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Spigolature iblee

 

Ragusa, 23 giugno 2020 — Gli italiani lo chiamano «bagolaro». Nome anonimo. Il suo nome scientifico è invece molto bello: Celtis Australis. Noi iblei lo chiamiamo «milicuccu».

Però, a dirla tutta, gli italiani oltre che bagolaro chiamano questa pianta della grande famiglia delle Ulmacee, anche Albero dei Rosari e sopratutto “Spaccasassi”. Il motivo è palese: le radici di questa fortissima coltura sono in grado di penetrare anche la roccia – invero è questa una qualità che condivide con altre piante –. Tant’è che è possibile osservare bagolari arrampicati ovunque, che spaccano il calcare e sopravvivono in condizioni molto difficili (e ci si chiede come fanno).

Quella caratteristica del Celtis Australis m’è venuta in mente scattando la foto che proponiamo ai lettori: un piccolo milicuccu che spunta non da una qualsiasi “timpa” (non possiamo tradurre dal siciliano ibleo, gli stranieri si arrangino) bensì da una spessa e consistente colata di puro cemento, di quello che a Ragusa si fabbrica e si consuma in quantità che nemmeno a New York…

Ho seguito la vicenda di questa pianta, del tutto involontariamente. Essa si trova sul percorso che tre volte a settimana percorro per fare la camminata “veloce” (pia illusione di attività fisica nella vecchiaia). Un paio d’anni fa questo bagolaro è nato e cresciuto (trattasi di pianta molto vigorosa e rustica, attecchisce ovunque) dentro il foro, praticato sul marciapiede di una importante strada cittadina ragusana per contenere i pali dei cartelloni pubblicitari, i famosi 6x6. Il cartellone era stato tolto (forse abusivo) e nel foro, al posto del palo in cemento, era cresciuto il milicuccu. L’anno scorso, in autunno, era diventato alto oltre un metro e mezzo e molto ramificato. Dava fastidio. Venne quindi “capitozzato” (parolina simpatica agli amministratori, ma meno ai cittadini). Quest’anno, a marzo, mi aspettavo di vederlo nuovamente vigoroso e ramificato – sapendo che una potatura anche violenta non ferma un milicuccu, anzi, lo fortifica –. Ma al posto del buco in terra e della pianta dentro ho trovato una colata di cemento esattamente sulla verticale del foro, praticamente a coprirlo, tutto e per intero. Ma chi ha dichiarato guerra a quella pianta non aveva fatto bene i conti con le molecole del celtis. È spuntato, di nuovo! Ed ha oltrepassato il cemento. Letteralmente. Lo dimostrano le fotografie.

Mi spiace per chi ha speso tempo e denaro per colmare di cemento il buco nel marciapiede. Ma nel contempo sono felicissimo che la natura, ancora una volta, ci abbia dato una bella lezione. E intanto ho spedito le foto anche all’Istituto di Agraria dell’Università di Catania, chiedendo che da oggi il Bagolaro, che in Italia chiamano “Spacca sassi”, qui in Sicilia sia ufficialmente chiamato “Spacca cemento”. Comunicherò eventuali aggiornamenti.

 

Saro Distefano

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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