- Rubrica: Raccontando Siracusa
Dell’incantevole Ortigia se n’è parlato tanto. Conosciamo le stradine e i vicoli che nascondono scatti magici e che appaiono sempre diversi a seconda dell’ora in cui il sole irradia i suoi raggi e celano bellezze immortali e imperiture che entrano perpetuamente nell’anima. Arte e cultura si mescolano dolcemente e prorompente, tale da rendere l’isolotto una terra straordinaria al punto di rimanerne catturati. Attraversando l’isola si incontrano vecchi antichi palazzi signorili, mirabili e affascinanti, all’interno dei quali si nascondono tesori inestimabili, ma anche storie intriganti e misteriose che solo i più vetusti le rammentano.
Nel cuore della Raziedda, suggestivo e pittoresco rione nel cuore della vecchia Ortigia, così denominato in onore della Madonna delle Grazie, c’è un balcone che si affaccia su un cortiletto, u cuttigghiu che a solo guardarlo sembra uscito dal pennello di Giorgio Morandi. Piccoletto, un po’ angusto, ma sommerso tra pampini di edera e profumosi gerani che scivolano tra le ringhiere dei balconi e u ciauro ri basiricó inebria tutti i sensi, a dimostrare che l’estate era arrivata con tutti i suoi carismi. Nel cuttigghiu ra Raziedda, la vita scorreva in maniera comunitaria, nel senso che nessuno poteva fare una cosa, che tutti già sapevano i gineprai dell’altro.
Proprio qui, in questo cuttigghiu ra Raziedda, vivevano due famiglie, intendiamoci, brave oneste e travagghiaturi, ma avevano un solo difetto, ca nun si potevano viriri. Erano comu l’acquasanta e u riaulu, ma insieme dovevano condividere quello spazio comune, u cuttigghiu.
I malamuri erano nati per quisquilie, dispetti che nel tempo erano diventati insormontabili, pi così ri vicinato, pi rispettu mancatu, fatto sta ca tutti murmuriavano e le loro lamentele si diffondevano veloci tra tutta la Raziedda. Ma il destino si sa, è beffardo.
Entrambi avevano un figghiu, nu masculu e na fimmina, Rosina e Gasparinu. E comu fu e comu nun fu, tra questi due giovani picciutteddi nacque un sentimento e non volevano sapere re ‘mbrogghi delle loro famiglie e così come era solito fare a quei tempi, organizzarono la fuitina. Il cielo ne era testimone, pi picca nun ci scappava u mottu. Era tutto un incolparsi a vicenda per le azioni dei rispettivi figli e si incolpavano sempre di più, sempre più esulceratamente. Ben presto alla coppia arrivò un caruseddu e si sapi, davanti a na creatura, tutti i frusti s’ammucciano. I mali occhiati e a mala parola, s’intende, continuarono sempre, ma per il bene comune e per amore ro picciridduzzu, a malincuore, tutti ficiru finta ri nenti. Tutto questo è accaduto diverso tempo fa, quando la vita era essenziale, quando non c’erano i dispositivi tecnologici di cui adesso siamo tutti in possesso, quando le relazioni erano genuine e dirette e bastava una parola per suggellare un accordo. Nei cuttigghi la vita si svolgeva semplicemente, si stava a porte aperte perché ognuno non aveva niente e non poteva esssere portato via niente e in queste condizioni di misera vita, tutti avevano il senso di condivisione, perché la felicità di ognuno, era la felicità di tutti…a parte qualche eccezione.
Gabriella Fortuna