Cultura
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L’obiettivo e la fantasia dell'idillio col paesaggio-tempo nella sfida inesausta al fascino della conoscenza

 

Ragusa, 21 aprile 2016 – Il fascino come scoperta dell'oggetto-paesaggio e del soggetto che vi si accinge, intensamente vivendone l'avventura emotiva e culturale come reinvenzione di luoghi ″rielaborati″, ″reinventati″ dall'uso sapiente ed empatico dell'obiettivo, che si fa occhio della mente e dunque dell'intelligenza creativa (così come accade nell'invenzione poetica, quando il linguaggio, da denotativo e referenziale, si trasforma in soggettivo o connotativo) è, in questa mostra di ″sguardi mediterrane″ di Zosi Zografidou e Pedro Luis Ladrón de Guevara, l'occasione fondamentale per una esaltazione e consacrazione del tempo attraverso l'elemento naturale e antropico a sua volta divenuto ″oggetto″ d'arte. Come se l'obiettivo -mai guidato da una volontà estetizzante -, ricercasse gli stati emotivi dell'osservatore: un rapporto di empatia tra colui che ammira e osserva la realtà intorno e dunque una compenetrazione tra il luogo e il soggetto che lo scruta e ne coglie le risonanze poetiche, valorizzando l'iconografia del paesaggio.

Zosi Zografidou e Pedro Luis Ladròn de Guevara (i loro paesaggi sembrano immersi nella magia di una atemporalità bonaviriana), entrambi Ordinari di Lingua e Letteratura Italiana, rispettivamente nella Università ″Aristotele″ di Salonicco e in quella di Murcia (Spagna), sono coautori dei volumi Viaggio in un'Italia senza tempo (Aracne, 2015) e Porte e finestre d'Italia: immagini e poesie (ivi, 2015), ed espongono presso il Centro Servizi Culturali di Ragusa, coadiuvati dal responsabile della mostra: Giacomo Schembari.

 

Si parlava di ″Porte e finestre″ e di ″Un'Italia senza tempo″, fotografie che coinvolgono e pongono il visitatore di fronte a un forte senso di ammirazione o di spaesamento e di solitudine in luoghi suggestivi di presenze e architetture quasi oniriche, epifanie di luce e di forme, scorci e fotogrammi d'Italia evocati da un clic e fissati per sempre nel tempo, in un paesaggio dell'anima dove il pensiero ripercorre la strada dell'esistenza e dell'essere per appagarsi, se non altro, della bellezza delle ″cose″ dell'uomo, così piccolo quando distrugge e immenso quando edifica nel nome e nel segno dell'intelligenza creativa, a testimonianza dell'unicità e della ricchezza del dono della vita e del sentimento che lo lega all' ″Altro″, l'inintelligibile ″Altro″.

Già, l'inconoscibile ″Altro″! Come nel pascoliano Alexandros, si può pensare all'angoscia del mistero al di là dei confini e della porta che cela agli occhi della mente la Verità nella quale, come canta il poeta romagnolo ″il sogno è l'infinita ombra del Vero″. Prima e oltre quei confini, prima e oltre quella porta c'è l'avventura della conoscenza, forse del senso ultimo dell'universo, colto dall'inquietudine della poesia che da sempre osa sfidare l'enigma dell'esistenza e dell'Oltre.

Qui, si confrontano l'infinità del sogno e la finitudine della realtà; o sembra di poter dire che l'obiettivo celi e riveli, a un tempo, la curiosità per l'incognito occultato dal diaframma di una porta (la verità che confonde la propria tangibilità) prima di aprirsi alla conoscenza. E come dimenticare, in questo travaglio gnoseologico, la poesia dell'obiettivo che ricerca la Poesia per esaltarla ed appagarsene? Cogliamo nello sguardo profondo dell'obiettivo di Zosi Zografidou e di Pedro Luis Ladrón de Guevara l'ulissismo come stupor e dantesca ″cognoscenza″, nel senso dell'avventura del viaggio e della scoperta fisica e metafisica: sì, le Colonne d'Ercole e l'onda che subissa, rivelandosi come metarealtà che reagisce all'ardire della sfida umana! Ecco, è qui che l'arte della fotografia si spinge sino ai confini con la letteratura, la filosofia, la teologia, l'arte figurativa.

 

Giovanni Occhipinti

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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