In esposizione dal 6 al 23 dicembre 2014, a Ragusa
Aria, cielo, terra, figure evanescenti immerse negli elementi naturali che sono avviluppati e accarezzati da una luce che trasporta verso una dimensione altra. Cromie talora forti, talaltra tenui. Pastelli e scenari accomunati e lambiti dall’elemento essenziale per la vita: l’acqua. Il viaggio per acqua, il rispecchiarsi o immergersi dell’animo umano nell’elemento liquido rappresentano archetipi culturali in senso lato (si veda il loro ricorrere nei miti e nei racconti “genesiaci” delle più diverse religioni), e di conseguenza poetici. La presenza dell’elemento liquido, rappresentato dal mare, nella costituzione dello spazio, il legame acqua-tempo-morte, e soprattutto quello acqua-donna-notte sono elementi principi nella recente personale di Franco Cilia, maestro eclettico delle arti visive, dal titolo emblematico “La voce del mare” (catalogo Aurea Phoenix Edizioni, a cura di Andrea Guastella).
L’esposizione, ospitata presso la Sala Borsa “Pippo Tumino” della Camera di Commercio di Ragusa, raccoglie una selezione di dipinti per lo più recenti del maestro Franco Cilia dedicati al mare e in cui emerge dirompente l’animo pittorico tormentato dell’artista.
“Le figure diafane che scivolano tra i limiti incomprensibili di nuovi paesaggi, appartengono al cielo ed alla terra, fingono o cercano abbracci, si spingono in voli meteoritici ma non sanno più (o forse non hanno mai saputo) se esiste ancora l’universo, intrecciano le mute canzoni di dialoghi singhiozzanti, replicano nudità illibate e pantomime di candida eleganza”.
Sono le riflessioni critiche di Carmelo Arezzo che introducono, sul catalogo, l’itinerario espositivo delle tele di Franco Cilia “uomo-artista-letterato-filosofo-veggente” che, annota ancora Arezzo, “della dimensione insostituibile della relazione comunicativa ha fatto da sempre l’incarnato materico e cromatico di un mosaico irrequieto”.
A tale riguardo Andrea Guastella, curatore del catalogo, confessa che nell’architettura pittorica di Cilia – come anni fa gli confidò il compianto poeta toscano Piero Bigongiari – è “compreso il senso del teatro, della poesia e della pittura” in una travolgente dimensione dove, talora, la fusione tra lo stato cosciente e quello del sogno, vive un’esperienza di comunione con l’elemento originario, giungendo addirittura ad identificarsi con il mare. Viene dunque dilatata la percezione del soggetto, le sue sensazioni diventano quelle del mare stesso, si estendono fino agli orizzonti lontani, a penetrare nell’intima essenza ove non occhio può arrivare, e non può lo scandaglio.
Giuseppe Nativo
“La voce del mare”, Itinerario pittorico di Franco Cilia
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