Libri

  • Autore: Santino Alessandro Cugno
  • Editore: BAR

Venerdì 28 Dicembre 2018 nell’aula consiliare del Comune di Canicattini Bagni la presentazione del libro dell’archeologo canicattinese Santino Alessandro Cugno “Patrimonio Culturale, Paesaggi e Personaggi dell’altopiano ibleo. Scritti di archeologia e museologia della Sicilia sud-orientale” (British Archaeological Reports, Oxford 2017)

 

Canicattini Bagni, 28 dicembre 2018 – Si presenta Venerdì 28 Dicembre 2018, alle ore 17:00, nell’aula consiliare del Comune di Canicattini Bagni, il libro dell’archeologo canicattinese Santino Alessandro Cugno, “Patrimonio Culturale, Paesaggi e Personaggi dell’altopiano ibleo. Scritti di archeologia e museologia della Sicilia sud-orientale” (British Archaeological Reports, Oxford 2017).

All’appuntamento, coordinato da Salvatore Mozzicato, Presidente dell’Associazione “Gli Amici della Voce di Canicattini”, organizzatrice dell’evento con il patrocinio del Comune di Canicattini Bagni, della Fondazione “Giuseppe e Santi Luigi Agnello”, e della Società Siracusana di Storia Patria, interverranno:

Marilena Miceli, Sindaco di Canicattini Bagni;

Loretta Barbagallo, Assessore alla Cultura e al Turismo;

Sebastiano Amato, Presidente “Società Siracusana di Storia Patria”;

Vincenzo Ficara, “Amici della Voce” e “Fondazione G. e S. L. Agnello”;

Vittorio Rizzone, Docente di Greco biblico e Archeologia Cristiana “Facoltà Teologica di Sicilia”;

Santino Alessandro Cugno, Autore del libro e Funzionario Archeologo del MIBAC.

 

Il volume (171 pagine in italiano con abstract in inglese, 118 figure in bianco e nero, 28 tavole in bianco e nero e a colori), con la prefazione di Lorenzo Guzzardi, Direttore della Galleria Bellomo e del Polo Regionale di Siracusa per i siti culturali,  raccoglie per la prima volta una serie di saggi, alcuni del tutto inediti, altri già pubblicati ma ampiamente rielaborati e aggiornati grazie a numerosi approfondimenti e ad una documentazione appositamente realizzata, il cui principale filo conduttore è rappresentato dal rapporto profondo ed osmotico che unisce il patrimonio culturale dell’altopiano ibleo, le realtà museali locali e il paesaggio.

 

Santino Alessandro Cugno (Siracusa 1981)

è Funzionario Archeologo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, presso il Parco Archeologico dell’Appia Antica. Laureato con lode in Archeologia all’Università di Pisa (2007), ha conseguito il Master di II livello in Tutela, Valorizzazione e Promozione dei BB.CC.AA. all’Università di Catania (2008), il Corso di Alta Formazione e Specializzazione in Beni Culturali alla Scuola Normale Superiore di Pisa (2010) ed è specializzato in Archeologia Tardoantica e Medievale presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Firenze (2014). È  stato cultore della materia in Archeologia Classica presso l’Università Kore di Enna ed è socio del Comitato Giovani Unesco, della Società degli Archeologi Medievisti Italiani (SAMI) e della Società Siracusana di Storia Patria. Ha preso parte a ricognizioni, scavi e attività culturali organizzate dalle Università di Pisa e di Catania, al progetto di rilievo “Le mura di Dionigi I di Siracusa” (2010) dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, alle campagne di scavi ad Akrai (2012) dell’Istituto Archeologico di Varsavia e a Kasmenai (2016) dell’Università di Catania e della Soprintendenza di Siracusa. Ha inoltre collaborato con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa e della Toscana (sede di Pisa) e col Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”. Ha partecipato, come relatore, a convegni nazionali ed internazionali ed è autore di due monografie (British Archaeological Reports, Oxford) e di numerosi saggi scientifici e divulgativi sui beni culturali della Sicilia sud-orientale.

 

 

  • Autore: Susanna Valpreda
  • Editore: Bonanno

Sikelia, la Sicilia bizantina di Susanna Valpreda

“Quando elaborai il testo della mia tesi di laurea, mi accorsi che era un po’ anomala. Le argomentazioni intraprese non si occupavano solo di arte, ma di tutti gli aspetti della presenza bizantina (storia, lingua, cultura, letteratura, architettura, monetazione) nella Sicilia orientale dei secoli VI-XII”. Inizia così l’incontro con Susanna Valpreda che nel 1996 consegue la laurea in Lettere moderne all’Università di Padova.

È stata forse una delle prime studiose ad intraprendere questa tematica il cui ambito risulterebbe parzialmente toccato dai ricercatori. Dopo aver vinto un concorso per bibliotecario, indetto dall’ateneo patavino, Valpreda pubblica un articolo estratto dalla sua tesi su una rivista specializzata veneta.

Successivamente, si trasferisce al Polo bibliotecario di Ingegneria. Nel 2014 è spronata a riprendere in mano gli argomenti abbandonati da tanto tempo, riaggiornarli e ricavarne un libro da far leggere ad un editore. Nasce così il saggio Sikelia. La Sicilia orientale nel periodo bizantino (pp. 174), edito nel 2015 da Bonanno.

In queste settimane, sempre in ambito siciliano e sull’epoca tardo antica e bizantina, sta lavorando ad una prossima pubblicazione, ad integrazione della prima, che si occuperà anche della Sicilia occidentale e delle isole minori (Malta compresa).

 

Tra i tanti temi sviluppati mi ha colpito quello di Siracusa “capitale” bizantina. Ci può dare qualche anticipazione?

“Forse non tutti sanno che nel 663 l’imperatore Konstantinos Pogonatos (ovvero il Barbuto), detto Costante, dopo aver regnato per vent’anni a Costantinopoli, sbarca a Taranto alla testa di un esercito orientale. Dopo varie tappe, di cui una a Roma, scende a Reggio Calabria dove gli si attribuisce la creazione del Ducato di Calabria che è una dipendenza del thema di Sicilia: quando non c’è più esarca in Italia, il patrizio di Sicilia diviene il più alto funzionario bizantino d'occidente. Ma anche prima che Ravenna e Roma siano perdute, per l’Impero Siracusa è la vera capitale di tutti i possedimenti bizantini nell’Italia meridionale. Alla corte di Bisanzio, dall’epoca di Costante II, la Sicilia e la Calabria sono considerate come un’unica regione. Verso la fine del 663 questo imperatore giunge a Siracusa dove stabilisce il suo quartiere generale e da cui organizza la difesa dei possedimenti minacciati dell’Islam.

Da quel momento Siracusa si trasforma nella capitale effettiva dell’Impero provocando polemica nella corte costantinopolitana, che si oppone alla translatio imperii impedendo il viaggio della famiglia imperiale in Italia a causa del carico simbolico che tale gesto comporta. Le monarchie vicine nutrono forti preoccupazioni in quanto temono un conseguente aumento dell’influenza bizantina nella regione. Nel 668 Costante è ucciso dal cortigiano Andrea, figlio di Troilo, il quale gli versa sul capo acqua calda e sapone mentre egli si trova in una vasca dei bagni di Dafne e poi, approfittando della momentanea cecità, lo colpisce sul capo con un vaso di bronzo. Caduto nell’acqua privo di sensi, l’imperatore affoga mentre l’omicida si allontana indisturbato.

I cortigiani e i capi dell’esercito siciliano mettono sul trono l’ufficiale armeno Mezezio che, però, non trova il sostegno aspettato. Dopo la morte dell'imperatore, gli eserciti di stanza in Italia e in Sardegna si rifiutano di obbedirgli marciando su Siracusa. La flotta, inviata da Costantino IV Pogonato, figlio di Costante e suo legittimo successore, ha ragione degli insorti, che sono condotti nella capitale e giustiziati”.

Fino a qui ciò che tramandano le fonti occidentali. Quelle orientali mostrano invece divergenze con le prime, dovute alla diversità dei punti di vista. Il capostipite di tutti i cronisti bizantini che si sono occupati della spedizione italiana di Costante è Teofane che narra la vicenda in due riprese. Alla ricercatrice Susanna Valpreda il compito di fare chiarezza sulle vicende sin qui descritte attraverso l’analisi della documentazione reperita che sarà oggetto di trattazione nel prossimo libro. 

Giuseppe Nativo

  • Autore: Massimo Cultraro
  • Editore: Edizioni di Storia e Studi sociali

Dopo la conferenza di domani a Ragusa (con l'archeologo Giovanni Di Stefano), il prof. Massimo Cultraro presenterà a Modica, giovedì prossimo, il suo libro "L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, Edizioni di Storia e Studi Sociali 2018.

 

La libreria La Talpa presenta un altro appuntamento dei "Giovedì" dedicati ai suoi 25 anni. Questa volta il tema è: archeologia, storia, storiografia. Ospite della presentazione: Massimo Cultraro (Archeologo, Storico e Docente di Archeologia Egea).

Interverranno il Sindaco di Modica Ignazio Abbate, Giovanni Distefano (Archeologo ed attuale Direttore del Polo Regionale di Ragusa per i Siti Culturali e per i Parchi Archeologici di Camarina e Cava Ispica) e Daniele Pavone (Storico)

Giovedì 13 dicembre ore 18, Società operaia di Mutuo Soccorso, Corso Umberto I n. 157, Modica

Col patrocinio del Comune di Modica, la Libreria "La Talpa" in occasione del suo venticinquesimo anno di attività organizza in collaborazione con Paesaggio Barocco - Enoteca Cioccolateria "Sotto San Pietro" un ciclo di cinque "Appuntamenti del Giovedì" che si terranno a Modica presso i locali della Società Operaia di Mutuo Soccorso in Corso Umberto I n. 157. Giuseppe Costanza, Vittoria de Marco Veneziano, Sebastiano Tusa, Vincenzo Jannuzzi e Massimo Cultraro saranno i protagonisti di questo ciclo di appuntamenti che spazieranno tra la cronaca del nostro tempo, le donne che hanno fatto la storia, l'archeologia e le tradizioni siciliane.

L'ospite del quinto ed ultimo appuntamento in programma il 13 dicembre alle ore 18:00 sarà MASSIMO CULTRARO che presenterà il suo libro "L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, edito da Edizioni di Storia e Studi Sociali nel 2018.

Heinrich Schliemann, controverso uomo d’affari, collezionista e viaggiatore tedesco, divenne una celebrità capace di travalicare l’ambito della storia della ricerca archeologica a seguito degli scavi alla ricerca dell’antica Troia dei poemi omerici, condotti a partire dal 1871 in Anatolia presso la collina di Hissarlik e che gli permisero di portare alla luce un sito in cui nel tempo sono stati riconosciuti ed indagati almeno dieci livelli stratigrafici principali che si dipanano dal Bronzo Antico (2920-2500 a.C.) fino al periodo Tardo Bizantino (XIII-XIV sec. d.C.). In particolare, la fortuna di Schliemann si deve al ritrovamento nel secondo di questi livelli stratigrafici – noto come Troia II – del “Tesoro di Priamo”, la cui autenticità resta assai discutibile e discussa, senza contare la denominazione assolutamente impropria, funzionale all’individuazione in questo strato della città omerica (Troia II è inquadrabile nella seconda metà del terzo millennio a.C., mentre quella omerica è da ricondursi al XII sec. a.C., quindi in un’epoca molto più recente), il che tradisce un approccio in cui la volontà di conseguire un risultato sensazionalistico quanto meno si affianca all’attenzione rivolta al dato scientifico, aspetto che non deve affatto stupire in un’epoca ancora pioneristica della ricerca archeologica, in cui sovente la finalità era quella di alimentare l’offerta del mercato internazionale dell’arte per soddisfare la domanda proveniente dai collezionisti e dai musei, tant’è che ancora oggi innumerevoli reperti rinvenuti da Schliemann si trovano esposti nelle collezioni di mezzo mondo.

Massimo Cultraro è archeologo specializzato in Archeologia Egea presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene, docente presso l’Università di Palermo, Primo Ricercatore presso il CNR di Catania e membro dell'Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM); la sua attenzione è stata richiamata dal rapporto di Schliemann con l’Italia, aspetto cruciale nella biografia dello scopritore di Troia, eppure finora mai oggetto di una trattazione specifica, nonostante nei decenni si siano contate migliaia di opere a lui dedicate. Due i viaggi principali effettuati nel Belpaese – nel 1858 e nel 1868 – animati dalla curiositas da Grand Tour alla ricerca di mirabilia in grado di suscitare quei brividi tipici della sindrome di Stendhal, il tutto sullo sfondo del rapporto di amore ed odio provato nei confronti degli italiani il cui stile di vita ai suoi occhi talora stride con lo straordinario patrimonio storico e artistico che li circonda; viaggi che lo conducono verso sud, a Roma, poi a Napoli – che forse è la città che ha apprezzato di più e dove sventuratamente troverà la morte nel 1890 – e infine in Sicilia, ove la Siracusa preorsiana delude le sue aspettative. Durante questi viaggi, Schliemann non manca di allacciare importanti rapporti con il mondo scientifico che matureranno dopo la scoperta di Troia con le campagne effettuate in Italia – in particolare ad Alba Longa, a Mozia e a Siracusa, ma tra le altre località, in Sicilia egli si reca anche a Segesta, Imera, Erice, Camarina e Taormina – e con la cessione di alcuni reperti rinvenuti ad Hissarlik al Regio Museo di Antropologia dell’Università di Napoli, al Museo Preistorico Etnografico di Roma e al Museo Civico di Bologna.

Massimo Cultraro ha raccolto l’esperienza italiana di Schliemann ne “L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, un saggio ricco di immagini e dalla lettura agevole e piacevole per tutti, particolarmente apprezzabile se si tiene conto che lo studio è desunto da una ricerca molto attenta condotta prevalentemente sull’immenso patrimonio manoscritto di lettere, taccuini e diari personali conservati nel Fondo Schliemann della Biblioteca Gennadius di Atene.

Daniele Pavone

A Modica, Giovedì 6 dicembre (ore 18) presso Società operaia di Mutuo Soccorso (Corso Umberto I 157, Modica), si presenta il libro di Vincenzo Jannuzzi "Cucina Siciliana”, Edizioni Affinità Elettive (2017).

Temi: enogastronomia tipica siciliana. Ospite della presentazione: Vincenzo Jannuzzi (Autore ed Editore)

Interverranno il Sindaco di Modica Ignazio Abbate e Gianna Bozzali (Giornalista)

 

Modica, 3 dicembre 2018 – Col patrocinio del Comune di Modica, la Libreria "La Talpa" in occasione del suo venticinquesimo anno di attività organizza in collaborazione con Paesaggio Barocco - Enoteca Cioccolateria "Sotto San Pietro" un ciclo di cinque "Appuntamenti del Giovedì" che si terranno a Modica presso i locali della Società Operaia di Mutuo Soccorso in Corso Umberto I° n. 157. Giuseppe Costanza, Vittoria de Marco Veneziano, Sebastiano Tusa, Vincenzo Jannuzzi e Massimo Cultraro saranno i protagonisti di questo ciclo di appuntamenti che spazieranno tra la cronaca del nostro tempo, le donne che hanno fatto la storia, l'archeologia e le tradizioni siciliane.

L'ospite del quarto appuntamento in programma il 6 dicembre alle ore 18:00 ed inserito nel programma ChocoMObook di ChocoModica 2018 sarà VINCENZO JANNUZZI che presenterà il suo libro “Cucina Siciliana”, edito da Edizioni Affinità Elettive nel 2017.

«La Sicilia è forme cangianti, colori violenti, profumi intensi. Così è anche la sua cucina. La passolina e la sarda si sposano, il verde e il rosso si amalgamano, il dolce e il salato si baciano. È un trionfo, un'esplosione, una sinfonia. Il cucinare è un'arte e, in Sicilia, è sublime». L’incipit di “Cucina Siciliana” è una citazione particolarmente significativa e pertinente che non solo omaggia un altro celebre libro di cucina (“Cucina di Sicilia” di Paola Andolina, Flaccovio Editore), ma riflette anche la linea editoriale del libro e dunque la personalità del suo autore.

Quello di Vincenzo Jannuzzi è un nome forse poco noto al grande pubblico, ma molto conosciuto tra gli addetti ai lavori: studioso scrupoloso ed attento, particolarmente appassionato di archeologia, storia e politica, editore e scrittore prolifico, conosce profondamente la Sicilia e le sue tradizioni avendola percorsa palmo a palmo incontrando le sue genti, attraverso le città e le località più caratteristiche, gli infiniti paesaggi, il mare e le isole – come le Eolie cui ha dedicato un altro libro di enogastronomia: “Cucina Eoliana”, Edizioni Affinità Elettive 2017 – e dalla “sua” Messina gli è stato facile riservare la medesima attenzione anche alla Calabria (“Cucina Calabrese”, Edizioni Affinità Elettive 2016).

Il cibo è lo specchio della storia dei popoli, racconta delle tradizioni e delle loro origini, unisce gli odori e i sapori di terre un tempo lontane. “Cucina Siciliana” non è solo un ricettario tipico: costante è l’attenzione per il dato storico, mai casuale ed improvvisato, così come per le feste e le sagre in cui si celebra l'enogastronomia tipica siciliana, raccolte in una preziosa sezione; la stessa cosa può dirsi per la veste grafica, fondamentale in un’opera che esattamente come le pietanze di cui tratta, deve appagare anche lo sguardo del lettore. Infatti, se piacevolissimo è il carattere tipografico usato per la descrizione della preparazione dei singoli piatti che – non senza una nota di nostalgia – ricorda il corsivo del quaderno delle ricette della nonna, immancabile nella dispensa di ogni famiglia siciliana, quel che appare davvero straordinario è il ricchissimo corredo fotografico – tipico delle produzioni di Jannuzzi che è autore anche di splendidi calendari – evidentemente ispirato dall’incipit iniziale: il libro riverbera i colori accesi del Mediterraneo, risuona dei canti dei pescatori e delle cicale di campagna che friniscono tra il profumo del finocchietto selvatico e dell’origano, mentre il gusto pungente della ricotta salata, ammorbidito dalle melanzane e dal pomodoro, pervade il palato che assapora già la croccante dolcezza delle mandorle, illuminate dalla luce calda dell’Africa che traspare attraverso il gelo rinfrescante della granita di limone; alcuni meravigliosi cannoli quasi fuoriescono dalla quarta di copertina: viene voglia di prenderne uno con le dita per portarlo alla bocca e mangiarlo, ad occhi chiusi... In breve, “Cucina Siciliana” è un libro che mette appetito e ispira il desiderio di cucinare, con la consapevolezza che alla fine si assaporerà un piatto che rifletterà il gusto della Sicilia e della sua storia.

                          

Daniele Pavone

  • Autore: Sebastiano Tusa
  • Editore: Edizioni di Storia e Studi Sociali

Le antiche radici identitarie del popolo siciliano ai raggi X nel terzo incontro degli Appuntamenti del giovedì a cura della libreria La Talpa. Ieri pomeriggio a Modica l’archeologo e attuale assessore regionale dei beni culturali Sebastiano Tusa

 

Modica, 30 novembre 2018 – Vari saggi che centrano vari argomenti: un inquadramento storico, archeologico e filosofico sul Mediterraneo antico; le forme di religiosità delle popolazioni primitive siciliane; l'insorgenza agro-pastorale nell'isola ossia la transizione tra le società di cacciatori e raccoglitori e quelle d’agricoltori e pastori; microcosmi insulari straordinari come Pantelleria e le Eolie; infine, le antichissime radici identitarie del popolo siciliano. 

Questi i contenuti dell’opera “Sicilia archeologica” (Edizioni di Storia e Studi Sociali) presentata dall’autore, Sebastiano Tusa, ieri pomeriggio, nei locali della Società operaia di mutuo soccorso, in occasione de “Gli appuntamenti del giovedì”, promossi a Modica per celebrare i 25 anni di attività della libreria La Talpa, rappresentata da Francesco Trombadore, in collaborazione con l’enoteca cioccolateria “Sotto San Pietro”, c’erano Giorgio Solarino e Daniele Pavone, e con il patrocinio del Comune. 

Sono intervenuti l’assessore alla Cultura Maria Monisteri e l’archeologo Giovanni Distefano, attuale direttore del polo regionale di Ragusa per i siti culturali e per i parchi archeologici di Camarina e Cava Ispica.

 

Tusa, docente e scrittore assai prolifico, prima di approdare all’attuale incarico nella Giunta regionale siciliana, è stato soprintendente per i Beni culturali e ambientali di Trapani ed a capo della “sua” creatura, la prima Soprintendenza del Mare istituita in Italia con compiti di ricerca, censimento, tutela, vigilanza, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico subacqueo, storico, naturalistico e demo-antropologico dei mari siciliani e delle isole minori. Fin dalla premessa ci si rende conto che l’autore ha voluto dare all’opera un taglio più divulgativo e meno accademico, ritenendo che la cultura debba essere patrimonio di tutti e non solo degli iniziati. I nove saggi hanno un unico filo conduttore, pur nella diversità degli argomenti, quello di rintracciare nel sincretismo antropologico quell’elemento identitario che fa della Sicilia non un’isola ma un arcipelago di culture, religioni, popoli e tradizioni.

“Nel primo saggio di taglio autobiografico – ha spiegato Tusa – ho rievocato la figura di Vincenzo Tusa, mio padre, archeologo di chiara fama, che mi guida, da piccolo, sui sentieri di Pantelleria, alla ricerca del “Sese del re”, un monumento funerario megalitico di epoca preistorica. In una foto, stringo la mano di mio padre, quasi in una sorta di passaggio di consegne tra noi due che si realizzerà nel mio impegno nel riesumare le tracce del passato”. 

Nei saggi successivi l’autore, attraverso le sue ricerche sulla terraferma e le  ricognizioni nei fondali sottomarini, tende a dimostrare che l’isola è da considerarsi un ponte di passaggio culturale non solo dall’Africa ma anche dalle coste egee, dai Balcani, dall’Asia Minore, dalla penisola italiana, dall’Europa e viceversa. Galleggiante nel cuore del Mediterraneo che, come dice Henri Pirenne, è oggetto e soggetto della storia, la Sicilia ne assorbe la vita e ne è assorbita. In questo mare si mescolano sostrati e parastrati della storia, lasciando molte tracce che sono tesori umani, storie, idee, segni materiali decodificati dall’archeologia.

 

Daniele Pavone

  • Autore: Maria Attanasio
  • Editore: Sellerio

Scicli, 28 novembre 2018 – Domenica 2 Dicembre alle 18.30 al “Movimento Culturale Vitaliano Brancati” (via Aleardi, Scicli), il prof. Giuseppe Pitrolo dialogherà con Maria Attanasio sul pluripremiato romanzo storico “La ragazza di Marsiglia” (Sellerio).

La Storia e le storie; la militanza politica; il comunismo; il femminismo; la “scrittura femminile”; l’esigenza di opporsi al “pensiero unico”; la memoria: questi i temi cari alla scrittrice Maria Attanasio, che è nata nel 1943 a Caltagirone, dove è stata preside al Liceo Classico e consigliere comunale del  PCI. Ha pubblicato poesie (Interni, 1979; Nero barocco nero, 1985; Amnesia del movimento delle nuvole, 1996; Blu della cancellazione, 2016) e saggi. Del 1994 è Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile (Sellerio), cronaca-racconto su una donna-uomo vissuta nella Sicilia barocca. Del 1997 sono le Piccole cronache di un secolo, scritte insieme a Domenico Amoroso e ambientate nella Caltagirone del Settecento. Del 1999 è Di Concetta e le sue donne (Sellerio), “racconto della interminabile (e interminata) lotta per la costituzione della sezione femminile del PCI di Caltagirone” e storia di Concetta La Ferla, “tardocapopolo e protofemminista che per trent’anni fu la protagonista assoluta della lotta di classe e di liberazione delle sue donne (…) Lotta contro il bisogno, desiderio di libertà, sete di giustizia: ma anche sogno di felicità. Il sogno della rivoluzione”.

Del 2007 Il falsario di Caltagirone, romanzo incentrato su Paolo Ciulla, personaggio realmente esistito. 

Del 2013 è il romanzo è Il condominio di Via della Notte, “un omaggio alla tradizione distopica di Huxley e Orwell, un romanzo che racconta una potenziale deriva della nostra stessa realtà. Una metropoli contemporanea, ‘il migliore dei mondi possibili’, una società basata su ordine e sicurezza in cui un decalogo ferreo sancisce confini legislativi e morali. Confini che però una donna, armata solo di storie e di parole, è in grado di infrangere”.

“La ragazza di Marsiglia” (2018) è il ritratto dell’unica donna che partecipò all’impresa dei Mille: simboleggia l’immagine del Risorgimento perduto, della sua parte sconfitta e più bella, in un romanzo sulla libertà di pensiero.

Chi sfogliasse L’album dei Mille, galleria fotografica degli eroi dell’impresa garibaldina, al n. 338 troverebbe la foto di Rosalia Montmasson, l’unica donna che s’imbarcò alla volta della Sicilia. Chi era quest’oscurata protagonista del Risorgimento? Una ragazza che incontra e si innamora di un giovane rivoluzionario pieno di sé, Francesco Crispi, e per amore lo segue in tutte le avventure fino a quando lui l’abbandona? Oppure un’intransigente repubblicana che si lega a un patriota, che alla fine ne tradisce gli ideali?

Per vent’anni Rosalia Montmasson fu moglie di Crispi, che seguì in tutti gli esili, condividendone azione e utopia, senza paura e senza riserve, facendosi cospiratrice e patriota al servizio della causa mazziniana. Si erano incontrati a Marsiglia: lui esule in fuga dalla Sicilia borbonica, lei lavandaia stiratrice che si era lasciata alle spalle l’asfittico paesino d’origine dell’Alta Savoia. Diventata mazziniana anche lei, entrò nella vita di azioni clandestine di lui, perfino le più rischiose e forse terroristiche, giungendo ad assumere un proprio ruolo, stimato anche da Mazzini. 

Poi l’impresa garibaldina, l’Unità, e la svolta monarchica di Crispi. I contrasti tra Francesco e Rosalia si accentuano: ormai la ragazza di Marsiglia è solo un impiccio sentimentale e politico per lui, che nel 1878 – divenuto potente ministro – riesce con cavilli formali e l’avallo di una compiacente magistratura a farsi annullare il matrimonio. Da quel momento, Rosalia Montmasson viene fatta sparire dalla vita di Crispi, dai libri, e dalla memoria collettiva: una rimozione dalla storia risorgimentale che si è protratta fino a oggi; a lei la Attanasio, in questa avvincente indagine storica, restituisce voce e identità, recuperando anche una sommersa e avventurosa coralità di oscuri eroi. 

Con un ritmo narrativo da inchiesta letteraria, la scrittrice ha cercato gli indizi, scavando tra cronache e documenti, appassionandosi alla vita di una donna ribelle a ogni sudditanza. E ce la racconta in un romanzo sulla libertà che è una storia al femminile sul processo unitario italiano.

Il romanzo ha già vinto i premi Maria Messina, I Quattro Elementi, Manzoni per il romanzo storico, Internazionale Città di Como, Basilicata 2018.

 

Giuseppe Pitrolo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry