% dei fondi destinati alla Sicilia ai famosi ITI, Interventi Territoriali Integrati. Creando, come un puzzle, area per area, progetti integrati di sviluppo, che incominciano a fare sistema e a mettere insieme tutte le potenzialità di ogni singola area. Certo, tutto questo non basta per fare crescere e sviluppare la Sicilia, ma ci sono delle precise responsabilità del Governo nazionale, nella non applicazione e realizzazione dell’art. 23 della legge 42 del 2009 sul Federalismo fiscale, dove si parla di perequazione infrastrutturale tra nord e sud, un obbligo di legge per approvare piani pluriennali di investimenti che nell’arco di dieci anni dovevano chiudere la distanza infrastrutturale tra Italia del nord e quella del sud, così com’è stato con la Germania dell’est e quella dell’ovest.
A questo vorremmo aggiungere un’altra sfida – va avanti nelle proposte il Vice Presidente di AnciSicilia – che è quella di aumentare e migliorare l’incidenza della spesa comunitaria diretta rispetto a Bruxelles, i famosi 70 miliardi che si spendono nelle varie regioni d’Europa, dove la Sicilia in questo momento incide solo per lo 0,01%.
Quindi, il ragionamento che faccio è: piattaforma regionale, fondi comunitari con un metodo diverso, integrazione con i fondi nazionali PON, il Federalismo fiscale che ha obbligo e responsabilità verso la Sicilia, i fondi diretti della Comunità Europea da integrare area per area, e alla fine il sistema privato delle Banche. Qualcuno dimentica, infatti, che la spesa comunitaria viene fatta a rendicontazione, per cui se il sistema della finanza privata non interviene nei progetti dei territori, anticipando la spesa comunitaria di questi progetti, prodotti dal territorio ma validati dalla Regione e dalla Comunità Europea, il processo di sviluppo non potrà mai decollare.
Come si vede, un modo e metodi diversi rispetto al passato, sinergie e progetti di “area vasta”, obiettivi di integrazione e cooperazione che possono rendere la Sicilia produttiva e competitiva, in una realtà globale. D’altra parte, non possiamo continuare ad assistere com’è successo nella passata programmazione con il progetto della macroregione del Mediterraneo, dove si sono spesi fiumi di denari senza alla fine produrre nulla.
Ecco in quest’ottica – Amenta ritorna all’appuntamento di martedì alle 11 in Piazza Politeama a Palermo - , i Sindaci, quali rappresentanti diretti dei cittadini e dei territori, intesi come sistema, lanciano questa sfida alla politica siciliana, provando, con un ultimo sforzo a rimettere il tutto in linea con i bisogni reali di un’Isola che non vuole piegarsi su se stessa come sta già avvenendo. E questo al di là delle contrapposizioni, delle composizioni, di destra e sinistra, di nord e sud. La Sicilia non ha certo bisogno dei Salvini per uscire dal tunnel. Basta essere allineati, come chiediamo, al resto del Paese, tantè che vorremmo che tutte le norme e leggi disposte per il resto dell’Italia venissero applicate in Sicilia senza favoritismi o autonomie di sorta che, al contrario, ci sta allontanando dal resto del Paese e dalla Rete territoriale.
Noi abbiamo una grande opzione, e martedì tutti insieme in piazza, ancora una volta, la rivendicheremo con forza: la Sicilia vuole diventare la piattaforma del benessere e della qualità della vita nel Mediterraneo, ne ha tutte le caratteristiche e le risorse, con le sue eccellenze e la sua gente. Per cui non vogliamo essere la piattaforma delle multinazionali petrolifere o militari con i Muos, la terra delle trivellazioni o delle morti per tumori e malformazioni, la terra da sfruttare e poi abbandonare, la terra dove ai giovani viene negato un qualsiasi futuro dignitoso se non la fuga. Chi pensa – conclude il Vice Presidente di AnciSicilia, Paolo Amenta - di continuare a tenere la regia di un disegno così perfido si sbaglia, i siciliani e noi Sindaci in testa, questo piano vogliamo cambiarlo prima che sia troppo tardi. E se questo dovrà trasformarci in soggetto politico, non esiteremo a farlo».
ANCI. Sindaci siciliani di nuovo sul "piede di guerra"
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