Didattica a distanza (credits: Wikipedia)

Editoriali
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A scuola tutti in DaD tra polemiche e consensi. Migliaia di studenti davanti ad uno schermo, ma forse si sarebbe potuto evitare con una divisione oculata di investimenti pubblici…

 

Siracusa, 15 gennaio 2022 — È arrivata la tanta temuta DaD, la didattica a distanza. Paventata dagli studenti, dai docenti e dai genitori. Nessuno la vuole, ma è l’unico modo per essere vicini, per quanto possibile in un periodo emergenziale quale quello in cui stiamo vivendo e dove il contagio da COVID 19, per effetto della variante Omicron, corre velocissimo.

La DaD purtroppo, sia in modalità sincrona che asincrona, non è per tutti. Non lo è per quelle famiglie che ancora non hanno competenze informatiche e non sanno fornire nessun supporto tecnologico ai figli, non lo è per quei genitori che devono correre al lavoro e non possono stare a casa, non lo è per quei tanti ragazzi che hanno difficoltà di vario genere. In ogni caso si crea una distanza abissale perché la comunicazione è filtrata, resa arida e sterile da uno schermo che depriva di tutta quella vitalità che caratterizza i giovani di ogni età. Una didattica a distanza depaupera quelle che sono tutte le relazioni sistemiche, rendendo fittizie non solo quelli che possono essere gli apprendimenti che spesso si riducono a nozioni, ma rendono fatui i tentativi di recupero per quei soggetti definiti ribelli o difficili, i quali se lasciati soli, sono destinati a un sicuro abbandono perché il ragazzo che si annoia in classe dietro le lezioni di un insegnante, si annoia pure dietro ad uno schermo. Le stime ci dicono che, soprattutto al sud, i casi di dispersione scolastica sono molto più alti che nel resto del paese, tant’è che la Sicilia si conferma la Regione italiana con il numero di abbandoni scolastici più alto.

La scuola ha investito molto in questi due anni di pandemia in energie, organizzazione e investimenti, anche se quest’ultimo punto è molto discutibile e mi riferisco ai banchi a rotelle, tutt’oggi ammucchiati nei ripostigli delle scuole perché non più utilizzabili. Per quanti sforzi stia facendo, il governo non riesce a colmare le incertezze, le lacune e gli strappi che in questi mesi molti docenti stanno lamentando, specie per il timore di contagio.

Chissà forse i governi, dall’attuale al precedente, avessero eliminato le classi pollaio, riducendo il numero degli allievi a 14 o 15, installando in ogni classe apparecchi per la ventilazione meccanica e assumendo più insegnanti, così come avevano inizialmente promesso, di sicuro la scuola non avrebbe corso alcun rischio di entrare in DaD.

Occorre investire nell’istruzione per rendere e dare sicurezza a tutti coloro che ogni giorno si inventano su come motivare le lezioni e fare in modo che nessuno rimanga indietro. Con queste premesse e promesse, la Dad resta comunque l’unico filo conduttore, la chiave di volta per non sprecare quel tempo che corre veloce e non sminuire tutti gli sforzi che gli insegnanti, in vari modi, si inventano strategie nuove per fare didattica. Molti ci riescono, altri un po’ meno. E quindi, mentre il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi sostiene ad ogni costo l’apertura delle scuole per evitare ricadute psicologiche sulla salute dei ragazzi, altri ne chiedono a gran voce la chiusura per tutelarne la salute. Insomma, comunque si faccia, le polemiche ci saranno sempre.

 

 
   


 Gabriella Fortuna

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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