Ragusa e dintorni
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Ragusa, 1 giugno 2015 – Si è concluso ieri a Palazzo Grimaldi il convegno nazionale sui "Nuovi percorsi per la storia orale e le fonti orali: la ricerca in Sicilia", organizzato dall'Associazione italiana di Storia orale (AISO) con il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Catania e la Fondazione Giovan Pietro Grimaldi, che ha riunito prima a Catania e poi a Modica storici e scienziati sociali provenienti da tutta l'Italia. 
 
La sessione mattutina di studi, coordinata da Gabriella Gribaudi (AISO e Università "Federico II" di Napoli), ha focalizzato l'attenzione sul tema dei terremoti come elementi di discontinuità sociali e fratture spazio-temporali che, imprimendosi con forza nella memoria individuale e collettiva,  costituiscono un terreno d'elezione per l'indagine della storia orale. Nella relazione dal titolo “Tra memorie vive e narrazioni: il Belìce" Giuseppe Maiorana, direttore di EpiCentro della Memoria Viva di Gibellina, ha presentato la storia e le attività del centro studi, che si occupa di raccogliere le memorie e ricostruire l'identità della popolazione del Belice, sopravvissuta al terremoto del 1968. Attraverso laboratori, mappe di comunità, biblioteca, archivi orali di video-interviste, installazioni emozionali e mostre fotografiche, il centro studi custodisce e valorizza la memoria di un territorio che prima del terremoto il sociologo Danilo Dolci aveva trasformato in un vero e proprio laboratorio di partecipazione e lotta civile. 
 
Marcella Burderi (AISO, Fondazione Grimaldi, Università di Catania) nella relazione su "La memoria del Grande terremoto del 1693 nel repertorio folclorico" ha analizzato un antico “cuntu” (racconto orale in dialetto) sul sisma nel Val di Noto, raccolto dalla viva voce di alcuni anziani. Il “cuntu” rappresenta una narrazione popolare più unica che rara, tramandatasi per oltre tre secoli di generazione in generazione e giunta fino ai nostri giorni, che testimonia tutto lo sgomento e lo slancio sincero di devozione mariana e religiosa che la catastrofe suscitò nella gente semplice.   
Sara Zizzari (Università “Federico II” di Napoli) ha analizzato, invece, “La frattura spazio-temporale nel post-sisma aquilano (2009)”.  Attraverso le interviste agli aquilani rientrati nelle loro case o assegnatari dei nuovi alloggi, la studiosa ha fatto emergere una memoria in formazione, causata dalla disintegrazione del tessuto sociale, dalla scomparsa dei punti di riferimento e degli elementi identitari, dallo stravolgimento della geografia urbana, della socialità e delle pratiche quotidiane, pervenendo alla conclusione che un luogo non è mai soltanto uno spazio fisico, ma è una struttura di sentimento, una dimensione dell'interazione sociale. 
 
Anche Gabriele Ivo Moscaritolo (Università “Federico II” di Napoli) si è misurato con il tema del terremoto in Campania e Basilicata del 1980 tra rappresentazione e memoria. Lo studioso, in particolare, ha messo in evidenza il ruolo di turning point rappresentato dal sisma nelle memorie plurime degli intervistati, tra mitizzazioni del passato, aspettative ed esperienze successive.  
La sessione pomeridiana, coordinata da Roberta Garruccio (AISO e Università degli studi di Milano) si è concentrata su “Le trasformazioni del territorio: politica, imprenditorialità, deindustrializzazione”. Fabio Canfora e Maria Laura Longo (Università "L'Orientale" di Napoli) hanno parlato di “Paesaggi metropolitani in cambiamento. Il quartiere Mercato - Pendino di Napoli tra storia e memoria”. I due giovani studiosi, attraverso interviste ai commercianti dello storico quartiere, hanno ricostruito le memorie e le rappresentazioni di un luogo oggi svuotato dalla concorrenza dei centri commerciali. 
 
Fabio Salerno (Università di Catania) nella relazione dal titolo "Auto-rappresentazione di Priolo. Quale futuro?", ha proposto alcune video-interviste che colgono il paradosso di una industrializzazione imposta dall'alto, che non ha generato uno sviluppo endogeno e che, a distanza di vari decenni, è entrata in crisi lasciando sul territorio disastri ambientali e la necessità di un vasto piano di disinquinamento. Se il modello di sviluppo economico di Augusta-Priolo si è basato sulla grande industria, quello ragusano ha visto il protagonismo della piccola e media impresa che, a partire dagli anni Novanta, ha conosciuto un forte slancio grazie alla programmazione negoziata. La vicenda è stata ricostruita da Giuseppe Barone (presidente della Fondazione Grimaldi e direttore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'ateneo catanese) in una relazione dal  titolo "La seconda rivoluzione industriale nell'area Iblea”. Sulla base di decine di interviste agli imprenditori, Barone ha tracciato le linee di sviluppo di un'industrializzazione dal basso, nata spontaneamente dopo lo smantellamento degli impianti petroliferi avviato dall'Eni.  Un'industrializzazione, quella iblea, che ha riguardato sopratutto i settori dell'alluminio, dell'agro-industria e dell'industria dolciaria e che ha garantito alla piccola provincia siciliana una serie di importanti primati economici a livello regionale e nazionale.  
 
Chiara Ottaviano (Cliomedia Officina) nella sua relazione sulla "Esperienza dell'Archivio degli Iblei", ha tracciato un primo bilancio dei risultati raggiunti e delle potenzialità del portale internet Archivio degli Iblei, vero e proprio giacimento di memorie, testimonianze video-registrate, gallerie fotografiche, testi e studi che propongono una riflessione intorno ai temi della storia sociale, della tradizione orale e della cultura popolare. Infine, Giancarlo Poidomani (Università di Catania) ha affrontato il tema della "Formazione della nuova classe politica in provincia di Ragusa negli anni 1945-1960", rileggendo alla luce delle testimonianze orali gli eventi e i protagonisti della costruzione del nuovo stato repubblicano.   

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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