- Rubrica: Raccontando
Basta, me ne vado. Non ne posso più. Non vi sopporto…
In ogni casa c’è sempre una croce da sopportare, una pecora nera che fa vergognare, un disonore da custodire.
Turuzzu e Marietta avevano un solo figlio che avevano avuto quando proprio non se l’aspettavano e sulu iddi sapevano comu l’avevano cresciuto. Beddu comu u sulu, aveva tante pretese, pretese alte e qualche dispiaciri gliel’aveva dato a so patri e a sa matri ca, co ciatu, si erano cresciuti stu figghiu scapestrato. Scola non ne aveva voluto, travagghiu neanche a parlarne e passava le sue giornate a vagabondare insieme alla sua brigata di scalmanati e cu sti mala pinzeri, un jornu a casa, non tornò più. Quanta angoscia, quanto dolore pi stu figghiu risgraziatu, e mentre tutti si preparavano a festeggiare il periodo più atteso dell’anno, in casa Cutrunello c’era u mottu a mezza a casa. Immaginate il dolore! Un dolore sordo per quel figlio lontano, scappato chissà con chi, e in compagnia di questo strazio si prepararono a trascorrere da soli un Natale desolante. Nell’aria odore di festa. Le luminarie abbellivano ogni dove e i negozi colmi di pacchetti con lustrini sbrilluccicanti erano in bella mostra.
Ma, si sa…in fondo tutti vogliono credere alla magia del Natale e proprio quel giorno tornò Sarettu ca cura tra le gambe, rammaricato a morte per il dispiacere dato ai genitori che aspettavano e aspettavano mestamente. E forse è questo il significato del Natale, nutrire fiducia, coltivare aspettative, regalare sogni. Proprio quando ogni speranza pare perduta, credere in qualcosa di più grande di noi, rende magico l’essenza vera del Natale. È sempre la meraviglia della capanna a generare stupore, quella casa che emana sano amore di riconciliazione che solo l’amore per la famiglia e per il prossimo può regalare, perché sono i veri affetti che contano nella vita per poter costruire un futuro meno incerto.
Quest’anno per tanti sarà una festività magra e amara e parlare della magia del Natale può sembrare un parossismo. Un Natale che si vuole intrufolare e insinuare con forza tra chi un lavoro non ce l’ha più e dove preoccupazioni e pensieri su come sbarcare il lunario sono le priorità per tante famiglie. Un periodo storico drammatico e incerto, forse il più nero, pieno di paure e scoramento, dove tutto è aleatorio e, anche vivere alla giornata, rappresenta uno sforzo enorme e lo dimostrano i centri Caritas sempre più colmi di persone che chiedono umilmente di far fronte ai più elementari bisogni. Il Natale non deve essere una parentesi dove tutti si sentono più caritatevoli, non dobbiamo essere fagocitati dall’egoismo e dall’opportunismo. Aprirsi all’altro è sicuramente un modo per vivere questa festa cristiana all’insegna dell’amore, perché è l’amore il motore di ogni cosa.
Ma forse tutto ciò rimangono solo parole e dopo i brindisi, gli auguri elargiti a destra e a manca, i buoni propositi e i regali, rimarremo di nuovo incapsulati nel nostro egoismo. E la vita andrà avanti con le sue amarezze e le sue incognite.
Gabriella Fortuna